Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Friuli Venezia Giulia
Canocia de nassa
Crostaceo agile ed elegante con uno scudo cefalotoracico che non copre tutto il torace. L’addome termina con largo telson spinoso che, insieme con le appendici del penultimo segmento, forma un ampio ventaglio caudale. Il secondo paio di appendici boccali è trasformato in pseudochele dentate (chele rapitrici).
Occhi grandi, verdi, reniformi e peduncolati. Colore giallastro, beige o brunastro con grosse macchie violacee sul telson. Lunghezza massima 23 cm. Vive a contatto del fondo, scavando tane nel sedimento. Nel mare della Regione Friuli Venezia Giulia è presente ovunque il sedimento presenti una componente fangosa sabbiosa.
Metodo di lavorazione, conservazione e stagionatura
Viene pescato vivo, attratto da trappole (le nasse) munite di esca. Le nasse vengono opportunamente innescate con pesci freschi o congelati ( prevalentemente sardine) e calate in corrispondenza di aree sabbiose e/o fangose del territorio marino regionale.
Le cannocchie, attratte dall’odore dell’esca, escono dalle loro tane ed entrano nelle nasse stesse, restando prigioniere. Dopo alcune ore ( da 6 a 24 ) il pescatore effettua il recupero delle nasse, selezionando le cannocchie di dimensioni commerciali e rigettando a mare quelle piccole ( rigorosamente vive e integre, e capaci di riprendere l’accrescimento normalmente). Le cannocchie idonee vengono mantenute vive per mezzo di un vivaio installato a bordo e provvisto di ricircolo d’acqua. Arrivato a terra il prodotto pescato viene estratto dal vivaio, confezionato in casse di polistirolo monouso e commercializzato allo stato vivo.
L’imbarcazione tipo, utilizzata per questa tipologia di pesca, è composta da un ponte di coperta con zona di lavoro prodiera, e cabina di pilotaggio a poppa. L’archetto salpa nasse è posto a lato dell’imbarcazione. Sul lato opposto, verso il centro della barca, è posto il vivaio di mantenimento e la ghiacciaia. In caso di condizioni meteomarine sfavorevoli (forte insolazione, pioggia) a protezione dell’operatore e del pescato viene posto adeguata copertura protettiva ( tenda impermeabile).
L’imbarcazione, regolarmente autorizzata ed efficiente, è in possesso delle prescritte dotazioni di sicurezza, e dispone di adeguati mezzi di illuminazione.
Le operazioni di pesca e lavorazione vengono eseguite tenendo conto dei precetti delle Buone Prassi Igieniche.
Tradizionalità
L’origine della pesca delle canocchie come vera e propria specie bersaglio, sembra risalire agli anni trenta per opera di pescatori istriani (Isola e Capodistria in primo luogo) che costruirono delle nasse copiando un simile attrezzo utilizzato allora in Francia per la pesca dei granchi e delle aragoste. Essi osservarono che le specie catturate erano rappresentate prevalentemente dalla canocchia insieme a poche altre specie.
Visti i risultati incoraggianti in termini di pescato e di vendibilità della specie, diversi pescatori iniziarono a praticare questo mestiere innovativo e specifico, costruendo essi stessi le nasse mediante l’utilizzo di materiali di facile reperibilità, come pezze di reti inservibili cucite su di un’intelaiatura in ferro.
Ad un primo periodo, in cui le nasse erano di dimensioni medio – grandi, con la bocca inserita nella parte superiore e posizionata verso il basso (secondo il modello francese), seguì l’introduzione di vari accorgimenti e modifiche che portarono alla realizzazione di una nassa rettangolare di modeste dimensioni, molto simile a quella in uso attualmente. Le principali innovazioni furono la costruzione della bocca in rame, il suo posizionamento in senso orizzontale su di un lato e la progressiva riduzione delle dimensioni. L’utilizzo delle nasse per cannocchie come sistema di pesca era un tempo limitato alle aree costiere della zona settentrionale istriana (da Punta Salvore a Punta Sottile) e si spingeva (con pesca saltuaria da parte di qualche pescatore) fino a Trieste. Dopo la seconda guerra mondiale diverse migliaia di esuli istriani giunsero nella Venezia Giulia. Tra essi vi erano moltissimi pescatori, i quali spesso arrivavano con le barche e le proprie attrezzature da pesca: ciò favorì l’introduzione di nuovi sistemi di pesca in questa regione, tra i quali appunto la pesca con le nasse. Un mercato vivace, l’aumento della richiesta, le nuove abitudini alimentari derivanti dal benessere del boom economico degli anni ‘50 e ’60, furono tra i principali motivi dell’espansione di questa tipologia di pesca in tutta la provincia di Trieste ed anche nelle vicine marinerie di Monfalcone e Grado.
In questo “periodo d’oro” le imbarcazioni che esercitavano la pesca delle canocchie con le nasse erano oltre una quarantina. Negli anni successivi però l’introduzione dello strascico, dei rapidi e più recentemente delle turbosoffianti come sistemi di pesca molto redditizi, convogliarono un numero sempre maggiore di addetti alla pesca artigianale verso questi sistemi, segnando di fatto il declino della piccola pesca.
Molti pescatori che prima operavano con le reti da posta e le nasse, ritennero così più conveniente convertire l’antica attività, acquistando pescherecci più grandi e potenti per dedicarsi a questi nuovi mestieri. Questo portò ad un consistente aumento dello sforzo di pesca e, dopo una prima fase di grosse rese, si assistette ad una progressiva difficoltà del settore pesca.
Negli ultimi anni la diminuzione della risorsa, l’aumento delle spese di gestione, l’incentivo alla demolizione dei vecchi pescherecci hanno influito notevolmente sulla diminuzione delle barche da pesca della regione. Questa nuova realtà ha così offerto nuove opportunità alla pesca tradizionale in generale e a quella con le nasse in particolare; esse rappresentano infatti uno strumento da pesca molto selettivo, riducono l’impatto ambientale e gli scarti, permettendo altresì di dare un prodotto perfettamente integro in tutte le sue caratteristiche.
La bibliografia di questa particolare tradizione di pesca non è molta, oltre che alle testimonianze dirette raccolte da vecchi pescatori, l’unico riferimento bibliografico pubblicato è dell’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Trieste ( ARIES) nel 2000 oltre che a diverse citazioni in testi e tesi universitarie.
Territorio: Tutto il territorio marino, entro i confini di stato da Punta Sottile (TS)a Punta Tagliamento (UD), comprendente i compartimenti marittimi di Trieste e Monfalcone.
Asparago bianco PAT Friuli Venezia Giulia
Asparago bianco La parte edule è rappresentata dal turione, completamente bianco, che è raccolto non appena emerge dalle prose di terreno.
Dondolo o tartufo di mare PAT Friuli Venezia Giulia
Fagiolo dal Voglut PAT Friuli Venezia Giulia
Il fagiolo plombin, detto anche “dal voglut” (in dialetto occhietto) per la decorazione che ha sul dorso, simile a un occhio, è caratterizzato da un ilo scuro. È una varietà tradizionale di buona produttività, adatta sia alla produzione di granella verde che secca, ma che richiede lunghi tempi di cottura.