Calamaro di Saccaleva PAT Friuli Venezia Giulia

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Friuli Venezia Giulia

Mollusco allo stato fresco, pescato con il sistema a circuizione con fonti luminose.

Calamaro di Saccaleva PAT

Metodo di lavorazione, conservazione e stagionatura

Viene catturato vivo, di notte , attratto dalle forti luci installate su particolari imbarcazioni attrezzate di generatori di corrente e pescato per mezzo di una ampia rete sacco. Appena il banco di calamari attratto è consolidato, l’imbarcazione cala la rete attorno al branco recingendolo.

Con una particolare manovra di salpamento della rete, iniziata con la chiusura degli anelli fissati al fondo della rete, i calamari vengono imprigionati nella rete a forma di un grande sacco che viene progressivamente recuperato.

Per la particolare metodica di pesca utilizzata, il calamaro pescato si presenta vitale, perfettamente integro, senza alcun segno di pressione, scorticatura o altro.

Appena i calamari pescati vengono issati a bordo, vengono immessi in capienti contenitori, a contatto con acqua ghiacciata ( acqua di mare e ghiaccio in proporzione 2:1).

Dopo una quindicina di minuti, il tempo necessario per permettere al mollusco catturato di morire naturalmente e raffreddarsi, i calamari vengono prelevati dai contenitori di baiatura, vengono cerniti e confezionati, stivandoli manualmente nel senso della lunghezza della cassa e con il ventre in basso, in cassette di polistirolo, in peso variabile e corrispondente alle modalità maggiormente richieste dal mercato ( mediamente da 6 a 8 kg/cassetta).

Per mantenere vivo il colore e la naturale lucentezza dei calamari viene assolutamente bandito il contatto diretto con il ghiaccio. Se  ritenuto necessario, il ghiaccio viene depositato sopra i calamari ma diviso da essi con un foglio protettivo di polietilene.

I calamari, così ottenuti, vengono sbarcati ed avviati alla commercializzazione nelle prime ore della mattina, dopo solo alcune ore dalla pesca.

Materiali, attrezzature usate per la preparazione e condizionamento

Tutti i materiali impiegati sono conformi alla normativa europea in fatto di igiene e sicurezza degli alimenti.

La rete è costituita da materiali sintetici (maglie con nodo in nylon ad alta tenacità).

Il contenitore di baiatura è di vetroresina rivestita da gelcoat o in plastica adatto al contatto con generi alimentari.

Le cassette di confezionamento sono in polistirene monouso adatte a contenere alimenti. 

Locali di lavorazione, conservazione e stagionatura

L’area di lavoro dell’imbarcazione da pesca interessata alle fasi di trattamento e condizionamento del calamaro è il ponte di coperta in corrispondenza dei cassoni di baiatura situati nella parte centrale dell’imbarcazione.

Un apposita copertura isolante  posta in modo fisso sopra l’area di lavorazione permette una idonea protezione in caso di condizioni meteomarine sfavorevoli (pioggia, vento, spruzzi ecc.).

A lato dell’imbarcazione è presente un contenitore coimbentato frigorifero ( ghiacciaia). Le cassette per il pesca sono stoccate a lato della ghiacciaia e coperte con telone plastico.

Le attrezzature di  selezionatura sono di acciaio inox.

L’imbarcazione, regolarmente autorizzata ed efficiente, è in possesso delle prescritte dotazioni di sicurezza, e dispone di  adeguati mezzi di illuminazione.

Le operazioni di pesca e lavorazione vengono eseguite tenendo conto dei precetti delle Buone Prassi Igieniche.

Prove che il prodotto esiste da almeno 25 anni

Il Golfo di Trieste, rappresenta da sempre un  territorio di riproduzione dei calamari e deposizione delle uova. Durante il periodo autunno – invernale, da settembre – ottobre e fino a tutto aprile, grossi sciami di calamari, provenienti dalle acque profonde dell’Adriatico, si spingono  sottocosta per accoppiarsi.

Classici esempi sono le frequentissime spire che possono essere osservate sulle corde degli impianti di mitilicoltura triestini, situati a poche centinaia di metri dalla costa.

La pesca del calamaro con la saccaleva, ha origini lontane: iniziata come succedanea a quella più famosa e praticata pesca delle acciughe e delle sardine, è diventata, soprattutto nel periodo autunnale ed invernale (quando nel Golfo le specie ittiche pescabili erano poche) l’attività principale di decine di saccaleve.

L’introduzione di questa tipologia di pesca nel Golfo di Trieste risale al periodo successivo al primo conflitto mondiale, all’inizio degli anni venti, quando nel Golfo di Trieste venne introdotto l’uso delle saccaleve ad anelli ad opera di pescatori napoletani giunti a Trieste, ormai italiana, per questioni di lavoro o leva militare.

Dal dopoguerra, con la perdita dell’Istria e della costa dalmata da parte dell’Italia, gran parte dei pescatori abitanti lungo le coste, si trasferirono a Trieste e nell’area costiera isontina, spesso con le loro imbarcazioni e le attrezzature da pesca.

Nuove barche, quindi, con relativo personale specializzato, iniziarono l’attività di pesca nel Golfo di Trieste, portando al settore peschereccio locale, esperienza e innovazione  tipiche dell’area orientale adriatica.

Tipicità della saccaleva

La tipicità della saccaleva, caratteristica e predominante delle coste istriane e dalmate, ebbe grande impulso e successo, trasformando di fatto tutto il settore peschereccio locale, che,  in pochi anni, riversò verso questa tipologia di pesca gran parte delle barche locali, utilizzate fino a quel momento per la pesca del tonno, ormai in declino.

Gli anni settanta furono fulcro di pesche sempre maggiori, grazie a nuove tecniche di costruzione delle barche, studiate anche in funzione dei nuovi allestimenti  meccanico-elettrici in coperta con la predisposizione di strutture metalliche laterali cui venivano fissati  dei cappelloni metallici cui scopo era la protezione delle lampade dalla pioggia e distribuire, concentrandolo, il fascio di luce nell’acqua.

L’acquisto di generatori sempre più potenti, permettevano alle barche di pescare anche durante le fasi di luna piena, allungando così la stagione di pesca e la redditività dei pescatori.

E’ in questo contesto ed in questo periodo che la pesca del calamaro è diventata parte integrante e specifica della marineria locale, con la costruzione di reti specifiche per la pesca del prelibato mollusco.

Le innovazioni hanno permesso alle barche operanti nel Golfo di Trieste di diventare estremamente efficienti e competitive rispetto a altre tipologie di pesca operanti nei compartimenti marittimi vicini, con l’ineguagliabile aggiunta di avere a disposizione una tecnica di pesca estremamente selettiva e tempi di pesca rapidissimi che permettono di portare al mercato un prodotto di qualità incomparabile, ma allo stesso tempo caratterizzate da regole e procedimenti lavorativi rimasti pressoché immutati.

Territorio: Il Compartimento marittimo di Trieste, da Punta Sottile (Muggia) a Baia di Panzano (Duino Aurisina), e comprendente i comuni di Muggia, Trieste e Duino Aurisina.

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