Finocchio della maremma viterbese PAT Lazio

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO

Sodo, particolarmente croccante e decisamente bianco, il Finocchio della maremma viterbese presenta una pianta di forma compatta e taglia media, con apparato radicale fittonante, a produzione medio-tardiva, con una buona resistenza al freddo e alla pre-fioritura. Il fusto è cilindrico, le foglie sono lungamente picciolate, tri o tetra pennatosette, con larga guaina basale ispessita ed avvolgente di colore bianco a formare il “grumolo”. Il grumolo, di taglia media, presenta colore bianco e foglie raccolte. Le varietà che concorrono alla produzione del Finocchio della maremma viterbese sono quelle riconducibili alla tipologia “finocchio Romanesco”.

Il seme viene selezionano dalle piante migliori prodotte dagli agricoltori locali. La zona di produzione è caratterizzata da terreni pianeggianti che facilitano la meccanizzazione delle operazioni colturali, di medio impasto, con presenza di sabbia e dal clima mite, poco umido con una temperatura media di 20-25° C, con una buona disponibilità di acqua. Il suo sapore, gradevole e rinfrescante, è leggermente aromatico e dolce.

METODO DI PRODUZIONE

La preparazione del terreno per la produzione di Finocchio della Maremma Viterbese consiste in una aratura più o meno profonda (20-35 cm), a seconda della coltura precedente. La coltura ha inizio con la semina diretta in pieno campo, eseguita dal 1 agosto al 30 settembre, oppure con la semina in semenzaio in agosto, seguita, appena le piantine hanno raggiunto l’altezza di 20-25 cm, dal trapianto nel periodo che va dal 10 agosto al 15 ottobre. Il sesto di impianto ottimale deve essere di 80-90 cm tra le file e 15-20 cm sulla fila, che risulta essere più ampio rispetto alle altre zone italiane, in modo da avere un investimento di piante/ ha inferiore del 40%, da cui si ottiene una pianta più fibrosa e con un accrescimento lento ma maggiore. Per soddisfare le esigenze idriche della coltura di Finocchio della Maremma Viterbese, sono consentiti i sistemi irrigui per aspersione. Gli interventi devono essere frequenti
ed abbondanti, specialmente nei periodi di massima intensità luminosa ed alta temperatura, corrispondenti al periodo di semina. La concimazione deve essere impostata tenendo conto della dotazione naturale del terreno e delle asportazioni. L’operazione di raccolta dei grumoli maturi viene efettuata a mano oppure a macchina, recidendo la pianta a livello del colletto. L’epoca di raccolta inizia il 1 novembre e si protrae fino al 15 maggio. Il grumolo, privato delle foglie esterne e preparato per la commercializzazione, deve avere un diametro superiore a 60 mm.

CENNI STORICI

Si ritiene che i primi impieghi alimentari della specie risalgono al 1300-1400, epoca in cui si hanno notizie su coltivazioni di finocchi nei dintorni di Firenze e dell’Alto Lazio. Si trattava di colture limitate agli orti familiari, oggi, invece, il finocchio occupa grandi estensioni di terreno, come coltura in pieno campo. Già a
partire dal 1379, nello Statuto degli Ortolani di Tarquinia, si fa riferimento alle contrade ortive coltivate fuori mura, fornendo informazioni sia sulle specie orticole prodotte (fra cui il finocchio), che sulla loro vendita. In un contratto di vendita di un orto, del 1 aprile 1850, da parte del conte Luciano Bruschi Fulgari, inoltre, si fa riferimento a circa 700 piante di finocchio in contrada “Giardini”. In contratti di aftto del 1864 si stima l’esistenza di 12 saline di finocchi, mentre in contratti di aftto del 1895 e del 1899, nel catalogo degli erbaggi esistenti, i finocchi rivestono un ruolo importante. L’Istituto nazionale per il commercio estero, nel 1939, pubblica “Produzione e commercio dei prodotti agricoli italiani” rilevando nel Lazio una produzione di finocchio quantificata da un minimo di 150 ad un massimo di 400 q.li ad ettaro. Inoltre, nel 1949 ci fu la creazione del Consorzio di Bonifica della Maremma Etrusca in contemporanea con la bonifica
degli anni 1950 che determinò la difusione della coltivazione su gran parte del territorio tarquinese. Nel 1979 dai dati Istat il Lazio risulta essere al quarto posto nella produzione italiana di finocchi con 2760 ettari e con una resa di 220 q.li/ha, con la maggiore produzione concentrata nel territorio di Tarquinia.

Territorio di produzione

Montalto di Castro, Tarquinia (VT)

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