Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO
Il Biscotto di Bomarzo o “Pane di Sant’Anselmo” è una ciambella ricavata attenendosi scrupolosamente a ricette antichissime tramandate oralmente di madre in figlia. Un sapiente dosaggio degli ingredienti ed una lievitazione che dura circa 1 giorno, costituiscono la particolarità di questo gustoso prodotto.
METODO DI PRODUZIONE
Il lievito naturale precedentemente preparato e conservato “secco”, viene rinnovato con l’aggiunta di acqua e farina e lavorato nell’impastatrice. Gli ingredienti del Biscotto di Sant’Anselmo (uova, zucchero, olio, vanillina, liquori quali: cedro, mistrà, rosolino di cannella, sambuca viterbese, menta bianca, anisetta, alchermes bianco), posti a bagnomaria a 40-45°C, vengono mescolati con un mestolo di legno fino a diventare un composto più o meno liquido, omogeneo e di colore giallognolo. Quando il lievito ha raggiunto il punto massimo di lievitazione si aggiunge il composto e la farina e si lascia amalgamare il tutto all’interno dell’impastatrice. Dall’impastatrice viene recuperato 1,1 kg di impasto e si esegue l’”inciambellamento”. Le ciambelle vengono poste su assi di legno, ricoperte con teli di cotone e lasciate lievitare a temperatura ambiente per 18-24 ore. Prima della cottura, che avviene al forno per circa 20 minuti alla temperatura di 180- 200°C, sulla superficie delle ciambelle viene distribuito dell’uovo che conferisce alla superficie un colore marrone.
CENNI STORICI
Il suo nome è legato alla città di Bomarzo ed al suo santo protettore, Anselmo. È opinione comune della popolazione locale, che le sue origini siano da ricercare nel medioevo, più precisamente nel V secolo, epoca in cui visse il vescovo Anselmo che, si racconta, fosse solito ofrire del “pane dolce” ai poveri e bisognosi della città, nonché ai pellegrini diretti a Roma, e che passavano per Bomarzo. All’epoca, Bomarzo era stazione dei fedeli diretti a Roma ed era, peraltro, nota la generosità del vescovo Anselmo di cui rimangono documenti importanti relativi alla sua esistenza. La figura del santo, la sua vita, le sue inclinazioni, i miracoli compiuti, sono ricostruibili grazie ad un manoscritto redatto un secolo dopo la sua morte e ritrovato nel XVII secolo nella biblioteca monastica degli Agostiniani di Orvieto e trascritto dai padri Rocco Menchiaca della Compagnia di Gesù e Stefano Temporini della Provincia Romana degli Agostiniani, per ordine di Mons. Cordella, vescovo di Bagnoregio, che si preoccupa anche della diffusione del manoscritto stesso. Qui si legge che Polymartium, antico nome di Bomarzo, è la città natale di S. Anselmo, vescovo e confessore, il quale è qualificato come vir pius, benignus. Si dice, inoltre, che sia stato di nobili origini, di genitori cristiani dediti ad elargire elemosine. La generosità di S. Anselmo, oltre ad essere un dono di famiglia è un dato inconfutabile. Basandoci su questi indizi è possibile supporre che la generosità verso i bisognosi del vescovo Anselmo, nonché l’accoglienza offerta ai pellegrini, si manifestasse con il dono di qualcosa di molto simile ad un “pane aromatizzato” che agli inizi del ‘900, con l’aggiunta di zucchero e anice, ha assunto i caratteri di ciambella.
Del resto, a questo periodo risalgono i ricordi più numerosi delle anziane massaie di Bomarzo che ricostruiscono un rituale di sapore antico. La prima operazione, ricordano, è “la cerca del lievito” che deve essere rigorosamente naturale. Segue la “messa del lievito” all’interno delle antiche madie di legno, sulle quali viene impresso il “segno della croce” come simbolo propiziatorio. Una volta pronta la pasta di lievito viene amalgamata manualmente, alla “zozza”, con un miscuglio di liquori, olio, vino, zucchero, limone e anice, riscaldato a bagnomaria. L’impasto viene “inciambellato” e messo a riposo, a lievitare sui letti, coperto da calde coltri. Il tempo dell’attesa si consuma con il rito della “veglia” delle donne: momento di festa e di consultazione, allo scopo di decidere quale sia il momento migliore per adagiare i Biscotti sulle tavole di legno e portarli al forno. Sui tavoli di legno, l’ultimo rito, “l’untura”, fatta con delicatezza, spennellando i pani con uova sbattute; segue l’infornata. Dalla descrizione delle fasi di preparazione delle “biscottare” il ricordo più insistente è quello, che si ripete ancora oggi, del paese che si risveglia il giorno della festa inondato dal delizioso aroma delle ciambelle appena sfornate.
Territorio di produzione
Bomarzo (VT)