Zucca marina di Chioggia PAT Veneto

La diffusione della coltivazione di diverse varietà di zucche sul territorio nazionale è dovuta alla notevole adattabilità e rusticità di questa orticola. Il Veneto è una delle regioni italiane dove l’ortaggio si è meglio acclimatato ed è coltivato in maniera intensiva per un consumo abituale. La “zucca marina di Chioggia” grazie alle doti di buona conservabilità del frutto era un ortaggio sempre presente nelle mense più povere nel periodo invernale, quando scarseggiavano altri prodotti dell’orto. È tradizionalmente legato al territorio di Chioggia anche se da sempre è considerato il parente povero tra i pregiati ortaggi della zona.

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Verza moretta di Veronella PAT Veneto

Il professor Maccagnan Guerrino, storico di Veronella, evidenzia nel libro dedicato a “Ottavia Fontana. Maestra e Sindaco di Veronella”, pubblicato nel 2010, la presenza nel territorio veronellese di una diffusa coltivazione della “verza moretta” già nell’Ottocento. Lo scrittore descrive così il contesto storico-sociale di quel periodo: “Il lavoro agricolo era senz’altro l’occupazione più diffusa, incentrata soprattutto sulla produzione cerealicola e sulla pratica della bachicoltura, della viticoltura, della frutticoltura e della tabacchicoltura. (…) Nel contesto produttivo si collocavano anche i mercati, tra cui godeva una certa rinomanza quello delle verze (morette veronesi) di Veronella, da dove partivano per essere esportate nelle città del Veneto e perfino in Val d’Aosta”. Fino al 1920 le verze morette venivano trasportate in mazzi da 5 pezzi (cd. “sacàre”). Il torsolo delle verze veniva tenuto lungo in fase di raccolta, si praticava un foro nella parte più dura in modo da passare uno spago all’interno del torsolo stesso e poter legare più verze assieme. In tal modo la “verza moretta” era facilmente trasportabile. A partire dal dopoguerra venivano trasportate con camion caricate alla rinfusa per essere vendute in Val d’Aosta e in Germania.

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Tartufo nero dei Berici PAT Veneto

Il tartufo ha una storia mlto antica. I greci lo chiamavano Hydnon (da cui deriva il termine “idnologia” la scienza che si occupa dei tartufi ), mentre in latino era il tuber, dal verbo tumere (gonfiare). Plinio il Vecchio nel libro della “‘Hystoria Naturale” parlava del tartufo che “sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”, mentre Plutarco affermava che il “tubero” nasceva dall’azione combinata dell’acqua, del calore e dei fulmini. Nell’Europa del passato, il tartufo era anche chiamato “aglio del ricco” per il suo leggero sentore agliaceo. Anche nel Veneto ci sono delle zone in cui questo tubero cresce spontaneo, una di queste si trova sui Colli Berici e nella zona orientale dei Monti Lessini. Qui, da secoli, questo prodotto è ricercato e apprezzato e rientra in numerose ricette tradizionali come quella dei principi Giovanelli di Lonigo (Vi) del 1890 che propone il piatto “Tartufo alla Berica”.

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