Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE
Formaggio fresco a latte intero crudo o pastorizzato di capra. Di piccola pezzatura intorno 100-500 g. La forma è cilindrica (diametro 8 -12 cm) e lo scalzo è alto 3-6 cm. La pasta è di colore bianco niveo; è morbida, ma compatta, priva di occhiature e facilmente fusibile in bocca Il profumo e il sapore ricordano il latte caprino pur rimanendo delicato e dolce, mai eccessivamente ricino. Il prodotto può essere stagionato da pochi giorni sino a 2 – 3 mesi.
Metodo di preparazione
Si impiega latte caprino intero, crudo o pastorizzato, di due o più munte. Si usa caglio animale di vitello in quantità sufficienti a coagulare in 30-60 minuti (da 20 a 40 cc per 100 litri di latte), con una temperatura variabile da 35 a 38 °C. La rottura della cagliata, di norma con lira, viene effettuata con un primo taglio a croce seguito da una breve sosta oppure con un unico taglio sino a dimensione del coagulo di noce/nocciola. Seguono brevi agitazioni per far rassodare leggermente la pasta senza perdere troppo siero per evitare cagliate troppo asciutte. La cagliata viene estratta e sistemata direttamente negli stampi; segue una “stufatura” con alcuni rivoltamenti a temperatura ambiente per alcune ore, senza pressatura. Si effettua una salatura a secco con sale fino disposto a distanza di alcune ore sulle due facce; è possibile anche una salatura in salamoia. Si stagiona il prodotto in cantine adibite all’uso oppure in celle di stagionatura. In caso di sviluppo di muffe grigie si lavano le forme con acqua o acqua e sale. La durata della stagionatura è varia, dai pochi giorni (minimo una settimana) ai 60 gg. in forme superiori al chilogrammo.
Storia
Le capre nelle zone più impervie del Piemonte venivano già allevate nell’antichità. Sono numerosi i documenti storici che attestano la produzione di caprini in Piemonte da secoli e lo si evince anche dalle gabelle sui prodotti, dalle statistiche economiche, dalle relazioni dei controllori di Casa Reale, dai conti della spesa dei nobili, ecc… La tecnica casearia riprende le stesse modalità della caseificazione con latte vaccino adeguata al latte di capra con l’identità della piccola pezzatura.
Curiosità
Con il nome Caprino Presamico Piemontese si vuole raggruppare tutte quelle tradizioni casearie caprine, non puntualmente definite da un nome storico e da una storica tecnologia produttiva, ma tradizionalmente presenti sul territorio piemontese. Sono quasi sempre quei formaggi che genericamente vengono definiti in dialetto piemontese “Tuma o Tumin ‘d Crava”. La caratteristica essenziale è la tecnologia produttiva, riconducibile al termine presamico e quindi a delle distinte caratteristiche organolettiche.
Polenta dolce biellese o Polenta d’Ivrea PAT
La polenta dolce biellese, che nella zona di Ivrea è chiamata polenta d’Ivrea, è una vera e propria torta rotonda, spessa pochi centimetri e che si serve a fette. Si differenzia dalle polentine dell’astigiano soprattutto per la presenza della farina di mais tra gli ingredienti. La superficie della polenta dolce è ricoperta di confettura a…
Fugascina di Mergozzo PAT
La fugascina di Mergozzo è un dolce piatto, abbastanza grasso, a base di burro, uova, farina e zucchero, e quindi come base è una specie di pasta frolla, ma con l’aggiunta di marsala, limone e lievito secco naturale. Il colore è dorato e il profumo molto complesso. Si lavora come una pasta frolla, si spiana…
Salsiccia di riso PAT
La salsiccia di riso è detta anche salame bastardo o salame dei poveri. L’impasto contiene riso bollito, cotiche, pancetta, sale, aglio, vino e sangue di maiale.