ITALIA
Situata in una zona collinare a sud-ovest di Palermo e dominata alle spalle dalla montagna del Caputo (m 766) sovrastante l’immenso e fertile agrumeto della Conca d’Oro, Monreale deve la sua fama soprattuto al Duomo, che ha rappresentato e rappresenta a tutt’oggi una eccezionale e compiuta esemplificazione della ricca e composita cultura Normanna in Sicilia. Pur non volendo minimizzare il valore della costruzione, è fondamentale sottolineare che i suoi ruoli e significati si connettono all’ambiente che la sottende. La prossimità di Palermo , l’avere entrambe in comune il prolungamento entro le mura del medesimo asse extraurbano, e ancora più il possedere ciascuna la propria Cattedrale e il proprio Arcivescovado, lasciano intuire una complessa e forte vicenda alle loro spalle.
Cattedrale come Abbazia fortificata e Arcivescovado senza città
Quando nel 1174 Guglielmo II avvia l’edificazione del Duomo, Palermo è l’unico arcivescovado (dal 1090). Il luogo scelto per la grande ecclesia munita di Monreale ricade in una zona dove i re normanni hanno già innalzato le loro ricche dimore e le grandi torri difensive. Il nascente Duomo di Monreale, infatti, pur privo di un urbano alle spalle, diviene il più temuto antagonista della vicina Palermo che non ha ancora una sede religiosa che la rappresenti degnamente. Preesistenze certe nel territorio in cui nasce la Cattedrale , abitato da contadini musulmani, e la chiesa bizantina di S. Ciriaca. A giustificazione della vicina e nascente Cattedrale, in quanto sede dell’episcopio in epoca araba, di un significativo riferimento a essa si serve papa Alessandro III nella bolla di ratifica della nuova grande chiesa (30 dicembre 1174) indicendone l’ubicazione con le parole super sanctam Kiriacam. Nel 1183 Monreale è elevata al rango di arcivescovado.
Il papa, che desidera istituire a Monreale un centro religioso pari ai cenobi benedettini di Montecassino e Cava de’ Tirreni, stabilisce che il nuovo complesso dipenda esclusivamente dall’autorità pontificia, in unicum con quella del re e dei suoi eredi. A conferma vi si insediano cento monaci benedettini provenienti dal monastero della Cava, in parallelo alla concessione di eccezionali privilegi e di un territorio vastissimo.
La straordinaria unità del complesso, che recupera i modelli abbaziali dell’italia meridionale connettendoli alla forte presenza simbolica della residenza reale (unità monarchia-chiesa, ulteriormente sottolineata dai due troni l’uno di fronte all’altro nel transetto), giustifica la certezza di un’attività intensissima supportata dalla profonda esperienza e cultura delle maestranze locali fortemente islamizzate. Più di un motivo d’altronde riconduce all’Islam: il prospetto turrito principale, anche se dilatato nella larghezza dal portico d’ingresso, ricorda la grande porta della cinta islamica di Cordova. I camminamenti alle quote alte sono di matrice araba e il collegamento tra chiesa e palazzo ripropone quello di Cordova tra la moschea e la casa dell’Emiro. La colonna angolare inserita nello spigolo del muro e ancor più quelle poste ai lati delle absidi riportano alla nicchia della preghiera in direzione della Mecca. Infine l’intero e straordinario apparato musivo è eccezionale esemplificazione di una cultura prettamente orientale.