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Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE
Le “frittelle di Carnevale” sono piccoli dolci a forma di palline spugnose e leggere, fritte in olio e cosparse di zucchero o zucchero a velo, da mangiarsi da sole o accompagnate da una cioccolata calda. Sono diffuse in tutto il Piemonte con diversi nomi a seconda della zona di provenienza. Tra i principali nomi regionali ricordiamo le “Castagnole” del torinese, le “Brottie” tipiche della Val Formazza, i “Fricieu” nelle Langhe e i “Pet ‘d nona” o “pet ‘d madama”, forse il nome più antico e famoso, diffuso un po’ in tutto il Piemonte.
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Questo soffice prodotto, al di là della ricorrenza del Carnevale è, per la semplicità di realizzazione, molto diffuso e caratteristico delle vallate piemontesi; anche il nome “Pet ‘d nona” è curioso, dovuto forse alla particolare leggerezza e al quasi impercettibile rumore che fanno all’assaggio.
Sono conosciute e prodotte da tempo immemore, sempre con gli stessi ingredienti, cioè farina, zucchero burro, uova e latte o acqua, e quasi sempre sono aromatizzate con vaniglia o scorza di limone. La cottura in olio dell’impasto porta ad un prodotto gradevole, leggero.
- Consistenza: palline irregolari, dorate, delle dimensioni di una grossa castagna, interno morbidissimo, quasi gommoso; in genere spolverate di zucchero.
- Odore: caratteristico di pane fritto.
- Colore: esternamente giallo dorato, internamente avorio.
- Sapore: caratteristico di pane dolce e fritto.
- Dimensioni: circa 3 cm di diametro.
Metodiche di lavorazione
Le ricette sono moltissime e tutte variano un poco l’una dall’altra. Citiamo qui una delle più antiche, codificata nel 1854:
“Mettere sul fuoco 400 ml di latte, 60 g di burro, 80 g di zucchero, un pizzico di sale, un po’ di scorza di limone grattugiata o un po’ di vaniglia. Rimestare e portare a ebollizione, a questo punto aggiungere 200g di farina, rimestare forte e asciugare fino a consistenza molle. Amalgamare a questo punto, lentamente, 6 uova. Con un coltello o con un cucchiaio formare delle palline di pasta che si lasceranno cadere in un tegame con abbondante olio caldo; friggere pochi minuti a fuoco lento rigirando. Scolare e depositare su carta assorbente per eliminare l’eccesso di olio; spolverizzare con zucchero e consumare”.
Naturalmente le dosi indicate possono variare a seconda dei gusti personali. È possibile aggiungere un po’ di lievito istantaneo all’impasto. Anticamente la frittura era fatta in strutto.
ZONA DI PRODUZIONE
Le frittelle di Carnevale si producono in tutto il Piemonte nelle gastronomie o nelle panetterie, soprattutto
in occasione del Carnevale sono preparate come fine pasto nei ristoranti.
TRADIZIONALITÀ
Questo tipo di dolce è diffuso in tutta Italia, vuoi per quanto è gustoso, quanto per la sua facilità di realizzazione. Le origini della frittelle di Carnevale risalgono come minimo alla nascita della pasticceria in Europa; la prima ricetta simile, infatti, si trova su “Il cuoco piemontese” del 1766, ma la prima ricetta dei “beignet detti pets-de-nonne alla vainiglia” compare sul “Trattato di cucina” del Vialardi, nel 1854. Da allora non si contano le presenze di questi dolcetti nei ricettari regionali.
Bibliografia:
- Anonimo, Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi, Torino, Carlo Giuseppe Ricca, 1766
- Giovanni Vialardi, Trattato di cucina, Pasticceria moderna, credenza e relativa confettureria, Torino, 1854
- Mario Marsero, Dolci e delizie subalpine: piccola storia dell’arte dolciaria a Torino e in Piemonte, Edizioni Anteprima, 2004
- Burat G., Lozia G., L’an-ca da fé (la casa del fuoco): l’antica cucina biellese, Giancarlo De Alessi editore, Biella, 1989
- E. Schena – A. Ravera, La Cucina Di Madonna Lesina, L’Arciere, Cuneo, 1994
- I Dolci E Le Confetture Piemontesi, a cura di Giancarlo Ricatto, Editrice Artistica Piemontese, 2003
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Cucina tipica della Campania
Trilli con coniglio alla cacciatora bianca, pioppini, tartufo e stravecchio di bruna alpina
Trilli con coniglio alla cacciatora bianca, pioppini, tartufo e stravecchio di bruna alpina
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Cucina tipica calabrese
RAVIOLI CON LO STOCCO
In Calabria viene realizzata con questa tipologia di pasta, chiamata appunto “lagana” o “laganella” e molto simile a delle “tagliatelle”. Le versioni conosciute di questa preparazione sono “molteplici”. Molti la fanno col pomodoro, altri invece in bianco. Alcuni usano l’olio d’oliva al posto dello strutto oppure aggiungono pancetta e lardo per dare sapore al piatto.