Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO
Ripiena di prodotti della terra e/o di mare, rigorosamente autoctoni, la Tiella di Gaeta è una focaccia composta di due strati sottili di pasta, in genere circolari, sovrapposti e chiusi lungo i bordi. Il ripieno della Tiella di Gaeta è composto da alici, sarde, polpo, calamari e verdure; ricotta o formaggi (come la marzolina) e verdure; pomodoro e cipolla; scarola e baccalà o salsiccia; Oliva di Gaeta DOP. Una buona Tiella di Gaeta è umida nel ripieno, morbida e non inzuppata nella pasta esterna. Quest’ ultima deve, invece, essere sottile e ben cotta anche nella sfoglia inferiore. Nota distintiva della Tiella di Gaeta è la sua forma, consolidata da secoli di tradizione, simile ad una torta con i bordi (in dialetto “affriciegl”), sapientemente manipolati, fino ad ottenere un’artistica cornice circolare.
METODO DI PRODUZIONE
L’involucro della Tiella di Gaeta si ottiene dalla farina tipo 00, acqua, sale, lievito di birra e una esigua quantità di olio extravergine di oliva, meglio se monovarietale di Itrana. Il ripieno a base di polpo, calamari, alici, sarde, cipolla, pomodoro, verdure, ricotta o marzolina o salsiccia, scarola e olive e peperoncino, viene precedentemente preparato e aromatizzato con aglio fresco e prezzemolo. Dell’impasto ben lievitato se ne prende poco più della metà e se ne forma una sfoglia dello spessore di circa 1 cm. Il disco ottenuto viene riposto in una teglia e farcito con il ripieno desiderato che, a sua volta, viene ricoperto con un altro disco ottenuto stendendo la restante pasta, chiudendo il bordo con una leggera pressione delle dita. Dopo aver bucherellato con i rebbi di una forchetta la superficie della sfoglia, si procede con la cottura in forno a 180-220°C per circa 30-45 minuti. Prima del consumo è bene raffreddare la Tiella di Gaeta per 10-15 minuti.
CENNI STORICI
Una leggenda racconta che si abbatté su Gaeta una spaventosa carestia. I figli del Re non ebbero più di che sfamarsi. Una massaia, utilizzando i residui delle sue provviste, li avvolse, alla rinfusa, in una sfoglia di pasta improvvisata, che mise a cuocere sulla brace. Ne risultò qualcosa che si prestava ad essere divisa in parti uguali e a nascondere i singoli sapori. Nell’800 l’aristocrazia cominciò ad apprezzarla con i calamaretti, mentre sarde, alici, scarola e baccalà erano le più difuse tra marinai e contadini. La sua preparazione permetteva di avere un pasto completo che si conservasse anche per alcuni giorni. Caduto il regno Borbonico, dopo l’assedio di Gaeta del 180-61 divenne pasto principale per tutti gli emigranti che lasciavano Gaeta in cerca di lavoro. Ridimensionata nel consumo durante il boom economico degli anni ‘60, in quanto associata al ricordo della miseria e dell’arretratezza, negli ultimi anni è ritornata alla ribalta per la sua innegabile bontà ed è stata riproposta da numerosi forni locali oltre che da aziende orientate all’export, previo surgelamento del prodotto, che in tal modo acquisisce una lunga shelf-life.
Territorio di produzione
Provincia di Latina: Gaeta, Formia, Sperlonga, Minturno
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