UNA VISITA AL MUSEO: MOMA Museum of Modern Art – NEW YORK – USA
La città che sale è un dipinto che si ispira alla costruzione di una centrale elettrica nella periferia di Milano Il progresso industriale, tanto amato dai pittori futuristi è qui rappresentato dalla costruzione della centrale elettrica. Umberto Boccioni con La città che sale celebra la crescita industriale della periferia milanese. I tram che passano velocemente, le case in costruzione e, sul fondo, le ciminiere delle fabbriche che producono. In primo piano nulla è fermo.
Boccioni prese spunto dalla vista di Milano che si vedeva dal balcone della casa dove abitava. Il titolo originale era IL LAVORO così come apparve alla Mostra d’arte libera di Milano del 1911. Nonostante la presenza di elementi realistici come il cantiere o la costruzione, ed ancora la resa dello spazio in maniera prospettica, il dipinto viene considerato la prima opera veramente futurista del pittore reggino, pur non discostandosi molto dai quadri analoghi degli anni precedenti, nei quali le periferie urbane erano il soggetto principale. In questo dipinto viene parzialmente abbandonata la visione naturalistica dei quadri precedenti, per lasciare il posto ad una visione più movimentata e dinamica.
Si coglie la visione di palazzi in costruzione in una periferia urbana, mentre compaiono ciminiere e impalcature solo nella parte superiore. Gran parte dello spazio è invece occupato da uomini e da cavalli, fusi esasperatamente insieme in uno sforzo dinamico. In tal modo Boccioni mette in risalto alcuni tra gli elementi più tipici del futurismo, quali l’esaltazione del lavoro dell’uomo e l’importanza della città moderna plasmata sulle esigenze del nuovo concetto di uomo del futuro.
Ciò che mette il quadro perfettamente in linea con lo spirito futurista è però l’esaltazione visiva della forza e del movimento, della quale sono protagonisti uomini e cavalli e non macchine. Questo è ritenuto un particolare che attesta come Boccioni si muova ancora nel simbolismo, rendendo visibile il mito attraverso l’immagine. Ed è proprio il “mito” ciò che l’artista modifica, dunque non più arcaico legato all’esplorazione del mondo psicologico dell’uomo, ma mito dell’uomo moderno, artefice di un nuovo mondo. In parole povere l’intento dell’artista è di dipingere il frutto del nostro tempo industriale.
Il soggetto dunque, da raffigurazione di un normale momento di lavoro in un qualunque cantiere, si trasforma nella celebrazione dell’idea del progresso industriale con la sua inarrestabile avanzata. Sintesi di ciò ne è il cavallo inutilmente trattenuto dagli uomini attaccati alle sue briglie.