La pittura del Duecento in ITALIA – Crocifissi toscano umbri

– I Crocifissi toscani

Tipo iconografico, sviluppatosi dal XII secolo, di grande croce dipinta recante l’immagine del Cristo Crocifisso fiancheggiato dalla raffigurazione della Vergine e di San Giovanni o da riquadri con rappresentazioni della Passione

Crocifisso del DUOMO di Sarzana eseguito da Guglielmo nel 1138

Christus Triumphans – Guglielmo 1138

Crocifisso di Pisa di pittore anonimo

Crocifisso di Pisa Autore ANONIMO – Museo Nazionale di San Matteo

Crocifissi di Giunta Pisano

Crocifissi di Giunta PIsano

Il genere delle croci dipinte, tipico dell’arte medioevale italiana, venne introdotto in Italia a partire dal XII secolo da scuole di ambito toscano e umbro, in particolare nella zona di Spoleto da cui ebbero una larghissima diffusione a livello europeo almeno fino al XIV secolo. 

Destinati ad essere esposti sugli altari, i crocifissi dipinti si discostano dalle tradizionali rappresentazioni bizantine e paleocristiane poichè l’immagine di Gesù crocifisso non è più inserita nel contesto della Crocifissione, in cui figuravano numerosi personaggi, ma è isolata secondo una visione simbolica ed essenziale.
Queste croci sono immagini grandiose che venivano innalzate sopra gli altari o sospese sulle iconostasi. Sono oggetti preziosi e decorativi, tanto da sembrare ingrandimenti di oreficerie gemmate e cesellate, dovevano attrarre l’attenzione dei fedeli e colpire l’immaginazione con lo sfavillio dell’oro e dei colori. 

LE CROCI DIPINTE

Le croci dipinte si diffusero rapidamente, in poche decine di anni vennero collocate non solo nelle chiese italiane ma in tutta Europa e assunsero una grandissima importanza, frino a diventare  il simbolo universale del sacrificio di Cristo e l’emblema fondamentale del Cristianesimo.

Nei crocifissi si sviluppano ben presto due diverse tipologie: la prima, più antica, risale all’inizio del XII secolo ed è denominata Christhus Triumphans, a questa si affianca alla fine del XII secolo quella del Christus Patiens.

Il Christhus Triumphans della tradizione pre-giuntesca presenta una visione astratta e simbolica, volutamente svincolata da ogni riferimento concreto o drammatico. Cristo è solitamente rappresentato vivo, con gli occhi aperti, appoggiato alla croce (non appeso) con atteggiamento di indifferente distacco rispetto alla sua condizione di crocifisso. Le forme stilizzate e bidimensionali, i colori vivaci sottolineano la valenza di simbolo sacro. E’ l’immagine di un Cristo concettuale, inteso non come uomo, ma come entità sovrumana, divina, ultraterrena. Di umano ha solo l’apparenza.

Il Christus Patiens introdotto da Giunta Pisano è un Cristo colto al culmine dell’agonia nel momento della morte. E’ la visione cruda e drammatica di denuncia del sacrificio estremo. Ciò è dimostrato dai colori lividi, dai muscoli irrigiditi, la testa reclinata e la smorfia di dolore sul viso. Il senso di scralità dell’immagine è reso soprattutto dalle forme allungate e sottili e dalle eleganti e dinamiche linee curve che descrivono il corpo del Figlio di Dio come de fosse costruito geometricamente, come a rappresentarne la perfezione divina.

Ne deriva un effetto di sofferenza sublime che conferisce all’immagine un forte potere di suggestione. L’intento è quello di scuotere lo spettatore, impressionarlo, coinvolgerlo emotivamente. La comprensione del valore sacro deve derivare non più da un ragionamento astratto da da una partecipazione emozionale al dramma.

CIMABUE

Cenni di Pepo, detto Cimabue, nasce a Firenze verso il 1240 e muore verso il 1302. A lui si deve la prima riforma strutturale della pittura basata sulla riscoperta della matrice classica e latina della trazione iconografica bizantina ed espressa nel valore plastico conferito alle figure col chiaroscuro, nel nuovo senso monumentale delle composizioni e nella capacità di descrivere intense espressioni umane e drammatiche che saranno alla base della pittura italiana e occidentale.

Fu un pittore di spregiudicata capacità innovatrice (si pensi agli espedienti con cui rese drammatica come mai prima di allora la Crocifissione ad Assisi, oppure all’incredibile inclinazione del Crocifisso di Santa Croce), che pur senza staccarsi mai dai modi propriamente bizantini, li portò alle estreme conseguenze, a un passo dal rinnovamento già perseguito in scultura da Nicola Pisano e in pittura poi da Giotto.

Studi recenti hanno dimostrato come in realtà il rinnovamento operato da Cimabue non fosse poi assolutamente isolato nel contesto europeo.

Crocifisso di Arezzo

Lo stesso Vasari, cui tanto si deve nell’attribuzione a Cimabue dell’avvio della rinascenza della pittura italiana, afferma che egli ebbe “maestri greci”.). Il crocifisso di Arezzo, databile attorno al 1268-1271 circa e conservata nella chiesa di San Domenico di Arezzo è la prima opera attribuita al maestro, vi si legge un distacco dalla maniera bizantina all’insegna di un maggior espressionismo.

La croce riporta l’iconografia del Christus patiens, cioè un Cristo morente sulla croce, con gli occhi chiusi, la testa appoggiata sulla spalla e il corpo inarcato a sinistra. Il torace è segnato da una muscolatura tripartita, le mani appiattite sulla croce e i colori preziosi, sia per l’uso dell’oro che del rosso.

I lati della croce sono decorati con figure geometriche che imitano una stoffa. Ai lati del braccio orizzontale della croce sono presenti i due dolenti a mezzo busto in posizione di compianto, che guardando lo spettatore piegano la testa e l’appoggiano a una mano. Sono la Vergine e san Giovanni evangelista a sinistra e destra rispettivamente, entrambi vestiti con l’agemina.

In alto è presente la scritta I.N.R.I. per esteso (Hic est Ihesus Nazarenus Rex Iudeorum). Nel tondo in alto è raffigurato il Cristo benedicente.

Crocifisso di Arezzo – CIMABUE

Crocifisso di Santa Croce

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Affreschi della Chiesa Superiore di S. Francesco d’Assisi

FONTE @geometriefluide.com

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