Le rovine della città romana di Carsulae si trovano a breve distanza da Terni e dalla cittadina di Sangemini, nota per la presenza di sorgenti di acque minerali. La città nacque lungo la via Flaminia ed in funzione di essa, come centro di aggregazione delle popolazioni preromane residenti sulle colline e nelle campagne vicine: il territorio infatti fu frequentato in modo assai intenso già dalla media età del bronzo, con insediamenti su posizioni forti, al culmine di rilievi che dominavano le sottostanti pianure e le vie naturali di comunicazione.
L’apertura della via Flaminia, tracciata fra il 220 e il 219 a.C., rappresentò un momento di grande sviluppo per le popolazioni limitrofe, che la presero come punto di riferimento per la trasformazione e l’evoluzione del loro modo di vita. I traffici che si svolgevano lungo l’arteria furono di stimolo al trasferimento delle popolazioni verso le zone da essa attraversate; ed è con ogni probabilità in questa fase che sorse il centro di Carsulae.
Gli scavi, susseguiti in modo disordinato a partire dal XVI secolo, e culminati con le campagne intensive fra il 1951 e il 1972, hanno riportato in luce una grande quantità di monumenti e di strutture edilizie, oltre ad una serie di iscrizioni, dalle quali si ricava l’immagine di un municipio ricco e politicamente attivo, i cui abitanti erano retti da magistrature importanti e si riunivano in associazioni di categoria.
La scelta del sito fu dettata, come si è accennato, da motivazioni prevalentemente economiche, legate alla presenza di una grande via di comunicazione lungo la quale si svolgevano traffici fra Roma e l’Adriatico e più in generale verso l’Italia settentrionale; il trovarsi poi ai margini di una fertile pianura permetteva una agricoltura redditizia; la decadenza di Carsulae e il suo abbandono furono d’altro canto in diretto rapporto con la perdita di importanza del ramo occidentale della Flaminia, a beneficio di quello per Interamna e Spoletium.
Della fase urbanistica repubblicana, nel periodo coincidente con l’apertura della strada, restano limitate tracce recuperate nello scavo delle sostruzioni dei templi del foro. Il definitivo assetto urbanistico risale però ad età augustea, quando la città ottenne la costituzione municipale e fu assegnata alla tribù Clustumina.
La decadenza definitiva del luogo fu determinata – oltre che dallo spostamento del tracciato principale della Flaminia verso la pianura spoletina, e di conseguenza dall’abbandono del ramo “carsulano”- anche da eventi naturali di grave portata, fra cui un forte movimento tellurico che provocò, tra l’altro, il crollo di alcune doline sulle quali erano impostati molti edifici pubblici e privati e che rese inospitale un sito, già fortemente depauperato. Carsulae non è menzionata come sede episcopale; l’unica presenza cristiana consiste nella trasformazione di un edificio romano nella chiesa di San Damiano, sede di un piccolo convento di monache.
I monumenti
Gli scavi recenti hanno permesso di recuperare alcuni dei maggiori edifici pubblici del centro urbano, in particolare il foro e la zona degli edifici di spettacolo, tutti lungo la Flaminia, il cui tratto urbano è basolato e delimitato da marciapiedi e canalette, e il cui ingresso settentrionale in città è dato dal grande arco detto di S. Damiano, resto di una struttura originariamente a tre fornici, costruita in opera cementizia rivestita da lastre di travertino. Immediatamente al di fuori dell’arco sono state ripristinate due sepolture monumentali, destinate a personaggi e famiglie di rilievo nell’ambito cittadino, una delle quali può identificarsi nei Furii.
Il foro, di forma trapezoidale, è posto ad O della Flaminia, da cui è separato da due piccoli archi quadrifronti che ne costituiscono l’accesso; sul piazzale, in parte pavimentato in lastre di marmo rosa, prospettano a sud due templi gemelli, il cui alto podio serve a regolarizzare la pendenza del terreno naturale, a nord una serie di ambienti absidati, certamente a destinazione pubblica, forse sede del senatus municipale e dei locali annessi: da questa zona provengono alcuni frammenti di statue onorarie della famiglia giulio-claudia, fra cui una testa-ritratto di Claudio. A E della strada, di fronte al foro, è la basilica, grande edificio absidato a tre navate, della quale sono tuttora visibili i plinti delle colonne interne.
Dopo i resti di alcuni ambienti appartenenti ad edifici forse privati, è la chiesetta di San Damiano, costruita utilizzando le murature di un edificio antico. Accanto alla basilica, una strada basolata, perpendicolare alla Flaminia, conduce alla zona degli edifici di spettacolo: sono stati scavati l’anfiteatro, per la cui costruzione è stata sfruttata una dolina, e il teatro, interamente costruito, le cui gradinate sono impostate su una serie di ambienti voltati; i due edifici, posti all’incirca sullo stesso asse, sono frutto di un unico disegno progettuale.
Nei pressi del teatro, una piccola costruzione con colonne poteva essere una palestra; lungo il muro perimetrale dell’anfiteatro, sul lato opposto della strada, è una grande cisterna, di forma allungata, formata da vari ambienti. Verso S sono ancora visibili i resti di un impianto termale, il cui scavo, solo parziale, ha restituito anche mosaici pavimentali.
FONTE @umbria beni culturali