Edifici green edifici salubri per il benessere psicofisico: focus sul gas Radon geometri in azione

Gli edifici sono strettamente legati alla qualità della vita delle persone, influenzando la salute. Il gas radon spesso presente negli ambienti dove viviamo e lavoriamo è una delle principali cause di cancro ai polmoni. Investire nell’ambiente interno delle nostre case, scuole, dei luoghi di lavoro, di cura e ricreativi può fare una grande differenza per il benessere di tutti e una riduzione della spesa sanitaria pubblica del Paese.

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Sentiero Italia CAI Basilicata T01 Morano Calabro – Madonna del Pollino

Morano Calabro – Madonna del Pollino Partendo dal centro di Morano Calabro, si percorrono circa 7 km di strada carrabile fino a località Colloreto alla base del Massiccio del Pollino, dove si possono visitare i ruderi dell’omonimo convento (906 m). Qui attacca il sentiero n. 901 che porta a Piano Gaudolino sul confine calabro-lucano a quota 1693 m (rif. cartografia CASMEZ, 1954); lungo questo tratto, tutto in salita (detto la Scala dei Moranesi) si incontrano numerose sorgenti anche di notevole portata e di particolare valore naturalistico. Al Piano Gaudolino si trova un fontana abbeveratoio ed un bivacco. Da Piano Gaudolino, si costeggia la base del Monte Pollino tra fitti boschi di faggi fino al Piano di Toscano utilizzando il sentiero IPV 2C (Itinerario di Particolare Valenza). Usciti dalla faggeta si segue nel primo tratto il sentiero n. 923, poi fino a raggiungere i “Guardiani del Parco”, un gruppetto di grandi pini Loricati sul bordo occidentale della Piana del Pollino (possibilmente con l’aiuto di una mappa o di una traccia GPS poichè la segnaletica è abbastanza carente sia per la mancanza di supporti, che per i vincoli imposti dal Parco Nazionale nella zona A). Da qui lambendo la Grande Porta del Pollino, tra Serra di Crispo e Serra delle Ciavole, il tracciato si innesta sul sentiero 931B e poi sull’IPV4 che porta al Santuario di “Madonna di Pollino” passando per la fontana “Pitt’ accurc’ ” e “Piano di Jannace”. Deviando dal percorso è possibile godere del grande spettacolo naturale offerto dai maestosi pini Loricati di Serra delle Ciavole e di Serra di Crispo (Giardino dei Loricati). Nei pressi del santuario c’è il rifugio “Pino Loricato” (1548 m).

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Pera del curato toscana PAT Toscana

La pera del curato è unèantica varietà di pera che, anche se non originaria della Toscana, era comunque diffusissima in tutta la regione. Oggi i peri si trovano come piante isolate, residuate negli orti nei pressi di casolari di collina o nei terrazzamenti dove, per il clima e per lèorografia del terreno, non era conveniente seminare il grano. Si tratta di piante adulte, per lo più con produzione decrescente e incostante perché nella quasi totalità dei casi abbandonate.

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Pera coscia di Firenze PAT Toscana

Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla cultivar che si adatta perfettamente alle condizioni pedoclimatiche della zona le quali contribuiscono a conferire il particolare gusto al frutto, sia alla tecnica di produzione. La pera coscia è più precoce delle altre e si produce da almeno 100 anni. L’ottenimento di astoni in azienda permette di salvaguardare il patrimonio genetico della specie. Si consuma preferibilmente con formaggio pecorino.

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Pera coscia aretina PAT Toscana

Frutto caratterizzato da pezzatura medio piccola con buccia di colore verde chiaro o giallognola quando il frutto è maturo, dal sapore dolce ed aromatico, con consistenza granulosa. Rispetto alle varietà utilizzate nei frutteti specializzati, si può dire che la pera coscia è più rustica, perché sopporta bene gli attacchi di psilla, tanto che nei piccoli frutteti a carattere familiare non si effettua alcun trattamento. La raccolta viene fatta a mano e la conservazione in cassette all’interno di locali coperti. È necessario anticipare la raccolta poiché il frutto maturo si ammacca facilmente. Non si effettua il condizionamento in celle frigorifere, né tantomeno il trattamento chimico per bloccare la maturazione.

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Patata rossa di Cetica PAT Toscana

Si hanno notizie certe della produzione di questa patata sin dai primi anni del ventennio che separa le due guerre tanto che si pensa che si tratti di una cultivar derivata dalla scozzese Red King Eduard. Questa varietà, interessante per le caratteristiche organolettiche, si presta molto bene per essere utilizzata in stufati o gnocchi; regge molto bene la cottura ed ha un gusto molto pronunciato. Il piatto principale e più conosciuto per l’utilizzo gastronomico della patata è senz’altro quello dei tortelli: “dalla Romagna arriva in Casentino il tortello e il delicato ripieno di spinaci e ricotta diventa ripieno di patate montagnole – appena arrivano, ai primi dell’800 – quelle di Cetica, morbide, bianche e adatte ad essere ridotte in soffice purea” (G. Gianni).

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Come la progettazione di un sistema di ventilazione può rendere gli edifici salubri

Le case in bioedilizia rappresentano un’alternativa sostenibile alle tradizionali abitazioni, grazie a una serie di caratteristiche distintive. Una delle principali è l’uso di materiali ecocompatibili, come il legno certificato, il bambù o il cob, che sono più leggeri, duraturi e, soprattutto, a basso impatto ambientale rispetto ai materiali convenzionali come il cemento. Questi materiali riducono notevolmente l’emissione di gas serra durante la produzione e l’edificazione, contribuendo così alla lotta contro il cambiamento climatico.

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Patata di Zeri PAT Toscana

La tradizionalità della coltura della patata a Zeri risale al 1777, quando fu introdotta nel pontremolese a cura di Biagio Grilli di Adelano (villaggio del comune di Zeri), che ne ottenne due bulbi da alcuni montanari parmigiani, soliti recarsi in Germania. La tipicità della patata di Zeri consiste, oltre che nella tradizionalità, nel particolare ambiente di coltivazione, caratterizzato da un’elevata altitudine (tra i 500 e i 1500 m s.l.m.) da clima montano, da terreni particolarmente vocati e infine dalla tecnica di produzione, senza utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.

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Patata di Santa Maria a Monte PAT Toscana

Questa patata, nel territorio comunale di Santa Maria a Monte, zona tradizionalmente vocata alla coltivazione di questo tubero, esprime al meglio i propri caratteri produttivi poiché si adatta in modo ottimale alle locali condizioni pedo-climatiche. La pianta presenta steli poco numerosi, alquanto grossi, di color verde chiaro con infiorescenze piccole a fiori bianchi. Il tubero è di forma ovale allungata di buccia e pasta gialla con occhi superficiali. Questo tipo di patata ha una buona resistenza alla cottura, qualità che la rende ottimale per tutti i tipi di preparazioni culinarie

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