Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Campania
Questo preziosissimo tartufo nero cresce sotto terra nei faggeti e nei querceti del comprensorio dell’Alto Sele, nel Salernitano, e precisamente nei territori di Colliano, al cui nome è legato, Valva e Laviano, tra gli 800 e i 1500 metri sul livello del mare, in simbiosi, oltre che con querce e faggi, con carpini, olmi, aceri e noccioli, in terreni poveri di calcare e ricchi di humus.
Il tartufo dal punto di vista botanico rappresenta il frutto di un fungo ipogeo che vegeta e fruttifica sugli apici radicali di alcune piante, alberi e arbusti, che fungono da ospiti. La parte vegetante del fungo (piante) denominata “Micelio” è composta da una ragnatela di filamenti detti “ife” che si attaccano e coprono a forma di mantello le radichette terminali della pianta simbiotica, istaurando tra loro una stretta relazione (simbiosi). In questa convivenza i due vegetali ricavano benefici l’uno dall’altro. Il fungo (micelio) sprovvisto di clorofilla, non può eliminare direttamente i carboidrati che riceve dalla pianta; l’albero, a sua volta, assimila meglio i sali minerali e l’acqua dal terreno ed inoltre ottiene dal micelio gli ormoni della crescita.
Il frutto
Il frutto che si forma tra le maglie del micelio è di forma sferica, composto da una parte esterna che è denominata “peridio” (buccia o scorza) e da una parte interna carnosa denominata “gleba” (polpa) La sua dimensione varia da quella di una noce a quella di un uovo di gallina, la sua forma è regolare e presenta una fossetta centrale. La parte esterna, il peridio, è nero e rugoso con verruche di media grandezza, mentre la parte interna è di colore giallastro o bruno, con venature chiare, ed è caratterizzato da un profumo fortissimo.
Matura da ottobre ad aprile, periodo nel quale inizia la raccolta, che avviene grazie all’istinto e alla capacità olfattiva di cani addestrati al fiuto del tartufo, alla ricerca, e ad obbedire al suo padrone, tartufaro. I cani con il naso appoggiato al terreno, lo percorrono in lungo e in largo fino ad individuare l’esatta ubicazione del corpo fruttifero. Individuato il punto, inizia lo scavo ed il tartufaro, che segue attentamente i vari movimenti, interviene con un piccolo attrezzo a manico corto a forma di piccone, aiutando il cane nello scavo per non fargli rovinare il frutto con le unghie e per non affaticarlo. Estratto il tartufo, il tartufaro ricolma subito la buca aperta con la terra scavata; questa è l’operazione più importante per la conservazione dello stato produttivo della tartufaia.
La tartufaia naturale è l’appezzamento di terreno, l’argine e il bosco in cui si trovano i corpi fruttiferi del fungo. Le aree di vegetazione del Tuber Aestivum Var. uncinatum Chatin nel comprensorio “Alto Sele” sono ubicate nei boschi di faggio, carpino, quercia e nocciolo a quote che vanno dai 200 ai 1500 metri sul livello del mare
Territorio di produzione
Colliano nell’Alto Sele, nel Salernitano
Sciuscillone PAT Campania
Peperoni quagliettani PAT Campania
Patata di Acerno PAT Campania
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