Per secoli l’ambiente fisico dell’Europa rimase abbastanza stabile, nonostante i suoi abitanti attraversassero un periodo storico particolarmente tumultuoso, caratterizzato da un rapido susseguirsi di guerre, invasioni, controinvasioni, carestie, riforme, e dal continuo alternarsi di dominazioni e alleanze.
Poi, però, arrivarono le “rivoluzioni” agricole e industriali e tutto iniziò a cambiare con molta rapidità. La popolazione europea uscì dall’ultima guerra mondiale impoverita, indigente e affamata, e le aziende agricole furono incoraggiate a intensificare la produttività perché l’Europa potesse tornare a livelli di autosufficienza alimentare. Nell’arco di pochi
decenni, molte piccole tenute a conduzione familiare che rifornivano il mercato locale divennero aziende molto più grandi fortemente meccanizzate, specializzate nell’allevamento di bestiame o in monoculture su scala industriale, che richiedevano un grande utilizzo di pesticidi e fertilizzanti.
L’aumento vertiginoso della produzione ebbe una serie di ripercussioni sull’economia rurale europea: alcuni agricoltori divennero molto potenti mentre altri, che abitavano in zone periferiche e non riuscivano a far fronte alla concorrenza, non tennero il passo. Molti furono obbligati a lasciare la terra e, in alcuni casi, vennero abbandonati interi paesi.
Le conseguenze sulla biodiversità furono altrettanto drammatiche. I nuovi sistemi di produzione agricola lasciavano poco o nessuno spazio alla natura e in molte parti d’Europa preziosi habitat naturali e seminaturali furono sistematicamente bonifi cati e arati per fare spazio ai terreni agricoli. Vennero inoltre distrutti importanti elementi paesaggistici quali siepi di arbusti, stagni e macchie boschive, creando in tal modo paesaggi pianeggianti votati interamente all’agricoltura intensiva.
Anche la rapida evoluzione verso usi del territorio più produttivi, una maggiore urbanizzazione e lo sviluppo delle infrastrutture lasciarono un’impronta su altri habitat: i piani di drenaggio su larga scala portarono alla scomparsa di metà delle inestimabili zone umide presenti in Europa. La maggior parte dei grandi fiumi fu trasformata in corsi d’acqua canalizzati.
Brughiere, steppe e torbiere si ridussero persino del 60–90%, e quasi tre quarti delle dune mediterranee scomparvero sotto l’inesorabile pressione del turismo di massa. Sotto il peso di questi eventi, la popolazione di gran parte delle specie di flora e di fauna iniziò a diminuire drasticamente. Oggi quasi metà della vita naturale europea è minacciata e molti ecosistemi sono degradati.
Non sono state colpite solo specie rare o specializzate: anche i comuni uccelli di campagna come l’allodola, il passero e
lo strillozzo hanno visto la propria popolazione ridursi del 40% solo negli ultimi 20 anni.
Ma il futuro non è tutto fosco.
Con il passare degli anni, ci si iniziò a rendere conto che questo rapido ritmo di cambiamento non era sostenibile e stava esercitando un forte impatto non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute e sul benessere delle persone. Gli europei si interessarono sempre più alla questione ambientale e fecero pressioni sui governi per adottare normative più severe volte a ridurre l’inquinamento e a proteggere l’ambiente, dando così vita a un potente movimento conservazionista e ad alcune organizzazioni non governative molto influenti.
I governi risposero a questo invito ad agire unendo gli sforzi a livello europeo. La normativa ambientale comunitaria fu introdotta in un’ampia gamma di settori ed è, a tutt’oggi,uno dei fiori all’occhiello dell’Unione europea.
L’ambiente è in lento recupero.
Le piogge acide causate da inquinanti atmosferici quali anidride solforosa e ossido d’azoto sono sensibilmente diminuite negli ultimi 20 anni, nella maggior parte delle acque costiere dell’UE è di nuovo consentita la balneazione e lo scarico nei fi umi di pericolosi rifi uti chimici e industriali è perlopiù un ricordo.
Le questioni ambientali vengono ora considerate anche nelle politiche di pianificazione dell’assetto territoriale grazie all’introduzione di valutazioni d’impatto ambientale (VIA) obbligatorie, che contribuiscono a individuare gli eventuali impatti sull’ambiente dei vari progetti di sviluppo su larga scala e propongono opzioni alternative meno dannose, che portano a risultati più sostenibili.
Azioni analoghe sono state adottate a livello europeo a tutela della biodiversità. I responsabili politici hanno iniziato a
riconoscere che la natura è non solo parte integrante del patrimonio europeo e un importante bene economico, ma fornisce anche molti servizi di primaria importanza come la purificazione delle acque, il controllo delle inondazioni, la prevenzione delle erosioni, l’impollinazione delle colture, opportunità di svago ecc.
Tutto ciò ha portato all’introduzione di una solida normativa di ampio respiro per tutelare gli habitat e le specie di flora e di fauna più importanti del continente.
FONTE @NATURA 2000 – Proteggere la biodiversità in Europa
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