Area Naturale Marina protetta Capo Carbonara
Sardegna

Fonte e per approfondimento Area Marina Protetta Capo Carbonara

L’Area Marina Protetta Capo Carbonara (AMPCC) è localizzata nella parte sud-est della Sardegna ed è stata istituita con Decreto del Ministero dell’Ambiente nel 1998, poi modificato nel 1999 e sostituito integralmente nel 2012. Coprendo una superficie di circa 14.360 ettari, l’AMPCC è la terza area marina più estesa della Sardegna ed è suddivisa in quattro livelli di protezione: zona A (riserva integrale), zona B (riserva generale), zona C (riserva parziale) e D (riserva sperimentale).

Il territorio dell’Area Marina Protetta Capo Carbonara si estende da Cala Pisano sino a Punta Is Proceddus e comprende il tratto di mare che circonda le isole di Serpentara e dei Cavoli, oltre a numerosi scogli minori come quello del Congresso, dei Proci, di Santo Stefano e dei Variglioni e diverse secche come le ancore, di Berni, dei Dotti, di Libeccio, di Mezzo, di Piscaddedus e Santa Caterina..

Le bellissime rocce presenti sulle spiagge, le vaste praterie di Posidonia oceanica e i diffusi sedimenti bioclastici marini conferiscono a Capo Carbonara un paesaggio terrestre e marino di elevatissimo valore ambientale. Ed è per questo grande valore che l’AMP è stata riconosciuta anche come area ASPIM (Area Specialmente Protetta di Importanza Mediterranea) ai sensi della Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterraneo dai rischi dell’inquinamento. Il suo perimetro inoltre coincide quasi interamente con il Sito di interesse comunitario Isola dei Cavoli, Serpentara, Punta Molentis e Campulongu istituito ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE e sono presenti diverse Zona di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva Uccelli 79/409/CEE. Numerose sono le spiagge che si affacciano sull’AMP, una sorta di istmo con al centro la zona umida dello stagno di Notteri circondato da una costa tra le più varie e affascinanti del Mediterraneo. .

Negli scenari sommersi, è possibile ammirare le forme delle rocce granitiche, pinnacoli, avvallamenti, spaccature e tafoni, sovente colorati dal giallo delle margherite di mare o dal rosso delle gorgonie, dove le tranquille popolazioni di cernie, dentici e orate di grandi dimensioni e i banchi di barracuda mediterraneo pattugliano in cerca di cibo. Tra i mammiferi marini, oltre alla frequente presenza del delfino costiero, il tursiope, negli ultimi anni sono state avvistati alcuni esemplari di balenottera comune, capodogli, delfini comuni e stenelle nelle acque più profonde del Area Marina Protetta.

FAUNA MARINA

All’interno dell’Area Marina Protetta sono presenti alcune tra le specie ittiche tipiche dei mari della Sardegna, tanto dei fondali rocciosi, predominanti nell’area, quanto di quelli più sabbiosi dai polpi ai crostacei, saraghi, triglie, dentici, ricciole, capponi, murene, cefali, orate, corvine e tanto altro. Le isole, gli isolotti, le coste rocciose, i sentieri costieri, le spiagge e le zone umide di Villasimius sono inoltre ambienti molto importanti per la biodiversità animale che ospitano: sono infatti l’habitat ideale di molte specie di uccelli, rettili, anfibi. Le coste rocciose, ripide e verticali, sono il luogo ideale per la riproduzione di molti uccelli, soprattutto per la difficoltà di accedervi in quanto garantiscono una buona protezione dalle varie specie di predatori, fra cui l’uomo stesso.

Pinna nobilis– Nacchera 

È il mollusco più grande del Mediterraneo, può raggiungere i 90-100 cm di lunghezza; ha una conchiglia di forma triangolare, allungata, con due valve uguali. Produce il bisso, una sostanza proteica che si presenta in filamenti tramite il quale si ancora al substrato. Esternamente la superficie delle valve è solitamente incrostata e di colore bruno, mentre l’interno si presenta di colore rossastro e madreperlaceo. Si nutre per filtrazione delle particelle alimentari presenti in acqua; spesso ospita al suo interno piccoli crostacei come granchi e gamberi. È endemica del Mar Mediterraneo, nel SIC marino di Villasimius e abbondante; spesso situata in mezzo alle praterie di Posidonia oceanica, da pochi metri fino a 40 di profondità.

Si tratta di una specie minacciata dalla raccolta per il collezionismo e raccolta illegalmente per molto tempo., oltre che da tutte quelle minacce che interessano il suo habitat principale, cioè la prateria di posidonia: reti a strascico, inquinamento, ancoraggio e dalla presenza di un nuovo microrganismo parassita, il protozoo Haplosporidium pinnae. Dal 2016, tale parassita ha provocato in tutto il bacino occidentale una grave moria portando alla quasi totale scomparsa della specie. Il protozoo colonizza l’apparato digerente del mollusco, fino ad indebolire progressivamente la vittima e provocarne il decesso.
Nel 2019 lo stato di conservazione di Pinna nobilis nella lista rossa della IUCN (International Union for Conservation of Nature) è stato aggiornato a “Critically Endangered” anche a causa della presenza di tale parassita. Nel 2020 in seguito all’attività di monitoraggio svoltasi per capire lo stato di salute di questo mollusco, si è purtroppo riscontrata una mortalità pari al 100%.

Paracentrotus lividus –Riccio di mare

Paracentrotus lividus è un riccio di mare comune lungo le nostre coste; il corpo si presenta tondeggiante, con simmetria pentaraggiata (5 sezioni disposte intorno ad un asse centrale), interamente rivestito di uno scheletro calcareo munito di grossi e lunghi aculei mobili. La colorazione varia dal viola al marrone al verdastro, con svariate sfumature. Per spostarsi sui substrati rocciosi usa aculei e pedicelli dotati di estremità a ventosa. Gli spostamenti avvengono preferibilmente di notte, poiché la luce del sole lo infastidisce. Si nutre di alghe ma anche di piccoli animali e spugne, ed è tra i pochi organismi in grado di cibarsi direttamente delle foglie di posidonia principalmente nelle ore notturne. Anche se vive nelle zone meno profonde e quindi più luminose ha bisogno di ombra e quindi si ricopre con pezzetti di posidonia, sassolini e conchiglie, che vengono trattenuti con i peduncoli a ventosa. Il riccio di mare ha sessi separati, e non è possibile distinguere il maschio dalla femmina dall’esterno. È molto comune in tutto il Mediterraneo e nell’Atlantico orientale, dalla Scozia alle Canarie; spesso situato in mezzo alle praterie di Posidonia oceanica, da pochi metri fino a 40 m di profondità.
Si tratta di una specie minacciata dall’eccessiva raccolta per alimentazione (regolamentata) oltre che da tutte quelle minacce che interessano il suo habitat principale come l’inquinamento. 

Dendropoma petraeum– Dendropoma

Il dendropoma è un mollusco gasteropode sessile che vive ancorato saldamente alle rocce. Si caratterizza per la conchiglia a forma di tubo sottile di 2-5 mm di diametro, color grigio fumo tendente al viola con l’interno nero perlaceo, che ogni individuo attorciglia irregolarmente attorno ad altri esemplari formando delle colonie anche di grandi dimensioni. Vive lungo la costa nella zona mesolitorale e per questo motivo possiede un opercolo corneo che chiude la conchiglia nei periodi di emersione, durante l’alternanza dei cicli di marea. Si nutre intrappolando, con l’ausilio di sostanze mucillaginose vischiose, piccoli organismi e detriti contenuti nell’acqua che filtra per mezzo di ciglia.
È anche lui endemico del Mediterraneo, distribuito soprattutto nella parte centrale e orientale. Nel SIC a mare di Villasimius è comune, abbondante presso Santa Caterina, l’Isola dei Cavoli, l’Isola di Serpentara e i Variglioni. Il dendropoma è presente nei litorali sulle rocce esposte alle onde e alle maree fino a 1,5 m di profondità. E responsabile della costruzione di particolari strutture di origine organica dette “trottoir a vermeti” (trottoir significa “marciapiede”), dette anche “piattaforme a vermeti”, E una specie molto sensibile alla presenza di acque inquinate e agli impatti meccanici di natura antropica, la sua presenza è considerata un indicatore della buona qualità delle acque marine costiere.

Eunicella cavolini – Gorgonia rossa & Paramuricea clavata – Gorgonia gialla

Le gorgonie sono invertebrati bentonici dalla struttura ramificata e piatta, ricoperta da tessuti molli. Sebbene la forma delle gorgonie possa far pensare ad una pianta, in realtà sono animali marini a tutti gli effetti. Le gorgonie sono anche denominate “ventagli di mare” proprio per la loro forma caratteristica e ben riconoscibile.
In AMPCC sono due i tipi di Gorgonia presenti: la Gorgonia gialla – Eunicella cavolini e la Gorgonia rossa – Paramuricea clavata.
La prima presenta una forma arborescente di colore giallo e più raramente arancione, presenta ramificazioni orientate su uno stesso piano e perpendicolari alla direzione delle correnti, flessibili e leggermente verrucose, spesso disposte a forma di ventaglio.
La gorgonia gialla può raggiungere l’altezza massima di 50 cm. Vive in zone con illuminazione non troppo intensa e presenza di correnti. Il nutrimento avviene con la cattura da parte dei polipi
di organismi planctonici sospinti dalle correnti.
Le gorgonie rosse presentano anch’esse dei rami flessibili, irregolari e posti a ventaglio su uno stesso piano perpendicolare alla corrente dominante. La colorazione varia dal rosso più o meno intenso al viola al giallo, possono raggiungere dimensioni di oltre 1 metro di altezza. Sono specie molto fragili con accrescimento lento, circa 3 cm ogni anno e sono considerate indicatori biologici dell’ecosistema marino.
Vivono preferibilmente in fondali rocciosi inclinati da 20 a oltre 100 m di profondità. L’inquinamento e l’innalzamento della temperatura del Mediterraneo possono essere la concausa della moria delle coloni, insieme all’attività subacquea o la mucillagine.
Nel SIC marino di Villasimius sono comuni, localmente abbondanti su pareti a strapiombo e su bioconcrezioni coralligene della secca di S. Caterina, dell’isola dei Cavoli e dell’Isola di Serpentara e sui variglioni.

RETTILI

Nell’AMPCC si possono avvistare tre specie di tartarughe marine, la più conosciuta la Caretta caretta, è l’unica regolarmente presente e frequente nel bacino occidentale anche per il fatto che si riproduce lungo le coste, comprese le nostre (diverse sono state le nidificazioni in Sardegna con un numero pari ad 11 nidi nell’anno 2021). Altre specie che si possono ritrovare, anche se con meno frequenza, sono la tartaruga verde (Chelonya midas) e la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea). Sono rettili adattati perfettamente a trascorrere la loro vita in acqua, possiedono polmoni e quindi emergono in superfice per respirare. Possiedono una forma idrodinamica idonea al nuoto che gli permette di compiere notevoli spostamenti e lunghe migrazioni, questo ne determina un’alimentazione differente in base ai diversi stadi vitali e nei diversi ambienti che attraversano, sono ghiotte di meduse, spugne, molluschi e crostacei.

Le principali minacce a cui sono sottoposte le tartarughe sono in prevalenza di origine antropica, la cattura accidentale negli attrezzi da pesca è considerato uno dei maggiori pericoli per la loro sopravvivenza! 

Oltre questo l’inquinamento da plastiche in mare può danneggiare questi organismi in quanto entrano facilmente a far parte della loro alimentazione, la trasparenza e la morfologia di questi inquinanti viene scambiata per meduse, loro cibo abituale. Da non sottovalutare inoltre le problematiche legate all’ingestione di lenze, collisioni con le navi ed imbarcazioni. Le fonti luminose allo stesso modo disturbano sia gli esemplari adulti che raggiungono la spiaggia per deporre le uova ma possono anche disorientare i piccoli alla nascita durante la corsa verso il mare.
L’AMPCC collabora alla conservazione e protezione delle tartarughe e dei mammiferi marini all’interno della Rete Regionale per la Conservazione della Fauna Marina.

MAMMIFERI

I mammiferi marini sono mammiferi che, nel corso dell’evoluzione, si sono adattati all’ambiente acquatico sviluppando pinne e specifiche caratteristiche idrodinamiche che ne consentono la vita all’interno dei mari. Tra i mammiferi nell’Area Marina Protetta Capo Carbonara, oltre alla frequente presenza dei tursiopi, si avvistano balenottere, capodogli e stenelle, inoltre qualche anno fa è stato avvistato un esemplare della rarissima foca monaca (Monachus monachus). La loro presenza è un ulteriore conferma di acque incontaminate e di un habitat specifico che molte specie scelgono per la riproduzione, la crescita ed il nutrimento.

Tursiops truncatus – Tursiope 

Ha una corporatura possente (2.5 mt di lunghezza ed un peso compreso tra 275-350 kg). Ha una colorazione tipicamente sul grigio nel dorso e grigio chiaro sui fianchi ed una colorazione biancastra sul ventre. Ha una corporaura tozza e massiccia, una pinna dorsale alta e falcata (con una base ampia) ed un rostro corto e tozzo. Vive perlopiù in ambiente costiero, viene avvistato solitamente in aeree che non superano i 100.150 metri. È un animale socievole e curioso e spesso segue la rotta delle imbarcazioni con dei splendidi salti.

Curiosità: lo sai che la pinna dorsale dei delfini rappresenta la loro impronta digitale? Attraverso l’identificazione della pinna dorsale del singolo animale si possono ottenere informazioni sulle dimensioni della popolazione, distribuzione, struttura sociale, tasso di riproduzione e uso dell’habitat. La pinna infatti presentando una pigmentazione unica per ogni singolo animale, graffi, cicatrici è la chiave per poter identificare un esemplare rispetto ad un altro!

Stenella Courealba – Stenella  Presenta una corporatura più snella e siluriforme, possiede una lunghezza media di 2.5 mt ed un peso di 80-100 kg ed una colorazione particolare: grigio-bruno o blu scuro sul dorso e bianca sul ventre, possiede un tipico disegno a fiamma che si trova sui fianchi. Nel Mar Mediterraneo vive prevalentemente in mare aperto (specie pelagica) e spesso si incontra in gruppi di molti individui. Possiedono inoltre delle straordinarie abilità acrobatiche. Le stenelle sono giocherellone e vivaci, fanno dei salti e schizzi visibili: spesso si avvicinano alle imbarcazioni per giocare in prua o sulle onde di scia. È un animale pelagico, avvistato solitamente in zone

Balaenoptera physalus – Balenottera comune 

La balenottera comune, il cetaceo più grande ed unico misticete presente nel Mar Mediterraneo, rientra all’interno della lista rossa della IUCN come specie “vulnerabile”. Le maggiori minacce per questo animale sono le collisioni con le grandi navi, l’inquinamento chimico, acustico e da rifiuti marini, che potrebbero accidentalmente ingerire mentre si alimentano.
La balenottera preferisce vivere in mare aperto e in acque temperate o fredde ma, per nutrirsi, può anche spingersi vicino alle coste. Può raggiungere 24 metri di lunghezza e 50 tonnellate di peso. Il suo profilo è affusolato ed idrodinamico. Il dorso del capo è diviso in due parti da una cresta che arriva fino allo sfiatatoio costituito da due aperture. Il soffio della balenottera è dritto e può raggiungere anche i 6 m di altezza. È priva di denti ma dotata di fanoni, attraverso i quali riesce a filtrare ed espellere una grande quantità d’acqua, dopo aver inghiottito banchi di piccoli pesci o abbondante plancton. Le emissioni vocali della balenottera comune sono caratterizzate da ronzii, strilli acuti e da lamenti profondissimi e lunghi, percepiti anche a notevoli distanze.
I suoni più acuti sono utilizzati per comunicare tra esemplari vicini mentre quelli simili a brontolii sono emessi in situazioni di pericolo. Infine, i suoni emessi involontariamente durante l’alimentazione della balenottera sono legati agli spostamenti veloci che essa compie per catturare le prede.

Physeter macrocephalus – Capodoglio 

Il capodoglio è il più grande tra gli Odontoceti, di colore uniforme tendente al grigio scuro, corpo tozzo e pelle rugosa presenta un capo pronunciato dovuto alla presenza dello spermaceti (una sostanza cerosa importante per l’animale  per l’ ecolocalizzazione, protezione e controllo del galleggiamento). È capace di effettuare immersioni molto lunghe della durata anche di 120 minuti ad una profondità anche di 2000 mt. In superfice emette un caratteristico soffio inclinato in avanti e solleva la coda in posizione verticale per immergersi. Può raggiungere estensioni comprese tra i 12 e i 18 metri. Ha un capo grande, con dimensioni pari ad un te3rzo del suo corpo, squadrato ed appiattito. Lo sfiatatoio all’estremità anteriore del capo è spostato verso sinistra ed il soffio è inclinato in avanti a 45°. Una pinna dorsale poco pronunciata (pariu ad un triangolo smussato), inoltre quando si immerge mostra la coda

SPECIE ALIENE

Nel Mar Mediterraneo ci sono nuovi organismi vegetali ed animali, con gli anni varie specie sono arrivate ed altre stanno arrivando, accidentalmente o intenzionalmente, da luoghi molti distanti dal loro habitat originario. Queste specie vengo definite aliene e talvolta si adattano benissimo al nuovo ambiente stabilizzandosi e riproducendosi nella nuova area, altre volte si estinguono rapidamente. In alcuni casi i nuovi arrivati si adattano talmente bene che mostrano una crescita veloce e spesso invasiva a tal punto da rappresentare una minaccia per la biodiversità del nostro mare, causando così un danno agli ecosistemi.
Le specie aliene possono determinare diversi impatti sulle condizioni locali naturali tra cui: competizione con organismi autoctoni (nativi del luogo), cambiamenti strutturali degli ecosistemi, talvolta tossicità diretta, infatti molte volte gli organismi tropicali sono velenosi ed infine possono costituire un ricettacolo di parassiti o addirittura un veicolo di patogeni per i quali gli organismi locali non sono preparati.
Il mar Mediterraneo ha due grandi vie d’ingresso per le specie aliene: dal Mar Rosso tramite il Canale di Suez e dall’Atlantico tramite lo stretto di Gibilterra. Il fenomeno di questi spostamenti migratori è da associare ai cosiddetti ‘’cambiamenti globali’’ da attribuire alle anomalie climatiche e al surriscaldamento delle acque, fenomeno conosciuto come ‘’tropicalizzazione’’.

Anche l’AMPCC ospita alcune specie aliene tra cui:
Granchio corridore (Percnon gibbesi)
Scorfanotto di Madeira (Scorpaena maderensis)
Alga invasiva (Caulerpa cylindracea)
Alga rossa (Asparagopsis taxiformis)
Pesce balestra (Balistes capriscus)
Pesce pappagallo (Sparisoma cretense)
Pesce trombetta (Macroramphosus scolopax)
Pesce flauto (Fistularia commersonii)
Alga killer (Caulerpa taxifolia)

FAUNA TERRESTRE

Per quel che riguarda la fauna terrestre è degno di nota il popolamento avifaunistico legato soprattutto alla stazione dello stagno di Notteri, frequentato da specie di interesse comunitario come il Fenicottero, la Garzetta, il Gabbiano corso, la Sterna comune e il Fraticello.
Si segnala anche la presenza del falco Pellegrino, il Marangone dal ciuffo, la Magnanina sarda, il Calandro, la Calandrella, l’Averla piccola e le Berte dell’Isola dei Cavoli.

Documenti del XIII secolo, riferiscono della nidificazione di falconi nel territorio di Villasimius, la cui abilità venatoria veniva sfruttata per la caccia reale. Si suppone si trattasse del Falco della regina.
Le isole, gli isolotti, le coste rocciose, i sentieri costieri, le spiagge e le zone umide di Villasimius sono ambienti molto importanti per la biodiversità animale che ospitano: sono infatti l’habitat ideale non solo di molte specie di uccelli ma anche rettili ed anfibi. Le coste rocciose, ripide e verticali, sono il luogo ideale per la riproduzione di molti uccelli, soprattutto per la difficoltà di accedervi in quanto garantiscono al nido una buona protezione dalle varie specie di predatori, fra cui l’uomo stesso.
Tra le specie di uccelli che nidificano nel territorio di Villasimius ricordiamo la berta maggiore (Calonectris diomedea), uccello marino che non frequenta mai la terraferma e che dorme in mare avvicinandosi alle coste solo nel periodo riproduttivo.
Un’altra specie nidificante è il marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), specie stabile che vive nelle coste rocciose.
Molto simile al cormorano, si distingue da questo per la sagoma più snella, le dimensioni inferiori e la presenza del ciuffo. Si ciba di pesci, crostacei ed altri invertebrati marini, sia in prossimità della costa che al largo, ricercando il cibo a profondità variabili fino anche a 80 m.

Sono presenti inoltre due specie di gabbiano: il gabbiano reale (Larus michahellis), che nidifica a Villasimius e il gabbiano corso (Larus audouinii) di cui sono stati accertati diversi tentativi di nidificazione falliti per diverse cause.
Il gabbiano corso si distingue dal gabbiano reale per il corpo più snello ed elegante, il becco di color rosso con la punta barrata di nero e giallo e le zampe grigio-verdastre. La specie è endemica del Mediterraneo e ad alto rischio di estinzione. Nella spiaggia di Porto Giunco lungo le rive dello Stagno di Notteri, nidifica il fratino (Charadrius alexandrinus alexandrinus). Una curiosità su questo piccolo uccello è che spesso si accovaccia a terra fingendosi ferito o simulando la morte, e per proteggere i pulcini nel nido, inizia a volare emettendo un canto particolare, attirando così l’intruso lontano dal nido. Oltre ai predatori naturali come il gabbiano e le cornacchie, che possono predarne le uova, le minacce maggiori sono date dal disturbo dato dalle attività umane lungo i litorali e in alcune zone umide costiere: la presenza dell’uomo o di cani, gli interventi di rimozione dei detriti dagli arenili durante il periodo della riproduzione e nidificazione, purtroppo ne stanno compromettendo la sopravvivenza. Tra gli anfibi, soprattutto in prossimità delle zone umide di Su Stangioni e Notteri, è possibile incontrare il rospo smeraldino italiano (Bufo balearicus) e la raganella tirrenica (Hyla sarda), specie endemica dell’area del Tirreno, molto rara a livello nazionale ed europeo. Tra le specie di rettili presenti nella costa, nelle isole di Serpentara, dei Cavoli e negli altri isolotti, si evidenzia la lucertola tirrenica (Podarcis tiliguerta), endemismo sardo corso, diffusa in tutto il territorio di Villasimius e in particolare nelle Isole dei Cavoli e di Serpentara. Tra i rettili dell’ordine dei Cheloni ricordiamo la testuggine palustre europea (Emys orbicularis) presente nel Rio Foxi e la testuggine di Hermann (Testudo hermanni hermanni), che nidifica nelle località di Su Stangioni e di Molentis. Tra i Mammiferi, a parte diverse specie di roditori, troviamo la Lepre sarda (Lepus capensis mediterraneus), la Volpe (Vulpes vulpes ichnusae), la Donnola (Mustela Nivalis Boccamela). La fauna dell’ambiente marino è ricca e varia tanto quanto lo sono gli ambienti marini, che possiamo distinguere in fondali (dominio bentonico) e massa d’acqua sovrastante (dominio pelagico).

FLORA TERRESTRE

La flora marina dell’AMP, è rappresentata da una grande varietà di specie di alghe e dalle vaste praterie della pianta marina, Posidonia oceanica.

Tra le specie algali presenti nell’area marina protetta, possiamo evidenziare la presenza del genere Cystoseira come comunità dominante della frangia meso- e infralitorale.

Alga bruna ben strutturata dell’ordine delle Fucales riveste un ruolo importante nel sistema ecologico marino-costiero mediterraneo, tanto da essersi guadagnata l’appellativo di “ecosystem engineer”, cioè costruttore di ecosistemi. Rappresenta un habitat ideale per diverse specie aumentando la biodiversità marina negli ambienti rocciosi costieri. Crea fitte foreste sommerse in miniatura che si possono estendere anche per centinaia di metri lungo le coste mediterranee. L’ecosistema complesso che si forma è in grado di dare ospitalità e rifugio a numerosi altri organismi, tra cui molte specie ittiche commercialmente importanti, oltre a produrre ossigeno, sequestrando CO2 dall’ambiente, e a fornire protezione alla costa dall’idrodinamismo. Sfortunatamente questo tipo di habitat, così prezioso sotto molti aspetti, è in forte regressione a causa dell’intenso impatto antropico a cui è sottoposto. I principali fattori che stanno mettendo a rischio le foreste sommerse di Cystoseira sono l’urbanizzazione, l’inquinamento, la sedimentazione, l’introduzione accidentale di specie non native del mar Mediterraneo e i cambiamenti climatici. Queste alghe per svilupparsi al meglio hanno quindi bisogno di acque limpide e pulite con un elevato grado di idrodinamismo. L’alta sensibilità alle attività antropiche le rende ottimi indicatori della qualità delle acque. Il genere Cystoseira è infatti protetto dalla Convenzione di Barcellona per la protezione dell’ambiente marino.

La Posidonia oceanica non è un’alga, ma una pianta superiore che si è adattata a vivere sui fondali marini circa 120 milioni di anni fa. È dotata di radici, fusto, detto rizoma, e lunghe foglie a forma di nastro. I fiori sono gli organi per la riproduzione sessuale dai quali si sviluppano i frutti, le “olive di mare”: quando il frutto marcisce libera il seme che, in presenza di condizioni ottimali, darà origine ad una nuova piantina. Endemica del Mar Mediterraneo, la posidonia forma delle praterie sommerse, uno degli habitat più importanti del Mare Nostrum (Habitat prioritario 1120*: Praterie di Posidonia oceanica, Direttiva 92/43/CEE “Habitat”).

La posidonia può colonizzare sia il substrato sabbioso che quello roccioso; quando si insedia sulla sabbia è in grado di costruire la cosiddetta matte, struttura composta da un fitto intreccio, in prevalenza di vecchie radici e rizomi, capaci di trattenere il sedimento sabbioso e ostacolare l’erosione costiera, innalzando il fondo anche di diversi metri. E’ proprio all’interno della “matte” che viene immagazzinato circa il 50% del carbonio sepolto nei sedimenti marini di tutto il mondo. La loro capacità di rimuovere anidride carbonica (CO2) dall’atmosfera fa sì che siano considerati come ottimi depositi di carbonio, e quindi rappresentano una valida strategia per il contrasto dei cambiamenti climatici.

Essendo una pianta caducifoglia, le piante perde le foglie vecchie che, staccandosi, vengono trasportate dal mare fin sulla spiaggia dove formano cumuli, a volte di notevoli dimensioni, chiamati banquettes. La posidonia così accumulata protegge il litorale: la rimozione di questi cascami, percepiti spesso con fastidio da turisti e fruitori, può causare la perdita parziale o addirittura totale delle spiagge, sia attraverso la regressione della battigia, alla quale verrebbe a mancare una sorta di protezione dalle forti mareggiate invernali, sia tramite la rimozione diretta di sedimento, in quanto le banquettes sono costituite per un 50% da sabbia. I cumuli di posidonia spiaggiata rappresentano quindi una risorsa strategica e per questo non andrebbero eliminati o danneggiati.

Curiosità Lo sapevi che l’Area Marina Protetta Capo Carbonara prende il nome dal promontorio omonimo? Deriva dall’antico nome di Villasimius, “Crabonaxa”, legato all’utilizzo del legno per la produzione di carbone.

Fonte e per approfondimento Area Marina Protetta Capo Carbonara

Area Naturale Marina protetta Tavolara Punta Coda Cavallo
Sardegna

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