IL tempio Portuno anche detto Tempio della Fortuna Virile
Ebbe a lungo la denominazione di “tempio della Fortuna Virile” e fu identificato solo negli anni ’20 con il tempio dedicato al dio Portuno (Portunus o Portumnus), divinità protettrice dei fiumi e dei porti e anche del vicino Portus Tiberinus, figlio della Dea italica Mater Matuta nell’aspetto di Dea marina.
Sembra che la statua della Dea con il figlioletto Portunus in braccio fosse stata deposta proprio in questo tempio. La dicitura di tempio della Fortuna Virile è riconducibile alla Dea Fortuna, a questa dea Servio Tullio dedicò un tempio proprio nel Foro Boario, per cui tutto lascia presupporre che fosse la dedica più antica, trasformata poi in Mater Matuta con figlio Portunus in braccio, e infine dedicata al solo Dio Portunus.
L’edificio rettangolare si presenta di ordine ionico, tetrastilo (con quattro colonne in facciata) e a pianta pseudo-periptera, ossia con colonne libere anteriormente in corrispondenza del pronao e 12 semicolonne in prosecuzione addossate all’esterno del muro della cella.
Le colonne con scanalature del pronao e quelle collocate agli angoli della cella, le basi e i capitelli sono in travertino, mentre le semicolonne e la cella sono in tufo dell’Aniene, la struttura muraria esterna è rivestita in lastre di travertino e le parti in tufo sono rivestite da stucco per ricreare l’effetto del marmo, come ben si vede in alcuni punti dove questo è ben conservato.
Tipicamente romani sono invece i dentelli, piccoli blocchi di pietra a parallelepipedo simili a denti, posti come ornamento sotto il cornicione.
La costruzione dell’attuale edificio è stata datata dai materiali rinvenuti nelle fondazioni e sulla base di elementi stilistici all’80-70 a.C., ma al di sotto dell’edificio sono state individuate le strutture del tempio che lo precedeva datato tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C.
Presentava un lungo podio in tufo di Grotta Oscura (zona di Veio), un po’ più ampio dell’attuale e collegato, nel corso del III secolo a.C., al ponte Emilio da un ponticello in muratura.
Il tempio si trovava all’interno di un recinto sacro, ma subì modifiche intorno alla prima metà del II secolo a.C., con il rialzamento del terreno, forse dovuto ad una sistemazione degli argini del Tevere.
Nel IX secolo il tempio venne mutato in chiesa cristiana, garantendo la sopravvivenza dell’edificio, la prima chiesa sarebbe stata dedicata a Santa Maria in Secundicerio da un certo Stefano Stefaneschi, rappresentante di una famiglia molto in vista, che rivestiva il ruolo di secundicerio, una carica
importante all’interno della corte papale, quindi come Santa Maria Egiziaca patrona delle prostitute, data in concessione alla comunità armena nel 1566.
La chiesa venne eliminata per ripristinare l’antico aspetto del tempio nel 1916 e fu isolata demolendo le costruzioni adiacenti.
L’inserimento della struttura ecclesiastica mantenne intatto l’esterno del tempio.
Santa Maria Egiziaca G.B. Piranesi 1757
Internamente un ciclo di affreschi d’epoca altomedievale, datato tra l’VIII e il IX secolo, rarissimo sulla scena romana, per la qualità pittorica delle figure e dei dettagli scenografici e per i contenuti, del tutto inediti per temi e fonti, che ricostruisce a suon di aneddoti tutta la vita di Maria, dall’infanzia alla morte, dettata dai Vangeli apocrifi.
E’ un capolavoro, già scoperto negli anni Venti del Novecento, ma solo ora restaurato e in via di ricomposizione nella cella originaria del tempio, cui si aggiunge negli ultimi mesi il ritrovamento dell’affresco del volto della Vergine Maria, più tardo come datazione, incorniciato da un’ampia aureola in stucco dorato, nascosto dietro la coltre di cemento sulla parete di fondo, dove un tempo si apriva l’abside.
Oggi, dopo il restauro, il tempio esternamente presenta lo stesso aspetto del I secolo a.C. ed è uno degli edifici più integri di Roma antica.