Al di là del celebre capoluogo di provincia, percorrere la regione da Nord a Sud e da Ovest a Est permette di scoprire innumerevoli piccole perle incastonate nel tessuto paesaggistico.
Addentriamoci dunque in un viaggio in Basilicata tra borghi semi-sconosciuti le cui peculiarità architettoniche, urbanistiche e storiche stupiscono e incantano alla riscoperta di Matera, già Capitale Europea della Cultura e ad altri fantastici borghi da riscoprire
Un percorso attraverso 15 borghi – tra i tanti che meriterebbero di essere menzionati – meno conosciuti e in grado di affascinare con la loro semplicità congiunta a scorci mozzafiato, posizioni singolari, peculiarità storiche e di tradizioni.
MATERA
Una città senza tempo, Capitale europea della cultura 2019
Lasciarsi andare, seguire l’istinto, perdersi nei labirinti di pietra, nei luoghi in cui il lineare fluire del tempo smarrisce la sua traiettoria. E poi cogliere il fascino di un racconto antichissimo e avvicinarsi alle nostre radici più profonde partendo dal cuore dell’altipiano murgico, dalla tenera e calda calcarenite, il tufo, madre e matrice di Matera, proclamata Capitale europea della cultura 2019.
È da questa roccia tenera che emergono i Sassi, i due rioni divisi da uno spettacolare canyon su cui si affacciano le pareti incise nelle viscere della terra del Parco Archeologico delle Chiese Rupestri. Un paesaggio unico, riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio Mondiale dell’Umanità per il valore storico, archeologico e paesaggistico. Una magia irripetibile che, nel tempo, ha raggiunto la fama di straordinario set cinematografico naturale, capace di alimentare, soprattutto sul fare della sera, suggestioni che rimandano a un presepe denso di significati. Scenario puro e autentico privo di segni di modernità, la Murgia Materana e i Sassi vedono tracce dell’uomo sin dalla preistoria e testimoniano la sua stessa storia, essendo stati abitati da sempre, senza interruzione di continuità.
Aliano
Aliano è il paese dei Calanchi e del confino di Carlo Levi, immerso in un paesaggio suggestivo e lunare, anche per questo rientra tra “I borghi autentici d’Italia”.
“Spalancai una porta-finestra, mi affacciai a un balcone, dalla pericolante ringhiera settecentesca di ferro e, venendo dall’ombra dell’interno, rimasi quasi accecato dall’improvviso biancore abbagliante. Sotto di me c’era il burrone; davanti, senza che nulla si frapponesse allo sguardo, l’infinita distesa delle argille aride, senza un segno di vita umana, ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco”.
Così, ormai ottant’anni fa, si presentò Aliano agli occhi di Carlo Levi, e così appare oggi il paese arroccato su uno sperone argilloso, in cui ancora vive il ricordo del pittore e medico torinese, che qui visse parte del suo confino conquistando la fiducia e l’affetto dei “paesani”, fino a scegliere di essere seppellito nel cimitero del piccolo borgo.
Qui ancora è in piedi la casa in cui Carlo Levi trascorse il suo esilio e che, insieme alla Pinacoteca, al Museo della civiltà contadine e al presepe artistico del maestro Francesco Artese, rientra nel Parco Letterario che ha preso il suo nome. E qui Carlo Levi ha tratto ispirazione per il suo capolavoro “Cristo si è fermato ad Eboli”. Di particolare suggestioni sono i vicoli, le piazzette, le abitazioni che caratterizzano Aliano, come la cosiddetta Casa del Malocchio, con sembianze dal volto umano, secondo la credenza popolare con la funzione di mantenere lontani gli influssi negativi.
Craco
Craco è lo splendido “paese fantasma” della Basilicata, nella provincia di Matera, che a chi lo osserva in lontananza si presenta come una scultura di origini medioevali circondata dai “Calanchi”.
Quello che oggi è uno dei paesi imperdibili della terra lucana, per suggestività e bellezza, è stato distrutto nel 1963 da una frana che ha costretto la popolazione locale ad abbandonare il borgo per rifugiarsi nel nuovo comune di Craco Peschiera.
Del vecchio paese restano le case in pietra aggrappate alla roccia e tra di esse si distingue la torre normanna in posizione dominante rispetto all’antico borgo. Dentro Craco vecchia, sembra di sentire ancora le voci della gente lo ha abitato, i rintocchi delle campane delle chiese che lo hanno animato e che, a guardarle, distrutte e oltraggiate dalla frana, hanno comunque mantenuto intatta la loro storia.
Oggi è possibile seguire un percorso di visita guidata, lungo un itinerario messo in sicurezza, che consente di percorrere il corso principale del paese, fino a raggiungere quello che resta della vecchia piazza principale e addentrarsi nel nucleo della città fantasma.
Castelmezzano
“Città paesaggio” per la sua rara bellezza inclusa nei “Borghi più Belli d’Italia”, Castelmezzano è uno dei paesi del Parco Regionale di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane.
A vederlo in lontananza, Castelmezzano, così piccolo e grazioso, fa vivere la sensazione di entrare in una favola, i cui protagonisti sono l’Aquila reale e la Civetta, la Grande Madre, l’Incudine e la Bocca del Leone. Solo i nomi sono presi in prestito dalla fantasia, perché le sculture degli enormi massi di roccia arenaria, che nel tempo sono state plasmate dai giochi del vento e della pioggia, fino ad assumere simili forme, esistono davvero!
A fare la guardia a questo gioiello dalla struttura medievale, fatto di scale ripide, vicoli stretti, case arrampicate sulla roccia, sono le Piccole Dolomiti Lucane che, più in alto si sale, seguendo percorsi dedicati, più svelano un incantevole paesaggio.
Proprio da qui si può vivere l’emozione unica del “Volo dell’Angelo”, imbracati in totale sicurezza, per lanciarsi nel vuoto e godere come mai prima, da soli o in coppia, dell’incantevole paesaggio delle Dolomiti Lucane, fino a sfiorarne le vette e raggiungere la vicina Pietrapertosa. La favola, a Castelmezzano, prosegue poi con un singolare “matrimonio”, quello tra gli alberi…
Pietrapertosa
Come Castelmezzano e altri comuni lucani, Pietrapertosa è uno dei “Borghi più belli d’Italia”, arrampicato sulle Piccole Dolomiti Lucane e immerso nel Parco Regionale di Gallipoli Cognato.
L’incantevole paese è costruito interamente sulla roccia nuda, quasi incastonato come la più preziosa delle pietre. Si raggiunge percorrendo l’unica strada principale e si svela dietro alla grande massa rocciosa che è posta proprio all’ingresso.
Il suo nome, Pietraperciata, che vuol dire “pietra forata”, deriva dalla presenza di una grande rupe sfondata da parte a parte.
Preservando la sua natura di roccaforte, Pietrapertosa si snoda fino ai piedi dell’antico e suggestivo castello saraceno anch’esso scavato nella roccia. Proprio qui, nella parte più alta del paese, ci si ritrova all’interno di un mondo magico: l’Arabata, il quartiere più antico che svela le origini arabe del paese e si mostra in tutta la sua spettacolare bellezza.
Piccole case contadine, incastrate l’una nell’altra e quasi poggiate alla roccia scoscesa, un labirinto di stradine e scalette tutte in salita, costituiscono il quartiere rimasto invariato nel tempo.
Più ci si addentra nel borgo, più ci si accorge di come Pietrapertosa sia circondata da dirupi scoscesi e un paesaggio mozzafiato. Qui, come a Castelmezzano, si sorvolano le Piccole Dolomiti Lucane, con il “Volo dell’Angelo”, e si assiste al misterioso “matrimonio” tra gli alberi.
Maratea
Una “perla” incastonata nel Golfo di Policastro e affacciata sul Mar Tirreno. Maratea è una località dai versatili paesaggi, dagli inebrianti profumi di mare e fiori, che la rivestono in ogni angolo, di rocce accarezzate dai raggi del sole al punto da creare brillanti giochi di luce.
L’azzurro del mare e il verde della vegetazione tipica della macchia mediterranea incontra la rocciosa scogliera e insieme circondano splendide spiagge nelle località di Acquafredda, Cersuta, Fiumicello, la Spiaggia Nera, le Secche, Castrocucco. Così il litorale, impreziosito al largo da scogli e isolotti, si snoda per 32 km, intervallato da pareti rocciose alte e ripide che, ora si tuffano nel Mar Tirreno, ora si ritraggono accogliendo calette e spiagge.
A dominare l’incantevole paesaggio, sorge su uno sperone l’antico borgo di Maratea, arricchito da portali e viuzze, archi e palazzi settecenteschi, grotte, torri costiere, e, tra le altre, una accogliente e intima piazzetta. Il centro storico offre una ricca concentrazione di architetture di valore storico, tra cui luoghi di culto, per questa ragione Maratea è denominata anche “la città delle 44 chiese”.
L’abitato della “Perla del Tirreno” è sovrastato dal Monte San Biagio, su cui svetta la Statua del Redentore, noto anche come “Cristo di Maratea”, seconda per dimensioni soltanto a quella di Rio de Janeiro. Sotto la monumentale statua sono aggrappati, ad un fianco del monte, i ruderi dell’antico borgo denominato “castello”, mentre al lato opposto del Cristo si può visitare la Basilica di San Biagio (VI – VII sec. d.C.).
Ad accrescere la bellezza della città è il suo porto che garantisce servizi e accoglienza ai natanti e nelle serate estive diventa una delle attrazioni del posto per i numerosi eventi mondani che ospita.
Castel Lagopesole
È il luogo in cui Federico II, Imperatore di Svevia, amava rifugiarsi per dedicarsi all’arte venatoria, una delle sue passioni, ed è stato il luogo prediletto da Manfredi, figlio dello stesso “Stupor Mundi”.
L’affascinante maniero medioevale, adagiato com’è su una collinetta che sorge sui fiumi Ofanto e Bradano, in posizione dominante sul borgo di Lagopesole, si lascia ammirare nel suo massiccio blocco rettangolare articolato su due piani e caratterizzato da due cortili, uno maggiore e uno minore, e una torre contraddistinta da una muratura bugnata nella parte superiore, tipica dell’architettura sveva.
Il cortile maggiore rimanda all’ampliamento intrapreso da Federico II (1242) sui resti delle precedenti costruzioni normanno-sveve e angioine e comprende anche una vasta cisterna e una grande cappella.
E proprio la cappella, in stile romanico, distingue questo splendido maniero dagli altri attribuiti a Federico II di Svevia, essendo l’unico esempio di luogo di culto rispetto a quelli dell’epoca imperiale.
Così come appare oggi, il castello di Lagopesole conserva le modifiche volute dall’intervento di Carlo I d’Angiò.
Nell’Ottocento, rifugio dei briganti capeggiati da Carmine Crocco, oggi il maniero è location prediletta per prestigiose iniziative culturali, in particolare “Il Mondo di Federico II”, che grazie ad un Museo Narrante e ad una multivisione dagli effetti scenici straordinari racconta la vita di corte al tempo dell’Imperatore Svevo.
Pietragalla
Pietragalla è il comune simbolo di una specifica archeologia e architettura rurale. Raggiungendo l’abitato – posto su un altipiano terrazzato a oltre 800 metri sul livello del mare – si possono ammirare circa 200 “palmenti”, rincantucciati. Quelle che sembrano abitazioni rurali di un lontano passato formano in realtà un complesso di grotte che ha origine nella prima metà del XIX secolo, frutto dei vignaiuoli del posto, esempio unico in Basilicata e forse in Europa. Si tratta di strutture scavate nel tufo, in perfetta armonia con il contesto territoriale, composte da due o quattro vasche in cui avveniva, fino alla fine degli anni sessanta, la pigiatura con i piedi delle uve e la fermentazione del mosto. Il vino ottenuto veniva depositato poi in botti in legno, di artigiana fattura, sistemate nelle altrettanto caratteristiche grotte (Rutt) del centro storico. Da segnalare, nel borgo, anche il cinquecentesco palazzo ducale in pietra.
Tricarico
Cittadina arabo-normanna. Così la si definisce diffusamente, sottolineando come il suo impianto urbanistico medioevale, su tre colli, sia tra i meglio conservati in Basilicata. E a ben dire. Il comune dell’alta collina materana ha una storia lungae riccamente ancora ben documentata, il cui prestigio è legato in gran parte alla sua antica diocesi, attestata prima dell’anno mille e in origine di rito bizantino.
La Torre Normanna è l’espressione più evidente di quell’epoca storica. Un maschio inserito in quello che era un castello del IX secolo, prima di essere donato alla Clarisse nel 1033 e trasformato nel ricchissimo monastero di Santa Chiara. A questo maniero succedette il Palazzo Ducale, dimora dei conti normanni di Tricarico (in primis la prestigiosa famiglia dei Sanseverino). Lo si ammira nel cuore storico della città, a pochi passi dal Duomo edificato nell’anno mille per volere del normanno Roberto il Guiscardo. Unica cattedrale lucana a vantare un ingresso a doppio arco, nel 1383 ospitò nientemeno che l’incoronazione di un re di Napoli, Luigi I d’Angiò.
A pochi passi, tra il palazzo vescovile e quello ducale, si apre un varco. È la Porta Vecchia o Arco di re Ladislao, una delle diverse vie di accesso alla città fortificata tutt’ora ammirabili. E il passato arabo? Tricarico fu roccaforte araba nell’800, prima che divenisse fortificazione bizantina e poi feudo normanno. E la sua traccia nel tessuto urbano è più che viva nei rioni della Saracena e della Ràbata. Il primo si sviluppa attorno a un fortilizio del quale si conserva ancora la torre, la porta e parte delle mura; il secondo è il quartiere residenziale di epoca araba, cui si accede attraverso una porta protetta da una piccola torre contigua.
Ferrandina
Schiere di case basse e bianche (o dipinte in tenui tinte pastello) addossate l’un l’altra si affacciano sulla valle del Basento. L’immagine pittoresca è quella di una cittadina delle media collina materana, che deve il suo nome a Federico d’Aragona. Nel 1494, infatti, la battezzò così in onore di suo padre, re Ferrante I (o Ferrantino). Agli aragonesi si deve anche la dignità e il titolo di “civitas” attribuito a Ferrandina dal sovrano Ferdinando il Cattolico nel 1507. Un riconoscimento importante, a cui il popolo rese omaggio nella Chiesa madre di Santa Maria della Croce, che spicca per i tre portali cinquecenteschi e le tre cupole in stile bizantino. La chiesa conserva all’interno due statue dorate raffiguranti proprio il re di Napoli Ferrante d’Aragona e sua moglie, Isabella di Chiaromonte.
Ma il passato longobardo, normanno e poi aragonese, è solo successivo alle ben più antiche radici di Ferrandina, che affondano nella Magna Grecia del 1000 a.C. Come, del resto, quelle della non lontana Metaponto e di molti centri della pianura che da essa prende il nome. All’epoca si chiamava Troilia, importante centro di cultura ellenica costruito per ricordare e onorare la ben più nota città distrutta dell’Asia Minore, Troia.
Montescaglioso
Posta su un’altura della brulla collina materana che guarda già alla pianura costiera metapontina, la cittadina (circa 10.000 abitanti, un record per la media dei comuni lucani) condivide con il celebre capoluogo un vasto territorio del Parco della Murgia Materana. Quest’area di interesse archeologico, storico e naturale è disseminata di chiese rupestri, ossia edifici ad uso religioso (poi anche abitativo e pastorale) scavati nella roccia e risalenti all’alto medioevo, spesso adornati da antichi, semplici affreschi. Definita anche “città dei Monasteri” per la presenza di ben quattro complessi monastici (tra i quali spicca l’abbazia di San Michele Arcangelo, risalente al XII secolo), nel 2012 si è fregiata del riconoscimento di comune Gioiello D’Italia. A colpire nel suo centro storico è il contrasto tra la basse case bianche e la pietra grigia delle architetture religiose. Tra queste domina il tardo barocco di stile già ampiamente pugliese.
Armento
Il minuscolo centro della Val D’Agri, sviluppatosi soprattutto intorno all’anno mille con l’arrivo dei monaci basiliani, è in realtà testimone di una storia più che millenaria. Sulle semi-brulle colline che fronteggiano il paese – in località Serra Lustrante – si erge un sito archeologico che ha dato alla luce ritrovamenti straordinari. Sono i resti di un antico santuario dedicato ad Eracle, insieme a corredi funerari testimoni della presenza di un’area sacra di origine greca risalente addirittura al IV secolo a.C.
A colpire di Armento è soprattutto l’antico rione “Casale”, quasi slegato dal corpo principale del paese. Tra le piccole case in pietra, in gran parte diroccate, si ravvisano le rovine del gentilizio palazzo del console romano Terenzio Lucano, che soggiornò proprio nel territorio. Diversi inoltre i palazzi e i portali di epoca settecentesca che attirano lo sguardo attento di chi girovaga per il borgo.
Poco distante, a valle del paese, si può ammirare uno scenario mozzafiato. Per un attimo ci si dimentica di essere in Basilicata, rimandati alle suggestioni dei canyon d’Oltreoceano. È la visione della Murgia (o Pietre) di Sant’Oronzo, porta di accesso fisica e simbolica al Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri e Lagonegrese. Il lento lavorio del fiume Agri ha dato origine nei millenni a una spettacolare gola, tra pinnacoli conglomeratici (alti più di cento metri) e pareti a strapiombo. Il tutto formatosi per effetto di erosioni su depositi sedimentari fortemente cementati.
Brienza
Un paese ridente e laborioso, un tempo importante centro del Regno di Napoli in quanto feudo dei marchesi Caracciolo, tra le cento più ricche e potenti famiglie dell’epoca. Questo tipico borgo di origine alto-medievale longobarda è tra i pochi paesi della Basilicata ad aver conservato tale struttura architettonica. Si è sviluppato infatti intorno all’anno mille, avviluppandosi al colle sui cui sorge il castello (Caracciolo, appunto, di probabile origine angioina). Oltre alla vista del maniero che domina l’abitato dalla stretta valle del torrente Pergola (corso d’acqua che attraversa direttamente il paese, anche questa rarità tra i comuni lucani,) Brienza colpisce per i diversi, pregevoli portali in pietra di epoca ottocentesca sorti dopo il terremoto del 1857.
Interessante anche il Convento dell’Annunziata (oggi Municipio) con il chiostro che conserva affreschi del ‘700. Il visitatore sarà sicuramente incuriosito dalla leggenda della bella Bianca di Brienza, che visse con sfarzo nel castello attorno alla metà del 1300, prima di essere rapita dai pirati durante un viaggio sul Tirreno e portata ad Algeri. Si narra che nel castello sia ancora nascosto il suo tesoro, nella segreta e inaccessibile 366esima stanza!
Tursi
Il centro a cavallo tra le valli dell’Agri e del Sinni, dalla forte impronta saracena, vanta un nucleo abitativo primordiale suggestivamente limitato da ogni lato da profondi calanchi, tipici della collina lucana. Si tratta della Rabatana, così battezzato appunto dalle popolazioni arabe che dominarono il borgo dopo che fu fondato dai Goti nel V secolo. La peculiarità di questo luogo sono le case basse in pietra a circondare un antico castello. I cunicoli sotterranei di quella che fu la dimora di signorotti locali e marchesi fino al 1500 sono addirittura ancora visibili.
Alla Rabatana si accede da un’ampia e ripida gradinata chiamata in dialetto petrizze e costruita dal duca Carlo Doria, nipote di Andrea, signore di Genova. La struttura si accrebbe in realtà anche dopo la cacciata dei Saraceni, in epoca bizantina, quando Tursi era sede vescovile di rito greco e capoluogo. Nei suoi vicoli il richiamo è ai i versi del poeta dialettale novecentesco Albino Pierro, nativo di Tursi. Passeggiando nel centro storico a valle della Rabatana, si resta invece affascinati dai diversi palazzi gentilizi, dagli stretti vicoli e dai tipici archi tra le abitazioni.
Nei dintorni, da non perdere la borgata di Anglona. Questa antica città romana nota per l’omonimo santuario dell’anno mille e costruito in tufo e travertino, è infatti monumento nazionale dal 1931.
Valsinni
Un comune tutto “da sfogliare” e parzialmente più noto, adagiato tra il Pollino e il mare (Jonio). Nelle sale del Castello dei Morra – sede dell’omonimo Parco Letterario – risuonano i versi struggenti della poetessa Isabella. Figlia del feudatario e voce originale della lirica femminile del ‘500, gli echi della sua storia non sono definibili in altro modo che tragici. Fu uccisa infatti dall’ira dei fratelli a causa del presunto legame sentimentale con Diego Sandoval de Castro, signore della vicina Bollita(l’attuale Nova Siri), con cui Isabella aveva intrecciato una relazione epistolare incentrata proprio sulla letteratura. Sui fianchi del contrafforte roccioso su cui sorge il castello e ai suoi piedi si snodano i vicoli del borgo medievale, collegati tra loro dai caratteristici gafii (una visione molto comune in un viaggio in Basilicata), stretti passaggi coperti a volta che si aprono al di sotto delle antiche case.
San Costantino Albanese
Avremmo potuto selezionare tanti altri piccoli e affascinanti borghi tra quelli abbarbicati sulle pendici del massiccio del Pollino, paesi-porta di accesso al più grande Parco Nazionale italiano. Proponiamo San Costantino in quanto testimone, insieme al vicino San Paolo Albanese, di una minoranza etnica (quella arbëreshë appunto), la cui identità e cultura sono ancora vivissime in molti centri a cavallo tra Basilicata e Calabria.
Il borgo nasce con l’insediamento in Val Sarmento di popolazioni albanesi esuli dai territori balcanici sud – occidentali, in seguito alla migrazioneavvenuta nel 1534 con la caduta della fortezza albanese di Korone sotto il controllo turco. Vale una visita – oltre che come base per avventurarsi tra i boschi e le praterie di vetta del Pollino – per scoprire questa cultura. L’antico idioma è addirittura usato dalla popolazione del luogo come lingua madre. Il centro storico ospita l’Etnomuseo della Civiltà Contadina Arbëreshë, che dispone anche di un laboratorio per la costruzione di strumenti musicali tipici. Dal 2013, inoltre, è possibile sperimentarvi il “Volo dell’Aquila”, struttura che consente di far provare la simulazione di un volo in deltaplano a 4 persone contemporaneamente!
Basicò Messina SICILIA
Orta San Giulio
Novara – PIEMONTE
Orta San Giulio (Òrta in piemontese e in lombardo) è un comune italiano di 1 397 abitanti della provincia di Novara in Piemonte. Fa parte del circuito dei borghi più belli d’Italia ed è insignito della bandiera arancione da parte del Touring Club Italiano.
molto belli davvero splendidi
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Grazie! Abbiamo cercato di individuare i più belli, ma certamente ce ne saranno anche altri degni di nota, visto la bellezza della nostra Italia!