Itinerari enogastronomici da Alba a Cherasco

L’itinerario che ci apprestiamo a conoscere è uno tra i più vocati nella produzione vitivinicola con vini importanti, legati alla denominazione astigiana come il Moscato, il Grignolino, la Barbera, il Freisa. Iniziamo quindi da Cocconato, comune situato sulle colline astigiane all’altezza di 491 metri, conosciuto come la Riviera del Monferrato per il suo particolare microlima, dove possiamo degustare la pregiata Robiola di Cocconato, un formaggio di latte vaccino a pasta cruda dal sapore dolce in compagnia con un buon calice di Barbera.

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Fave bellunesi PAT Veneto

La coltivazione delle fave nell’area dolomitica bellunese ed il suo utilizzo, sottoforma di prodotto decorticato, vantano una salda e comprovata tradizione secolare. Numerose sono le citazioni in testi, libri e riviste sia dal punto di vista storico che culinario ed altrettanto importante è la documentazione fotografica e la ricerca etno-botanica. Merita di essere citato il quaderno numero 5 -“Fava, patata, fagiolo, papavero: sistemi e tecniche tradizionali di coltivazione e di utilizzazione nel bellunese” a cura di Daniela Perco (Comunità Montana Feltrina e Centro per la Documentazione della coltura popolare). In esso sono riportate, in appositi capitoli, decine di citazioni di storici e interviste, che testimoniano la presenza secolare della coltivazione della fava nel bellunese. Di recente, alcuni produttori attenti alle tradizioni stanno riproponendo la coltivazione di questa speciale e caratteristica leguminosa.

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Fasola posenata PAT Veneto

La presenza e la tipicità della “fasola posenata” è testimoniata dalle voci e dalle cure di persone anziane che ne tramandano la sua coltivazione da numerose generazioni. I fagioli nella zona di Posina, infatti, sono coltivati da secoli per l’autoconsumo familiare e hanno sempre mantenuto un’importanza non secondaria nell’economia domestica e nell’alimentazione degli abitanti della zona. Anche la pianta trova una sua utilità in quanto, avendo un fiore rosso intenso, ancora oggi viene posta intorno alle altre colture per spaventare eventuali animali, soprattutto caprioli (anche il gusto delle foglie contribuiva in questo senso). La “fasola posenata” tiene molto bene la cottura e non si disfa. Si mangia spesso in insalata con aglio, prezzemolo e olio ma si adatta ad accompagnare magnificamente il riso e le tagliatelle fatte in casa.

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Fasol de Lago PAT Veneto

Il fagiolo ha sempre avuto un ruolo importante nell’alimentazione. I fagioli d’America furono importati in Europa dagli spagnoli e i loro semi furono donati da papa Clemente VII ad un umanista bellunese, Piero Valeriano (pseudonimo di Giovanni Pietro Dalle Fosse 1477-1558) affinché ne diffondesse la coltura. Il Valeriano avviò, a quanto pare tra il 1528-29, la coltivazione nel bellunese (e in particolare a Lamon e nel Feltrino) da dove si diffuse in tutto il Veneto incrociandosi senz’altro anche con le specie già presenti formando quelle specie “autoctone”.

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Farina per polenta di mais “sponcio” PAT Veneto

La farina per polenta ottenuta dal mais “sponcio” è tradizionalmente presente nella valle feltrina, da quasi due secoli. Sono i caratteri morfologici della cariosside, di forma appuntita che punge le mani dai quali origina l’espressione popolare di “sponcio”, a determinare la peculiarità di questa varietà già descritta nel 1882 da G. Cantoni e nel 1887 da Bazzole nel testo “Il possidente bellunese”. Da allora i richiami alla varietà compaiono con sistematicità nelle tabelle tecniche pubblicate da “L’agricoltore bellunese” fino ad arrivare a dettagliate descrizioni tecniche dello Zapparoli nel 1926 e poi da Brandolini nel 1953. Nella memoria degli agricoltori locali è vivo il ricordo dell’alta qualità della farina e delle difficoltà della sgranatura che spesso avveniva a mano.

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Farina di mais Marano PAT Veneto

Il “mais Marano” è una varietà di mais creata nel 1890 da Antonio Fioretti, un agricoltore che provò ad incrociare due varietà di mais locali, Pignoletto d’Oro e Nostrano, nella speranza di adattare al meglio la pianta alle terre ghiaiose del Leogra, coniugando la qualità del primo alla resa del secondo. Si rivelò una felice intuizione e, dopo un’opera di selezione durata ben vent’anni, nacque il nuovo granoturco. Nel 1940 il mais “Marano” ottenne il marchio governativo dallo Stato e ancor oggi è custodito nella banca del germoplasma dell’Istituto di Genetica e Sperimentazione Agraria “Strampelli” di Lonigo. In quegli anni la coltivazione del Marano si diffuse in gran parte del nord Italia, tanto da essere una delle varietà più utilizzate, ma dal secondo dopoguerra il prodotto conobbe una forte crisi, che divenne poi tracollo con l’affermarsi dei mais ibridi che garantivano una resa molto più elevata.

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Farina di mais biancoperla PAT Veneto

Giacomo Agostinetti, agronomo di Cimadolmo, nei suoi “Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa”, edito a fine ‘600, segnala la presenza diffusa di un sorgoturco bianco, progenitore del’attuale varietà “bianco perla”, specie nei “Quartieri della Piave”. La sua massiccia diffusione si colloca tuttavia nella seconda metà dell’800, grazie alla sua maggiore conservabilità che la fa preferire alle concorrenti varietà dell’epoca. Una descrizione della pianta e delle caratteristiche della granella del “mais biancoperla” viene riportata dettagliatamente in “Granoturchi da seme per riproduzione da granella e per semine da erbaio” edito da Consorzio Agrario Provinciale di Udine, 1950.

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Fasolo gnoco borlotto PAT Veneto

Il “fagiolo gnoco borlotto, lingua di fuoco” di Spinimbecco, frazione di Villa Bartolomea, veniva coltivato già prima degli anni ’30, anche se su superfici limitate e per lo più per il consumo famigliare. Solamente una piccola parte della produzione veniva commercializzata al mercato di Legnago (VR) o porta a porta. Successivamente alla Seconda Guerra Mondiale la coltivazione di tale prodotto conobbe nuovo impulso, con un notevole aumento delle superfici e una produzione stimata intorno ai 2.100 t. Dopo gli anni ’50 cominciarono a sorgere centri privati di raccolta nella frazione di Carpi e a Villa Bartolomea e all’inizio degli anni ’60 sorsero cooperative nate espressamente per la raccolta del pregiato fagiolo. A tale prodotto, così importante per l’economia della zona, vennero dedicate molte mostre settembrine, di cui si trova testimonianza in molti giornali locali e regionali.

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Allori Cristofano

Cristofano Allori, pur operando in un periodo di transizione, è riuscito a distinguersi con uno stile che anticipava il naturalismo barocco. La sua opera rimane un esempio significativo di come gli artisti del suo tempo cercassero nuove vie espressive, in risposta ai cambiamenti culturali e artistici del loro contesto storico.izzate da un equilibrio tra forma e colore, continuano a essere ammirate per la loro bellezza formale e il loro contributo alla storia dell’arte italiana.

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