A base di succo d’uva, farina bianca, zucchero. Preparazione Aggiungere al mosto o al succo d’uva, passati al colino, un po’ di zucchero, quindi unire la farina ben stemperata nella proporzione di un cucchiaio per ogni bicchiere di liquido; amalgamare bene, mettere la casseruola sul fuoco e far bollire, mescolando con un cucchiaio di legno, per almeno dieci minuti. Versare in una ciotola negli stampini e lasciare raffreddare.
View More Mosto cotto PAT Emilia RomagnaMese: Gennaio 2024
Mistocchine PAT Emilia Romagna
La parola mistocchina sembra derivare dal verbo latino miscere, che significa mescolare e fa riferimento al gesto di mischiare insieme acqua e farina, girando con il cucchiaio fino ad ottenere un impasto lavorabile. Questo dolce era preparato generalmente dalle mistocchinaie che lo vendevano agli angoli delle strade o sotto i portici delle città.
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Secondo la tradizione, il nome del pane sarebbe legato alla distribuzione giornaliera ai poveri della zona, un pane di elemosina, quindi, di misericordia. Tale somministrazione ebbe inizio a partire dal XV secolo ad opera della famiglia Pallavicino presso la Villa omonima (oggi sede del Museo Nazionale Giuseppe Verdi), ed era accompagnata dai rintocchi della campana recentemente restaurata (la cosiddetta “campana della miseria”). Secondo altre fonti, al contrario, il nome evocava l’impossibilità di cibarsi di altro che non fosse il pane, dato l’estremo stato di indigenza e che quindi fosse esso stesso la cruda rappresentazione della miseria.
View More Miseria PAT Emilia RomagnaMinestra imbottita PAT Emilia Romagna
Spoja lorda (pasta ripiena) Era una minestra che si faceva principalmente quando rimaneva del ripieno da cappelletti. Si impastava la farina con uova e sale per una sfoglia sottile. La spoja era “lordata” interamente dal ripieno.
View More Minestra imbottita PAT Emilia RomagnaMigliaccio di Romagna o sanguinaccio PAT Emilia Romagna
Sangue di maiale disfatto, latte, saba oppure miele, pangrattato, burro, spezie, cioccolata, canditi misti, fichi secchi, mandorle (a piacere noci, uvetta e pinoli). Preparare una pasta frolla e metterla in uno stampo da crostata, quindi mescolare insieme tutti gli ingredienti e mettere a cuocere in forno. Quando è cotta tagliarla a rombi e spolverizzare di zucchero.
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Il Veneto, una regione nel nord-est dell’Italia, è rinomata per la sua bellezza paesaggistica e i suoi borghi affascinanti. Questi borghi offrono una varietà di esperienze, dalle bellezze naturali alle opere architettoniche storiche, rendendo il Veneto una regione ricca di fascino e cultura.
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Il miacetto è il tipico dolce della vigilia di Natale che si prepara solo a Cattolica, confezionato rigorosamente con ingredienti che non “rompono” l’astinenza richiesta dalla Chiesa nei tempi quaresimali, con tutta probabilità è da collegarsi al migliacito termine del gergo culinario veneziano usato ad indicare dolci realizzati con l’aggiunta di farine “leganti” (rumgiolèn, crusca, miglio brillato farina di castagna, ecc.) e descritto nella sua esecuzione già in un anonimo trattato di cucina del secolo XV.
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Mezze maniche (tipo di pasta), brodo di carne, carne per stracotto, burro, pan grattato, vino rosso, formaggio grana padano, uova, cipolla, sedano, carota, aglio, sale, pepe, noce moscata. Dopo aver preparato il ripieno si riempiono le mezze maniche bagnando le aperture con albume d’uovo, quindi si procede alla cottura.
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Minestra di pasta ben soda ottenuta con farina e uova e soffregata tra le mani fino a ridurla in minuti granellini che vengono cotti poi nel brodo. Preparazione brodo: in una pentola far soffriggere nell’olio la pancetta tagliata fine fino a doratura aggiungi il sedano, la carota tritata finemente, soffriggere per10 minuti; unire il pomodoro a dadini e 3l d’acqua. Salare e pepare a piacere. Preparazione pasta: fare la pasta e poi tagliarla fine fine e cuocere per 2 minuti, servire con olio crudo.
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Originariamente (fine XIX° – inizio XX° secolo) non esistevano veri e propri mandorlini, ma una sorta di spumini con le mandorle a base di chiare d’uovo, zucchero (prevalentemente lavorato e sciolto) e mandorle, cucinati solo in casa da alcune famiglie, non in vendita al pubblico. I veri mandorlini sono nati dalla creatività e dall’esigenza di un negoziante di alimentari di Pontelagoscuro, una frazione alle porte della città di Ferrara, di utilizzare il gran numero di chiare d’uovo avanzate dalla produzione di gelati del negozio. Sembra proprio che sia stato un suo garzone di bottega ad avere l’idea di preparare dei dolci mescolando le chiare d’uovo, lo zucchero, le mandorle e la farina chiamandoli “mandulin dal pont”.
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