Architettura Romanica in Italia
Basilica di San Michele Maggiore, Pavia

Itinerari Culturali

Basilica San Michele Maggiore in PAVIA

La basilica è a croce latina, a tre navate, con transetto sporgente coperto con volta a botte. La navata centrale, ora suddivisa in quattro campate con volte a crociera, era in origine scandita in due sole grandi crociere, impostate sui pilastri maggiori.

Ad ogni campata della navata centrale corrispondevano quattro campatelle laterali, due per ogni lato, secondo uno “schema alternato”. Le campate laterali sono sovrastate dai matronei.

All’incrocio della navata centrale con il transetto, si eleva il presbiterio, che si conclude con il coro e con l’abside semicircolare.

Dalla sezione longitudinale della chiesa, come poteva essere nelle forme originarie, si rileva la presenza di un’ampia cripta e di un alto tiburio all’incrocio dei due bracci della croce.

Nel disegno si notano le monofore sopra i matronei. Queste furono eliminate con la ricostruzione delle volte, dovuta al restauro del XV secolo.

L’attuale edificio è una prestigiosa chiesa romanica, costruita nella prima metà del XII secolo. La sua storia, tuttavia, inizia molti secoli prima, al punto che una leggenda la vuole fondata dall’imperatore Costantino.

La prima costruzione del San Michele probabilmente risale all’epoca dei Longobardi, che elessero il Santo loro patrono e ne diffusero il culto.

Allora Pavia contava numerose chiese dedicate a San Michele. A Pavia fu coniata la prima moneta longobarda. Essa raffigurava proprio San Michele.

Nel X secolo l’edificio compare nei documenti con il titolo di San Michele “Maggiore” e viene indicato come chiesa palatina, cioè legata al palazzo dei re, che doveva trovarsi pochi isolati più a Nord.

San MIchele Maggiore – Cripta

Il monumento attuale è una ricostruzione, avvenuta, presumibilmente, tra il 1117, anno in cui un terremoto distrusse molti edifici, e il 1155, anno dell’incoronazione di Federico Barbarossa, che fu celebrata nella basilica.

Il prestigio del S. Michele è dovuto storicamente alla sua tradizione di chiesa legata alla cerimonia dell’incoronazione dei re italici fino al 1155.

Il luogo dove, secondo la tradizione, doveva avvenire l’incoronazione del Re, è segnato da cinque cerchi di marmo. Quello centrale, più grande, è stato rifatto durante i restauri dell’Ottocento.

In esso è stata incisa la scritta in latino che espressamente fa riferimento alla cerimonia.

REGIBUS CORONAM FERREAM SOLEMNI RITU ACCEPTURIS HEIC SOLIUM POSITUM FUISSE VETUS OPINIO TESTATUR

La tradizione risale al sec. XI:
“Sicut Roma coronat imperatorem in Ecclesia Sancti Petri cum papa suo, ita Papia cum episcopo suo coronat regem in ecclesia Sancti Micaelis maioris, ubi est lapis unus rotundus cum quattuor aliis lapidibus rotundis”.

(Come Roma incorona l’imperatore con il suo papa nella chiesa di San Pietro, così Pavia con il suo vescovo incorona il re nella chiesa di San Michele maggiore, dove di trova una pietra rotonda con quattro altre pietre
rotonde.)

Capolavoro dell’architettura romanica lombarda, la basilica è decorata da un ricco apparato decorativo di cui sono esempio le sculture della facciata, i rilievi e le fasce zoomorfe, le cornici a girali e tralci vegetali.

L’interno è adorno di capitelli scolpiti con storie della Bibbia e figure allegoriche ed ha una cripta di grande suggestione.

IL MOSAICO PAVIMENTALE DEL PRESBITERIO

In un disegno della Biblioteca Vaticana appare il mosaico in tutto il suo splendore; i personaggi sono rappresentati come disposti entro piccole arcate un poco ribassate, e sostenute da colonnine con capitelli a due foglioline leggermente ripiegate: ciascun personaggio col proprio attributo distintivo e caratteristico.

Il Re Anno coronato è seduto maestosamente sul suo trono, è vestito di tunica rosea e di clamide azzurra, della quale il lembo anteriore è raccolto sul braccio che tiene il globo, mentre l’altro braccio impugna lo scettro: ANNUS. Egli è circondato dalle figure dei 12 mesi, collocate in singole nicchie.

Sotto questa mirabile zona orizzontale, ecco i lineamenti del Labyrinthus di Creta con i suoi errores, ossia giri e rigiri che, quando uno vi fosse entrato, non trovava più la via per uscirne, tranne Teseo in berretto frigio che, tenendo per un capo un filo, il cui altro capo era tenuto da Arianna che stava di fuori, poté, senza perdersi, arrivare sino al centro, ammazzare il Minotauro e tranquillamente uscirne fuori, sano e salvo.

Ecco la scena del clipeo centrale: il Minotauro bicornuto, che ha ucciso un uomo, il quale ora giace a terra decapitato, ne tiene, appunto, la testa afferrandola per i capelli, mentre con l’altra mano impugna ancora la spada. Teseo gli arriva alle spalle e lo colpisce nella testa o nel collo. Intorno si legge:

TESEUS INTRAVIT MONSTRUM (QUE) BIFORME NECAVIT.

« Teseo entrò e il mostro biforme ammazzò »

Il mosaico, in buona parte recuperato, rimarrà sempre a contemplazione degli studiosi. La tecnica sua perfetta, le piccole « tessere » ossia cubetti fini, nei filamenti mollemente sinuosi e formanti i lineamenti più costruttivi di personaggi e di animali, ne fanno un bell’opus vermiculatum;

e la grafia dei nomi, quasi elegante e composta, è ben più regolare di quella del mosaico di Santa Maria del Popolo, e di quella dei Mesi del Monastero di S. Maria Vetere, che ora sono in Castello.

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Decorazione pavimentale a Mosaico

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