Caratteristiche botaniche:
Nome comune: kaki o loto del Giappone
Famiglia: Ebenaceae
Pianta monoica/dioica: dioica
Portamento: arboreo
Foglie: ovate, lucide, verde scuro sulla pagina superiore, grigiastre
sulla inferiore. In autunno assumono un colore rossastro
Fiori: fiori femminili solitari con 4 petali color giallognolo. Fiori maschili
riuniti in gruppi di 3 all’ascella fogliare
Frutti: drupa di colore arancione. Molto ricchi di sostanze tanniniche
Periodo di dispersione del polline: G F M A M G L A S O N D
Impollinazione: entomofila
Diospyros kaki, originario dell’Asia orientale, è una delle più antiche piante da frutta coltivate dall’uomo, conosciuta per il suo uso in Cina da più di 2000 anni. In cinese il frutto viene chiamato 柿子 shìzi mentre l’albero è noto come 柿子树 shizishu. La sua prima descrizione botanica pubblicata risale al 1780. Il nome scientifico proviene dall’unione delle parole greche Διός, Diòs, caso genitivo di «Zeus», e πυρός, pyròs, «grano», letteralmente “grano di Zeus”. È originario della zona centro-meridionale della Cina, ma comunque mai al di sotto dei 20° di latitudine Nord, e nelle zone più meridionali spesso in zone collinari o montane più fredde; Detto mela d’Oriente, fu definito dai cinesi l’albero delle sette virtù: vive a lungo, dà grande ombra, dà agli uccelli la possibilità di nidificare fra i suoi rami, non è attaccato da parassiti, le sue foglie giallo-rosse in autunno sono decorative fino ai geli, il legno dà un bel fuoco, la caduta dell’abbondante fogliame fornisce ricche sostanze concimanti. Dalla Cina si è esteso nei paesi limitrofi, come la Corea e il Giappone.
Intorno alla metà dell’Ottocento fu diffuso in America e Europa. In Italia fu introdotto nel 1880 e il successo fu subito straordinario. Apprezzato, fra i primi, anche da Giuseppe Verdi che nel 1888 scrisse una lettera nella quale ringraziava chi gliene aveva fatto dono. I primi impianti specializzati in Italia sorsero nel Salernitano, in particolare nell’Agro Nocerino, a partire dal 1916, estendendosi poi in Sicilia, dove è stata selezionata la varietà acese (piccola e dolcissima, quasi selvatica), e in seguito in Emilia-Romagna.
In Sicilia, pur esistendo una delle varietà più antiche nell’area di Acireale e lungo la costa etnea, è più diffuso il cachi di Misilmeri. Il cachi è oggi considerato “l’albero della pace”, perché alcuni alberi sopravvissero al bombardamento atomico di Nagasaki nell’agosto 1945.
I cachi sono alberi molto longevi e possono diventare pluricentenari, ma con crescita lenta. Sopportano male i climi caldo-umidi, soprattutto se con suolo mal drenato. Gli alberi di cachi sono caducifoglie e latifoglie, con altezza fino a 15–18 metri, ma di norma mantenuti con potature a più modeste dimensioni. Le foglie sono grandi, ovali allargate, glabre e lucenti. Nelle forme allevate per il frutto si riscontrano solo fiori femminili essendo gli stami abortiti.
La fruttificazione avviene spesso per via partenocarpica o in seguito a impollinazione da parte di alberi di varietà diverse provvisti di fiori maschili. I frutti sono costituiti da una grossa bacca generalmente sferoidale, talora appiattita e appuntita di colore giallo-aranciato e astringenti, normalmente eduli (commestibili) solo dopo che hanno raggiunto la sovramaturazione e sono detti ammezziti (con polpa molle e bruna). La preponderante consuetudine di coltivare piante fruttificanti in maniera partenocarpica non esclude la possibilità della esistenza di cultivar che hanno completamente o parzialmente la proprietà di produrre frutti ottenuti da fecondazione, spesso già eduli alla raccolta; questi frutti, ovviamente provvisti di semi, hanno polpa bruna, soda. Esistono anche cachi che producono frutti partenocarpici non astringenti, quindi già pronti per il consumo fresco al momento della raccolta allo stato apparente di frutto immaturo (duro).
In Italia, per l’assonanza del termine “cachi” con parole volgari, i frutti commestibili sono detti loti, diospiri o cachi mela. Questi ultimi vengono consumati sia più acerbi (denominati commercialmente “loti vaniglia”) sia a uno stato avanzato di maturazione (denominati commercialmente “loti morbidi”).