Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO
La Castagna Rossa del Cicolano si ottiene da fustaie di castagno da frutto appartenente alla specie Castanea Sativa Mill. varietà conosciuta come “Rossa del Cicolano”. Di taglia superiore rispetto ai marroni e alle altre castagne, la Rossa del Cicolano presenta numero di frutti per riccio non più di tre; forma rotondeggiante e globosa, apice provvisto di tomento, con torcia anch’essa tomentosa; cicatrice ilare di forma rettangolare, generalmente convessa e di colore più chiaro del pericarpo. Il pericarpo è di colore marrone rossiccio che si scurisce dopo la curatura, ilo rettangolare color nocciola, episperma con introflessioni più o meno estese all’interno della polpa, seme di colore bianco, croccante, sapore delicato e dolce. La Castagna Rossa del Cicolano può essere commercializzata fresca o trasformata: secca in guscio; sgusciata, intera o sfarinata; in marmellata e crema di castagne, ottenute con la tecnica tradizionale locale.
METODO DI PRODUZIONE
La coltivazione della Castagna Rossa del Cicolano si sviluppa lungo la Valle del Salto e del Turano, nella parte sud-orientale della provincia di Rieti. Nella zona è stata rilevata una densità media di circa 125 piante/ha (con diametro medio di 60 cm), con valori minimi di 81 piante/ha (diametro medio di 73 cm) e valori massimi di 169 piante/ha (con diametro medio di 38 cm). Nei vecchi castagneti tradizionali la densità scende a valori di 60 piante ad ettaro. L’operazione colturale che riveste maggiore importanza è la potatura eseguita in media ogni cinque anni. Durante la stagione estiva vengono efettuati: la ripulitura dei castagneti, lo sfalcio delle erbe e degli arbusti infestanti e l’eliminazione del materiale di risulta. In alcuni casi viene praticato il taglio delle piante deperenti e il successivo innesto dei polloni.
La raccolta del frutto viene efettuata manualmente e generalmente ultimata entro la seconda decade di novembre. Le castagne appena raccolte vengono trasportate in azienda o consegnate alla cooperativa dove il prodotto viene pesato e selezionato manualmente e, successivamente, immesso in silos di acciaio inox o di legno della capacità di 80/100 hl per la curatura in acqua per 5 gg. Successivamente le castagne vengono svuotate in casse di legno per l’asciugatura che dura in media 5/6 gg. Prima di essere messe in commercio vengono sottoposte alla spazzolatura, lucidatura e calibratura. La calibratura ed il confezionamento sono manuali, mentre il riempimento dei sacchi è automatico.
CENNI STORICI
Lungo la valle del Salto e del Turano, nella parte sud orientale della provincia di Rieti in cui è presente la Riserva Naturale dei Monti Navegna e Cervia si trova una delle varietà di castagne di maggior pregio a cui, specialmente nel passato, è stata fortemente legata l’economia della vasta area montana del Cicolano.
Da questo dolce frutto autunnale la civiltà contadina e montanara ricavava un tempo il sostentamento per tutta la famiglia. Dietro alla grande diffusione odierna di questo frutto c’è una storia risalente all’età del bronzo. A quest’epoca, infatti, risalgono le prime tracce di resti carbonizzati di castagne, in un sito, in grotta, in località Val di Vani, nel comune di Pescorocchiano.
Nel Medioevo la coltura ebbe la massima espansione sul territorio della Provincia, ponendo i presupposti per il suo consolidamento in età moderna. Fin dall’VIII secolo, infatti, la castagna divenne una componente principale della dieta delle popolazioni montane della Provincia, integrando o sostituendo i cereali invernali e primaverili caratterizzati da basse rese. In parallelo un importante incremento ebbe anche il castagno da legno utilizzato come elemento fondamentale delle strutture degli edifici. Lo scrittore Plinio Dominici, in uno dei suoi libri «Marcetelli Terra dei Marsi nell’Alta Sabina» dedica un capitolo alla raccolta delle castagne dove recita «Alla raccolta delle castagne la popolazione partecipa numerosa, ed ogni famiglia utilizza i più giovani. Una volta nel castagneto i ragazzi si divertivano un mondo perché con le castagne giocavano a “gnoccu” e a “castellittu”».
Territorio di produzione
Provincia di Rieti: Accumuli, Amatrice, Ascrea, Borbona, Borgorose, Cantalice, Cittareale, Collalto Sabino, Collegiove, Concerviano, Fiamignano, Longone, Marcetelli, Nespolo, Orvinio, Paganico, Pescorocchiano, Petrella Salto, Posta, Pozzaglia, Roccasinibalda, Turania, Varco Sabino
Ricotta secca PAT Lazio
La sua presenza storica nella produzione e nei mercati locali è plurisecolare e riscontrabile da documenti storici. La Ricotta secca è citata nell’Atlante dei Prodotti Tipici: “I Formaggi”, redatto dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (1991), anche se si fa riferimento solo alla ricotta secca prodotta in provincia di Rieti.
Ricotta viterbese PAT Lazio
Ricotta di pecora e capra dei Monti Lepini PAT del Lazio
Ricotta dolce ottenuta dal siero della lavorazione di latte ovino e caprino, con aggiunta di una minima percentuale di latte ovi-caprino al momento della coagulazione. Si presenta con una struttura grumosa, asciutta e compatta, pezzatura da 0,5 a 1 kg, forma tronco-conica, sapore dolce, mai salato.