Ricotta affumicata di malga PAT Friuli Venezia Giulia

Formaggio a pasta bianca, asciutta e granulosa con gusto affumicato delicato.

  • Forma leggermente conica,
  • Peso variabile da 2 a 5 etti,
  • Superficie irregolare di colore bruno, spesso con striature accentuate,
  • Pasta bianca, asciutta e granulosa,
  • Gusto affumicato delicato.

Il siero residuo della lavorazione del formaggio di malga, eventualmente aggiunto di latte o latticello o crema d’affioramento, viene portato quasi al punto di ebollizione (80-90°C) all’interno della stessa caldaia in rame impiegata per la trasformazione del latte in formaggio di malga. Quando la massa raggiunge la temperatura desiderata si aiuta la coagulazione delle proteine del siero aggiungendo solfato di magnesio (sal di canal) o acido citrico. In alcune malghe questi coadiuvanti tecnologici, il cui uso è anticamente documentato e tramandato, possono essere sostituiti dal “sitz” che, fatto da siero più solfato di magnesio e alcune erbe amare raccolte nel bosco, viene conservato anche per anni in un bariletto di legno. La ricotta, quando affiora, viene lavata con una apposita mestola forata e messa a sgocciolare in sacchi di tela prima di essere leggermente pressata. Viene poi salata con sale a secco per uno o due giorni prima di essere affumicata in appositi locali con l’ausilio del fumo diretto ottenuto dalla combustione del legno.

Tradizionalità

Da sempre nelle malghe la produzione della ricotta affumicata accompagna quella del formaggio di malga ed una testimonianza dettagliata sulle metodologie di produzione anticamente impiegate e tramandate nel tempo fino ai giorni nostri è riportata da Giuseppe Faleschini nel libro “L’Alpeggio in Carnia” riprodotto nell’ottobre del 1970, si può verificare come confrontando la tecnologia ivi descritta con quella attualmente praticata, non sia possibile rilevare differenze sostanziali nelle pratiche di trasformazione. (L’Alpeggio in Carnia. Risultanze di una indagine effettuata dal dott. Giuseppe Faleschini.  Ed. Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Assessorato dell’Agricoltura, Foreste ed Economia Montana, ottobre 1970).

Nei caseifici artigianali delle malghe vanno applicate le deroghe strutturali consentite ai sensi della decisione 97/284 del 25 aprile 1997. Infatti, gli ambienti in pietra o in muratura e le particolari attrezzature in legno contribuiscono a preservare le peculiarità tradizionali, tipiche e locali del formaggio di malga. Inoltre, nei casi in cui si adotta la pratica della vendita diretta al consumatore finale è consentita la non applicazione del DPR 54/97, purché esistano i requisiti prescritti dal     DL 155/97.

Territorio di produzione: La transumanza del fondovalle ai pascoli in quota ha costituito e costituisce un elemento estremamente importante per l’economia pastorale della montagna friulana e della Carnia e questo ha costituito fin dai tempi più remoti l’elemento di stimolo per l’insediamento temporaneo in quota di uomini e animali che ha dato vita a quella particolare forma di azienda che è la malga. Si hanno notizie dell’attività in malga già prima dell’anno 1000 e regole precise sullo sfruttamento dei pascoli alpini si hanno già ai tempi del patriarca di Aquileia (XI-XV sec.). Le malghe costellano l’area più propriamente alpina della regione Friuli-Venezia Giulia ed in particolare la Carnia, la Val Canale, il Canal del Ferro, nonché il territorio della Comunità pedemontana del Livenza (comuni di Aviano, Budoia, Caneva e Polgenigo).

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