Montebore PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

Formaggio a latte misto vaccino e ovino/caprino, crudo e intero, a pasta molle o semidura in base al periodo di stagionatura. La forma è molto caratteristica, a piramide con base rotonda (si sovrappongono da 3 a 5 formelle di diametro differente) detta “Castellino” in riferimento ad alcune torri diroccate presenti sul territorio di origine. La crosta è assente nelle produzioni fresche, leggera e tendenzialmente bianca/paglierina e leggermente rugosa (detta “camisa”, legata alla stagionatura su “paglia di fieno”) nel formaggio dopo 5-6 giorni di stagionatura. Il peso oscilla da 500 g a 1,2 kg. La pasta è bianca, compatta, morbida, nelle stagionature più protratte (12-15 giorni) tende a diventare più cremosa. Il sapore è dolce di latte, delicato con richiami alle essenze foraggiere di collina e montagna.

Territorio di produzione

Il Montebore è prodotto a Montebore – frazione di Dernice nella Comunità Montana delle Valli Curone Grue Ossona- e nei comuni limitrofi dell’omonima alta Valle, nella Val Borbera e nella Valle Spinti.

Metodo di preparazione

Quando la miscela di latte crudo di due o più munte viene scaldato fino a 35 -37° C e si aggiunge il caglio per una coagulazione in circa 35 – 40 minuti. La cagliata è rotta con un primo taglio con spada o lira, a dimensioni di granulo grossolano a cui fa seguito una sosta breve. Segue un secondo taglio con lira o spannarola per ottenere, a fine lavorazione in caldaia, granuli di cagliata di dimensione tra mais e nocciola. Successivamente è preferibile lasciare a riposo la cagliata sotto siero per circa 20 minuti. La cagliata estratta si dispone in formine in plastica alimentare di tre dimensioni diverse con diametri di 09, 13 e 15 cm in modo da ottenere tre tipologie di piccoli formaggi. I formaggi negli stampi permangono in caseificio o in un locale di stufatura (22 -25° C) per 12 – 24 ore. Terminata la stufatura, si passa alla salatura a secco o in salamoia. Generalmente a 4 – 6 ore dalla salatura a secco e a 1 – 2 ore dalla salatura in salamoia, i formaggi sono lavati con acqua tiepida, leggermente salata, e si sovrappongono le forme di dimensioni decrescenti effettuando il cosiddetto “Castellino”, in alcuni casi l’impilamento può arrivare sino a 5 formaggi di dimensioni differenti. Si procede poi con il lavaggio con acqua o acqua e sale per eliminare le eventuali muffe indesiderate e dare alla crosta l’aspetto “lavato”di colore giallo -aranciato. La stagionatura può variare da un minimo di 5-6 giorni ad almeno 25 giorni

Storia

Dopo anni di oblio, il Montebore negli ultimi dieci anni, è tornato a essere conosciuto, seppur come prodotti di nicchia. Un tempo era famoso nel Genovese, nell’Alessandrino sud occidentale e nel Pavese. Le prime fonti storiche risalgono al Medioevo. Pare sia presente una citazione del formaggio Montebore in un documento datato 1300; un “menù” di un banchetto tenutosi in zona di produzione. Sulla caratteristica forma a “castelletto” esistono due ipotesi. La prima, sostiene che essa sia dovuta all’esigenza di non far seccare troppo il formaggio di piccole dimensioni variabili secondo la disponibilità di latte. Sovrapponendo le forme (in altre zone del Piemonte si faceva anche con i tomini destinati alla stagionatura) il formaggio essendo più alto, rimane più morbido se stagionato. La seconda ipotesi sostiene invece che le forme venivano sovrapposte per occupare meno spazio in cantina.

Curiosità

Una versione storica del Montebore è quella definita “sott’olio”, che è possibile solamente quando il formaggio ha raggiunto significativi abbassamenti di umidità che consentano esclusivamente la “grattugia”. Il formaggio, asportato della crosta superficiale, grattugiato e/o sminuzzato, viene posto in vasi di vetro a chiusura ermetica con l’aggiunta “a copertura”di olio di oliva. Il formaggio Montebore prende in questi casi la menzione di “comodà”. Il risotto al Montebore risulta molto gustoso

Fagiolo della Villata PAT

Questo fagiolo è diffuso in moltissimi areali orticoli del Piemonte perché si adatta facilmente agli ambienti in cui viene coltivato. La sua coltivazione si è sviluppata significativamente nel vercellese e in particolare nel Comune di Villata. I produttori locali provvedono annualmente alla selezione della semente da riutilizzare per i nuovi impianti individuando le piante migliori…

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Topinambur PAT

Il Topinambur era già conosciuto agli inizi del ‘900 e particolarmente utilizzato quale ingrediente per la Bagna caoda. Nell’areale di Carignano la coltivazione si è andata diffondendo in questi ultimi decenni e questo ortaggio è entrato nella cucina locale per la preparazione di numerose ricette, dagli antipasti ai dolci. Annualmente, in ottobre, si svolge a…

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Montegranero PAT

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