Ciciu ’d Capdan PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE

Il Ciciu ’d Capdan, letteralmente il “pupazzo di capodanno” è un dolce povero tradizionale, fatto in genere con pasta di pane dolce e foggiato con forma di pupazzo. Come dice il nome si tratta di un prodotto da ricorrenza, diffuso in tutto il periodo natalizio, da novembre fino all’epifania.

In Piemonte è diffusa la tradizione di regalare dei dolci antropomorfi; il Ciciu ’d Capdan di Busca è regalato dai padrini ai figliocci, e, nonostante il nome, il dono è fatto nel giorno dell’epifania; l’impasto è ricco e molto caratteristico è l’uso di una leggera aromatizzazione con anice. La forma è umanoide e grottesca, impreziosita da una lucidatura superficiale fatta con uovo prima della cottura, e con mompariglia (sferette di zucchero) colorata sulla crosta molto morbida. Alcuni panettieri mettono pezzi di ciliegia candita al posto degli “occhi”. La formatura è completamente manuale. In sostanza si tratta di una specie di “pane dolce” a foggia di pupazzo, decorato sulla superficie. Le forme variano da panettiere a panettiere, e vanno dai 25 cm di altezza della figurina, ai 60 cm per i più grandi e di peso maggiore.

Caratteristiche

  • Consistenza: morbida per non più di 2 giorni (dopo si destina a essere inzuppato nel latte caldo), alveolatura fine e regolare. Superficie lucida e decorata con perline di zucchero colorate che si distaccano facilmente. Altre volte semplice zucchero sulla superficie.
  • Odore: gradevole di prodotto da forno, sentore di anice.
  • Colore: esternamente dorato, internamente di colore giallo molto chiaro del pane dolce.
  • Sapore: di pane dolce, anice di sottofondo, leggermente caramellato.
  • Dimensioni: forma di omino dai 25 ai 60 cm. Peso dai 150 g ai 500 g, spessore circa 3 cm.

Metodiche di lavorazione

Come molti prodotti della panetteria varia da un panettiere all’altro. Per lo più l’impasto si compone dei seguenti ingredienti: per 1 kg di farina si aggiungono 0,2-0,3 kg di zucchero, 0,2-0,3 kg di burro, mezzo litro di latte, 25-30 g di lievito di birra, i tuorli di 8 uova, due cucchiai di caramello appena preparato, 10-15 g di sale, alcune gocce di estratto di anice.

Si mescolano insieme tutti gli ingredienti dopo avere sciolto il lievito in un po’ del latte della ricetta, il caramello si aggiunge alla fine delle operazioni di impasto. Questo impasto dovrebbe riposare al fresco per 12 ore. Poi si prende la massa parzialmente lievitata, si ripiega più volte e si procede, tagliandola, alla formatura manuale dei pupazzi, che saranno stilizzati e irregolari. Si pone a lievitare in ambiente caldo o tiepido fino a rigonfiamento della pasta di circa il doppio del volume iniziale, si spennella con uovo e si distribuisce la mompariglia sulla figurina formata. La cottura si fa in normale forno da panettiere a 200 °C per 20 minuti

ZONA DI PRODUZIONE

Il Ciciu ’d Capdan si produce a Busca, nel Saluzzese, e anche in alcuni paesi della zona. Con altri nomi si produce in Valle Stura e nel cuneese in genere.

TRADIZIONALITÀ

Non sono lontani i tempi in cui a Pasqua si regalavano dolci come ciambelle e “cichou” (pagliaccetti, pupazzi in occitano). Figure stilizzate di bimbi o animali, fatte con l’impasto del pane addolcito con zucchero o miele. È però nelle feste di Natale che il dono del dolce diventa quasi un obbligo, tanto che i bambini si sentivano autorizzati a girare per le borgate per richiedere una strenna. “Il giorno dei doni era il primo dell’anno, e la strenna rappresentava la questua che si faceva per il Bambin Gesù.” (M. Marsero).

In tutto il Piemonte permane la tradizione, ormai un po’ residuale, di impastare dolci con fattezze umane o di animali. Nella vallate alpine era costume preparare pagnottelle dolci di farina di mais, aromatizzate con semi di finocchio, che erano regalate dai padrini e dalle madrine ai figliocci. Dolci antropomorfi erano poi regalati durante il rito della panificazioni nelle vallate a tradizione Walser, come l’Ossolano, dove i pupazzi di pane erano fatti durante il rito annuale della panificazione.

In questi casi si arricchiva un po’ dell’impasto del pane con noci, o frutta e dopo la cottura si regalava i bambini. Gli avanzi della pasta della panificazione ricavati dalla ripulitura della madia si modellavano a forma di piccole torte, oppure di pupazzetti, i “pupin”. Si cuocevano in forno e si davano quindi ai bambini.

Il Credenzin o crescenza è un’altra variante, unto nel burro e rivestito di noci, mele, uva passa, quindi inciso e spolverato di zucchero. In occasione del Natale il Credenzin era foggiato a forma di Gesù Bambino.

Nell’Alessandrino, dove il dono si chiama “Bragton o Busela”, a seconda se la forma del pane dolce è maschile o femminile. Qui però può essere anche di pasta frolla o di altri tipi di pasta.

La differenza tra le varie tradizioni è sostanzialmente che per il Ciciu ’d Capdan di Busca il prodotto è regalato dai padrini ai figliocci, e, nonostante il nome, il dono è fatto il giorno dell’epifania; inoltre l’impasto non è semplicemente a base di pasta di pane, ma è più ricco e preparato per l’occasione. La consuetudine qui è ancora parecchio sentita, ed è comune che durante le feste si ordini al panettiere il “ciciu”. Si produce così un po’ ovunque nelle vallate cuneesi con varianti di foggia e di nome: si chiama “Pritin” nella Valle Stura, e se assume forma di tortora o di gallo si può chiamare “Colomb” o “galet” .

Bibliografia:

  • L. Burzio, Torino Tra Storia E Leggenda, Torino, 1986.
  • R. Torelli, Il Pane Nero , SMS di Piancavallo Elma Schena, Adriano Ravera, La Cucina Di Madonna Lesina, L’Arciere, Cuneo, 1994
  • Mario Marsero, Dolci e delizie subalpine: piccola storia dell’arte dolciaria a Torino e in Piemonte, Edizioni Anteprima, 2004.
  • AAVV, I Dolci delle Feste, Touring editore, Milano, 2004

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