In Italia c’è un numero elevatissimo di specie distribuite tra le regioni del Nord, del Centro, del Sud e delle isole (Sicilia e Sardegna), anche se quelle coltivate oggi costituiscono non più del 10% di una lunga lista. La forte vocazione agricola italiana ha alle spalle un lungo e lento percorso di selezioni e coltivazioni. A partire da 8 mila anni fa, a un nutrito gruppo di specie indigene si sono sommate numerose specie esotiche, e già nel IV millennio a.C. si documenta la coltivazione dei fruttiferi più emblematici del nostro Mediterraneo, quali olivo, vite e fico, mentre ciliegio, susino e melo, raccolti per lungo tempo allo stato spontaneo, avranno la loro massima diffusione solo quando si sarà affermato l’innesto (anno mille a.C.).
In epoca romana l’Italia coltiva albicocco, amarena, pistacchio, pesco, noce, nocciolo, mandorlo, melograno, cedro, castagno, pero e carrubo, molti dei quali arrivano, con l’espandersi dell’Impero, dall’Oriente, dall’Africa e dall’Europa settentrionale. Sempre dall’Oriente, grazie agli Arabi, giungono numerose specie di agrumi che, con il tempo, disegneranno caratteristici paesaggi di boschetti d’agrumi sulle riviere italiche (i giardini). Il cedro è il primo a giungere nel Mediterraneo: gli Ebrei, in particolare, iniziarono a usarlo a scopo rituale (festa dei Tabernacoli); successivamente lo conosceranno, insieme al limone e alcune lime, i Greci e, in seguito, i Romani, come riportano Teofrasto e Plinio. Cedri e limoni entreranno presto a far parte della simbologia culturale dei Romani e tanti sono i richiami a questi frutti nell’arte (affreschi, mosaici, sculture).
Dopo i “cedrati” (limoni e pompelmi), l’altro agrume che si farà conoscere in Europa sarà l’arancio amaro, ovvero il melangolo, la cui introduzione risale al periodo in cui il Mediterraneo è dominato dalle incursioni
arabe: esso è accolto come un nuovo “cedrato”, lo chiamano “Pomo Citrino”, le cui nuove caratteristiche (non più un cedrato oblungo, come cedri e limoni) delineano una forma simile a una mela, da cui “Melangolo” (etimologicamente pomo o mela verdognola). La curiosità e l’interesse per questo nuovo frutto sono tali che con rapidità si diffonde in tutti i paesi in cui si stabilirono gli Arabi; anzi, sembra che il primo approdo risalga intorno al 300 d.C. in Palestina e in Egitto; di qui, tramite gli Arabi arriva in Spagna, Sicilia, Calabria e Puglia (Gargano).
Per tutto il Medioevo, e per gran parte del Rinascimento, l’arancio amaro è l’unico arancio a essere conosciuto nelle zone del Mediterraneo: bisogna, infatti, arrivare alla fine della seconda metà del XVI secolo perché si possano avere notizie di un arancio diverso, un agrume con un sapore completamente nuovo, a opera dei Portoghesi. Arriva prima a Lisbona e, immediatamente dopo in Italia, anche se, secondo più recenti ricostruzioni, sembra che artefici della sua introduzione in Europa siano stati i Genovesi. Non più cedri, limoni, pompelmi, melangoli, tutti sostanzialmente dal sapore acre, ma un agrume: una “melarancia” dolce.
Con la scoperta dell’America il numero di specie esotiche si fa tanto ampio da modificare in maniera radicale i comportamenti alimentari: si pensi ai pomodori, divenuti ingredienti caratterizzanti la più tipica cucina italiana e del Mediterraneo. Si tratta in prevalenza di colture da orto, mentre sono quasi assenti i nuovi alberi da frutto.
Il kiwi arriva in Italia agli inizi degli anni ‘70 del secolo scorso e nell’arco di appena un decennio caratterizza considerevoli zone agrarie del Nord e del Mezzogiorno. Altri tentativi di nuove introduzioni riguardano jojoba, babaco e kenak, piante che però non hanno incontrato grande consenso. La diversità frutticola però non è aumentata; infatti agiscono da tempo dinamiche opposte che la riducono. Da tempo si è abbandonata, ad esempio, la coltura del gelso bianco che, negli anni cinquanta/sessanta, si era diffusa in relazione all’allevamento del baco da seta soprattutto nel Mezzogiorno.
Fonte @ISPRA Quaderni Natura e Biodiversità – Frutti dimenticati e biodiversità recuperata
1.4 L’Agrobiodiversità – ViVi Green
SARDEGNA Vite Selvatica – ViVi Green
SICILIA Uva di Corinto – ViVi Green
Il frutto antico, degno di nota, è un vitigno conosciuto come uva di Corinto. È un vitigno bianco, legato alla provincia di Catania e in particolare al comune di Belpasso, dove è stato ritrovato dal ricercatore Alfio Bruno, membro dell’Associazione Patriarchi della Natura. Si tratta di un’uva antichissima ritenuta estinta dagli esperti già da secoli.
CALABRIA Arancia di Trebisacce – ViVi Green
BASILICATA Arancia staccia – ViVi Green
CAMPANIA Pera Lardara – ViVi Green
LAZIO Uva pergolese di Tivoli – ViVi Green
MOLISE Mela Limoncella – ViVi Green
In questa regione si può raccogliere una testimonianza della diversità della melicoltura storica italiana e in particolare di quella che caratterizzava le aree interne dalle Marche alla Puglia. La mela in questione è la Limoncella tipica del Molise.
ABRUZZO Pera trentatré – ViVi Green
MARCHE Mela Uncino – ViVi Green
UMBRIA Olivo di Trevi – ViVi Green
Olivo millenario che vegeta nel comune di Trevi in provincia di Perugia, località Bovara. Questa pianta è conosciuta anche come Olivo del Vescovo od Olivo di Sant’Emiliano, a memoria del martire che la leggenda racconta sia stato legato al suo tronco e poi ucciso, nel 303 d.C..
TOSCANA Uva Vecchia – ViVi Green
VENETO Pero festaro – ViVi Green
FRIULI VENEZIA GIULIA Pero da Sidro – ViVi Green
Varietà di pera molto antica, prodotta da grandi alberi dalla chioma voluminosa, coltivati vicino alle case dei contadini friulani, ove ancor oggi se ne possono trovare diversi esemplari. Presso la stazione ferroviaria di Camporosso, in provincia di Udine, la strada è fiancheggiata da peri secolari di dimensioni ragguardevoli che ne fanno un bellissimo viale
Trentino Alto Adige Vite di Prissiano – ViVi Green
VALLE d’AOSTA Vite di Farys – ViVi Green
LIGURIA Olivo di Sanremo – ViVi Green
Questo olivo antichissimo si trova in provincia di Imperia nel comune di Sanremo in località il Poggio, presso Villa Minerva. Si tratta di un esemplare unico sia per le sue grandi dimensioni che per l’età; è fra i più vecchi della Liguria ed è caratterizzato da un’antica ceppaia da cui si dipartono due grandi tronchi.
LOMBARDIA Fico brianzolo bianco – ViVi Green
PIEMONTE Castagno di Mindino – ViVi Green
2.0 Testimonianze di frutti antichi nelle regioni italiane – ViVi Green
1.9 I frutti antichi. Le conoscenze disponibili: stato dell’arte in Italia – ViVi Green
La frutta antica è anche argomento di numerosi progetti didattici maturati in ambito scolastico, nonché di molti convegni sulla biodiversità tanto che, non mancano occasioni per sollevare il problema della salvaguardia di questo prezioso materiale genetico attraverso mostre mercato.
1.8 I frutti antichi e il paesaggio – ViVi Green
1.7 I frutti antichi e i cambiamenti climatici – ViVi Green
1.6 I frutti antichi, risorse per un’agricoltura sostenibile – ViVi Green
1.5 La coltura promiscua, la base strutturale della diversità frutticola – ViVi Green
La coltura promiscua, base strutturale della diversità frutticola, sta a indicare la presenza di più specie nella stessa unità colturale, struttura tipica delle agricolture tradizionali. A partire dal periodo dell’anteguerra si può notare come la coltura promiscua ceda il posto in breve tempo alle cosiddette colture specializzate con progressione quasi matematica