Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO
L’olio monovarietale extravergine di Olivastrone deriva dalla varietà autoctona Olivastrone, Olea europea sativa. Il frutto (drupa) si presenta di grandezza media, di colore da verde a viola scuro, di forma ellissoidale un po’ allungata, poco pruinosa, con numerose lenticelle piccole. La pianta si caratterizza per grandi dimensioni, elevata vigoria e produttività buona ma non costante; è presente negli uliveti delle province di Roma e Rieti. Alla degustazione, l’olio è particolarmente apprezzato per il suo singolare aroma di fruttato maturo e profilo aromatico caratterizzato da erba, carciofo e pomodoro. Presenta, inoltre, un basso contenuto in polifenoli. Il rapporto in acidi grassi insaturi/saturi e il contenuto in acido oleico determinano un olio con fluidità bassa e senso di grossolano.
METODO DI PRODUZIONE
Gli indicatori della qualità, indice di pigmentazione e durezza della polpa danno come periodo ottimale di raccolta media metà novembre. Per le caratteristiche vegetative e produttive questa varietà è adatta ad impianti con densità tradizionale (6×6) ed allevamento a vaso policonico. La pianta si adatta meglio alla raccolta agevolata con pettini. Le olive raccolte, vengono poste in contenitori rigidi, traforati, della portata massima di 25 kg. La molitura avviene entro le 48 ore dalla raccolta. Le olive vengono sottoposte a defogliazione e/o lavaggio a temperatura ambiente, segue la frangitura, gramolatura dolce (per circa 40 minuti) ed a temperatura controllata al fine di omogeneizzare la pasta stessa e garantire una migliore estrazione della parte oleosa e separazione dell’olio d’oliva dall’acqua di vegetazione. L’ultima fase di lavorazione si svolge mettendo l’olio in diversi contenitori di acciaio in base alla sua acidità. La spremuta che deriva da queste olive dal colore bruno intenso è molto apprezzato dai professionisti del settore di ristorazione perché si sposa particolarmente al gusto delle carni rosse, delle verdure grigliate e delle zuppe contadine.
CENNI STORICI
“Omnis tamen arboris cultus simplicior quam vinearum est longeque ex omnibus stirpibus minorem inpensam desi siderat olea, quae prima omnium arborum est” ( De Re Rustica – L.G.M. Columella Libro V/8 1-3). La coltivazione di qualunque albero, per dire il vero, è più semplice di quella della vite, e fra tutte le piante l’olivo è quello che richiede spesa minore, ma tiene tra esse il primo posto. Al di là di queste classiche evocazioni, si è molto scritto e parlato sull’utilità e sull’importanza che l’olivo riveste per i paesi che si afacciano sul Mediterraneo. Si presume che furono i Fenici, se non addirittura i popoli navigatori prima di loro, a portare l’olivo in Europa e precisamente in Italia, Francia e Spagna, ma solo i greci hanno fatto conoscere la preziosità di questa pianta. I romani in seguito hanno difuso in modo più organico la coltivazione dell’olivo, seguendo anche severissime regole dettate dalla convenienza e dalla politica economica dell’Impero.
Nel Lazio, e in modo particolare nell’antico territorio della Sabina, la coltivazione dell’olivo per la produzione di olio extravergine di oliva ha origini antichissime. Basti pensare alla presenza di olivi secolari come l’Olivone di Canneto Sabino (Rieti), che con i suoi 2000 anni è considerato forse il più grande d’Europa, nonché al prestigioso riconoscimento comunitario, della menzione Sabina DOP attribuita fin dal 1996. L’Olivastrone è una delle varietà più antiche presenti sul territorio la cui presenza è testimoniata già dal 1850 -1870. Si apprende, infatti, che in questi anni la famiglia Bertini acquistò dal monastero di Farfa l’appezzamento di terra in cui già figurava il famoso Olivone di Canneto e che “dall’Olivo del Bertini e dalla varietà olivastrone si ottenesse in media 7-8 q.li di olive che ben 17 persone, con il metodo della spiccatura, raccolsero in un giorno e mezzo”. L’Olivastrone è una varietà alquanto particolare che, da sola o associata alle altre varietà (Carboncella, Leccino, Raja, Frantoio, Moraiolo, Salviana, Olivago, Rosciola) più diffuse sul territorio, offre un olio di eccellente qualità.
Territorio di Produzione
Provincia di Rieti e Roma: con particolare riferimento al comprensorio della Sabina reatina e romana
Ricotta secca PAT Lazio
La sua presenza storica nella produzione e nei mercati locali è plurisecolare e riscontrabile da documenti storici. La Ricotta secca è citata nell’Atlante dei Prodotti Tipici: “I Formaggi”, redatto dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (1991), anche se si fa riferimento solo alla ricotta secca prodotta in provincia di Rieti.
Ricotta viterbese PAT Lazio
Ricotta di pecora e capra dei Monti Lepini PAT del Lazio
Ricotta dolce ottenuta dal siero della lavorazione di latte ovino e caprino, con aggiunta di una minima percentuale di latte ovi-caprino al momento della coagulazione. Si presenta con una struttura grumosa, asciutta e compatta, pezzatura da 0,5 a 1 kg, forma tronco-conica, sapore dolce, mai salato.