LA SACRA BIBBIA Versione Ufficiale CEI
Il Libro del Siracide (greco Σοφία Σειράχ, sofía seirách, “sapienza di Sirach“; latino Siracides) o più raramente Ecclesiastico (da non confondere con l’Ecclesiaste o Qoelet) è un testo contenuto nella Bibbia cattolica (Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (Tanakh). Come gli altri libri deuterocanonici è considerato ispirato solo nella tradizione cattolica e ortodossa, mentre è escluso dal canone ebraico e protestante perché considerato apocrifo.
SIRACIDE 4 : Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero
[1] Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero,
non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi.
[2] Non rattristare un affamato,
non esasperare un uomo già in difficoltà.
[3] Non turbare un cuore esasperato,
non negare un dono al bisognoso.
[4] Non respingere la supplica di un povero,
non distogliere lo sguardo dall’indigente.
[5] Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo,
non offrire a nessuno l’occasione di maledirti,
[6] perché se uno ti maledice con amarezza,
il suo creatore esaudirà la sua preghiera.
[7] Fatti amare dalla comunità, davanti a un grande abbassa il capo.
Porgi l’orecchio al povero
e rispondigli al saluto con affabilità.
[9] Strappa l’oppresso dal potere dell’oppressore,
non esser pusillanime quando giudichi.
[10] Sii come un padre per gli orfani
e come un marito per la loro madre
e sarai come un figlio dell’Altissimo,
ed egli ti amerà più di tua madre.
[11] La sapienza esalta i suoi figli
e si prende cura di quanti la cercano.
[12] Chi la ama ama la vita, quanti la cercano solleciti saranno ricolmi di gioia.
[13] Chi la possiede erediterà la gloria,
qualunque cosa intraprenda, il Signore lo benedice.
[14] Coloro che la venerano rendono culto al Santo,
e il Signore ama coloro che la amano.
[15] Chi l’ascolta giudica con equità;
chi le presta attenzione vivrà tranquillo.
[16] Chi confida in lei la otterrà in eredità;
i suoi discendenti ne conserveranno il possesso.
[17] Dapprima lo condurrà per luoghi tortuosi,
gli incuterà timore e paura,
lo tormenterà con la sua disciplina,
finché possa fidarsi di lui,
e lo abbia provato con i suoi decreti;
[18] ma poi lo ricondurrà sulla retta via
e gli manifesterà i propri segreti.
[19] Se egli batte una falsa strada, lo lascerà andare
e l’abbandonerà in balìa del suo destino.
[20] Figlio, bada alle circostanze e guàrdati dal male
così non ti vergognerai di te stesso.
[21] C’è una vergogna che porta al peccato
e c’è una vergogna che è onore e grazia.
[22] Non usare riguardi a tuo danno
e non vergognarti a tua rovina.
[23] Non astenerti dal parlare nel momento opportuno,
non nascondere la tua sapienza.
[24] Difatti dalla parola si riconosce la sapienza
e l’istruzione dai detti della lingua.
[25] Non contraddire alla verità,
ma vergògnati della tua ignoranza.
[26] Non arrossire di confessare i tuoi peccati,
non opporti alla corrente di un fiume.
[27] Non sottometterti a un uomo stolto,
e non essere parziale a favore di un potente.
[28] Lotta sino alla morte per la verità
e il Signore Dio combatterà per te.
[29] Non essere arrogante nel tuo linguaggio,
fiacco e indolente invece nelle opere.
[30] Non essere come un leone in casa tua,
sospettoso con i tuoi dipendenti.
[31] La tua mano non sia tesa per prendere
e chiusa invece nel restituire.
Il saggio maestro, considerato come un Padre, inizia qui una serie di esortazione ai discepoli. La prima (vv.1-6) riguarda la sofferenza che inevitabilmente attende il giusto. Diversamente dall’antica dottrina sapienzale, il dolore non è una punizione, ma un banco di prova per la Fede, anzi proprio esso segna il discrimine tra l’uomo incostante (vv.12-14) e colui che vive di Fede (vv.15-18). Dio è immutabile nella sua misericordia, che riserva ai giusti (v.14). Essa è fatta di felicità eterna, perdono dei peccati e salvezza nella tribolazione (vv.7-11)