Pecorino viterbese PAT Lazio

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO

Formaggio ovino, a volte prodotto con latte crudo, a pasta dura e compatta di colore giallo paglierino uniforme, mediamente elastica, con presenza di occhiature irregolari. Il sapore va da dolce a leggermente salato, a piccante, nelle forme stagionate oltre 6 mesi. Se ne producono alcune varianti: Pecorino viterbese “cenerino”, trattato con olio e cenere di camino dopo un periodo di conservazione di 40-45 giorni e lasciato stagionare per altri 60-90 giorni; Pecorino viterbese “alle foglie di noci”, rivestito appunto con le foglie di noci e lasciato stagionare per altri 10 – 30 giorni. I profumi sono caratteristici di latte, fiori secchi e fieno. La pezzatura va da 1,8 a 4 kg.

METODO DI PRODUZIONE

Per la produzione del Pecorino viterbese si utilizza il latte di pecora di due/quattro munte, sottoposto a pastorizzazione a 62-72°C, per 15-20 secondi o lavorato crudo, previa filtrazione mediante centrifuga o con telo. Quando il latte subisce il trattamento termico è previsto l’inserimento di fermenti termofili a 35-38°C e una sosta di 20 minuti circa. La coagulazione avviene con il caglio in pasta di agnello a 35-38°C, con tempo di presa in 10-30 minuti, o con caglio liquido di vitello a 34°C e tempo di presa in 20-40 minuti con successiva rottura a chicco di mais. Il coagulo, previa rottura, viene cotto fino a raggiungere la temperatura di 43-45°C. Dopo lo spurgo, viene prelevata la cagliata e posta nelle fascere di plastica o di legno e sottoposta eventualmente a stufatura in cassone a 36-38°C fino al raggiungimento di pH pari a 5,2/5,6, o a 50-60°C per 10 minuti. Una volta terminata la stufatura, il formaggio viene posto a riposare per 12-24 ore a temperatura ambiente e poi salato in salamoia a 20°C per 8-12 ore/kg a 15°C, o a secco per 24 ore/kg. La stagionatura avviene con modalità e tempi variabili a seconda della zona di produzione: per un primo periodo di 30 giorni a 8°C e un secondo periodo di 20-45 giorni a 10-11°C e UR pari a 85-90%; in cella a 14°C a UR di 81%, per 40-45 giorni; da 30 giorni a 12 mesi a 6-8°C. A questo punto il Pecorino viterbese può essere sottoposto al trattamento con olio e cenere di camino e successivo finissaggio per 60-90 giorni (Pecorino viterbese “Cenerino”) o rivestito con le foglie di noci, dopo 60 giorni di stagionatura e successivo finissaggio in cella per ulteriori 10-30 giorni (Pecorino viterbese “alle foglie di noci”).

CENNI STORICI

La filiera lattiero-casearia della provincia di Viterbo è imperniata in primo luogo sulla produzione di latte ovino, destinato alla trasformazione. Questa produzione si è radicata da secoli, grazie alla particolare vocazione dell’area e si è ulteriormente sviluppata negli ultimi decenni. L’attività armentizia era presente nelle medie e grandi aziende agrarie della Tuscia viterbese e occupava un ruolo preminente in questo territorio, prima che gli espropri di terre, dovuti alla riforma fondiaria degli anni ‘50 del secolo scorso, ne restringessero l’areale in quanto i grandi latifondi delle aree costiere sono stati convertiti a colture irrigue. Le razze preferite dagli allevatori erano originariamente la “vissana” e la “sopravissana”, ottime per la rusticità e per la loro triplice attività produttiva di lana, latte e carne di eccellente qualità. Già dal secolo appena trascorso, poi, la pastorizia è passata, per la maggior parte, in mano ai pastori sardi che hanno importato anche le pecore di razza sarda. Tra i prodotti che vantano una produzione secolare nella provincia di Viterbo è presente, senza dubbio, il Pecorino viterbese che risale al tempo degli Etruschi. Il prodotto è oggi censito anche nell’Atlante dei Prodotti Tipici: I Formaggi redatto dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale.

Territorio di Produzione

Viterbo

Farro PAT Lazio

La caratteristica del Farro di Posta (RI) risiede nella granella che presenta i tegumenti seminali fortemente aderenti all’endosperma. La semina avviene in autunno e la raccolta nel mese di agosto. Prima che si conoscesse il grano duro, il farro (grano vestito) era l’elemento essenziale nella dieta delle popolazioni arcaiche. Nella penisola italica cominciò a circolare…

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Ferratelle PAT Lazio

Dolce tipico abruzzese rimasto da lungo tempo nella tradizione di questo territorio reatino che fino al 1927 era inserito nell’Abruzzo aquilano, condividendone usi e abitudini culinarie. Si realizza con un impasto simile a quello del biscotto, cotto in una doppia piastra arroventata sul fuoco che, stringendo la pasta sopra e sotto per mezzo di due…

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Fagiolo a carne PAT Lazio

Varietà locale denominata “Fagiolo a carne”; appartenete alla famiglia delle Papilionaceae, genere
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