Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO
La natura ha lavorato con cesello e filigrana per creare quelle piccole rosette di colore verde che, strette le une alle altre, salgono fino a formare una pigna perfetta. Presente sul mercato da metà ottobre a fine marzo con cicli di coltivazione autunnali, autunno-invernali, primaverili, il Broccolo romanesco presenta una pianta vigorosa, a portamento eretto, con fogliame di colore verdebluastro, ottima resistenza ai lepidotteri e alla peronospora; corimbo di colore verde intenso di forma piramidale, fioretti, omogenei nel colore e nella forma, ottimamente chiusi alla base della testa. Vengono utilizzate piante appartenenti a popolazioni locali o ibridi F1 ottenuti sempre da ecotipi locali, entrambi riconducibili alla tipologia Romanesco. Le cultivar si possono dividere in tre categorie: precoci, medie e tardive.
METODO DI PRODUZIONE
Nel mese di luglio inizia la preparazione del terreno, argilloso e fertile, per la messa a dimora delle piantine. Successivamente si eseguono: l’aratura, ad una profondità di 40- 50 cm, l’estirpatura e la fresatura. Le piantine di Broccolo romanesco vengono trapiantate in pieno campo a partire dal 10 agosto (varietà precoci) e ai primi di ottobre (varietà tardive). Il sesto d’impianto prevede file singole distanziate tra loro di circa 1-1,2 m, mentre lungo la fila la distanza tra una pianta e l’altra si aggira intorno ai 60 cm. L’irrigazione avviene con il sistema a pioggia con turni di 10-15 giorni. La concimazione viene efettuata dopo circa 30 giorni dal trapianto. I trattamenti antiparassitari e fitosanitari vengono efettuati 1-2 volte durante il ciclo di coltivazione. La raccolta, eseguita manualmente, avviene, a seconda delle varietà, da metà-fine ottobre in poi, e precisamente 80 giorni dopo il trapianto, 110-140 giorni dopo il trapianto, 140-200 giorni dopo il trapianto. Il prodotto viene raccolto “coronato” da molte foglie e posto in cassette per la vendita.
CENNI STORICI
Ortaggio poco aristocratico, il Broccolo romanesco non ha timore di dichiarare la sua età. Fin dai tempi del console romano Cincinnato, che lo coltivava nel suo orticello, Roma lo tenne in grande considerazione sulle sue mense. Catone raccontava di mangiarlo crudo con l’aceto; Plinio il Vecchio consigliava di nutrirsi di broccoli domestici quale cibo genuino e salutare. Catullo si impegnò addirittura in una invettiva al Senato in difesa del prezioso ortaggio. Cicerone sosteneva che possedesse tutti e sette gli elementi individuati da Pitagora come base per l’equilibrio degli organismi viventi: caldo, freddo, umido, secco, dolce, amaro e acre. L’importante ruolo alimentare, la facilità di coltivazione, le sue proprietà nutritive e, soprattutto, il costo ridotto ne facevano il protagonista dell’alimentazione quotidiana del popolino, ma forse tanta quotidianità risultava talvolta indigesta, tanto che il celebre romanziere francese Stendhal, nelle sue Passeggiate Romane, si rammarica disturbato dell’ “odore di broccolo marcio che avvelena la bellissima via del Corso”. Infine sul dilagante odore di cavoli bolliti, che si espande nei caseggiati popolari, si trovano pagine e pagine nei romanzi dell’Ottocento, spesso per descrivere contesti ambientali non troppo edificanti. Ma nonostante questa cattiva fama, il cavolo non ha mai smesso di essere apprezzato sulle tavole e non solo su quelle dei meno abbienti. Nel 1834, Giuseppe Gioacchino Belli, nel suo sonetto “Er Testamento Der Pasqualino” definisce l’ortolano “Tozzetto”, in riferimento al torso di Broccolo romanesco da lui coltivato e venduto.
Territorio di produzione
Provincia di ROMA
Ricotta secca PAT Lazio
La sua presenza storica nella produzione e nei mercati locali è plurisecolare e riscontrabile da documenti storici. La Ricotta secca è citata nell’Atlante dei Prodotti Tipici: “I Formaggi”, redatto dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (1991), anche se si fa riferimento solo alla ricotta secca prodotta in provincia di Rieti.
Ricotta viterbese PAT Lazio
Ricotta di pecora e capra dei Monti Lepini PAT del Lazio
Ricotta dolce ottenuta dal siero della lavorazione di latte ovino e caprino, con aggiunta di una minima percentuale di latte ovi-caprino al momento della coagulazione. Si presenta con una struttura grumosa, asciutta e compatta, pezzatura da 0,5 a 1 kg, forma tronco-conica, sapore dolce, mai salato.