Prodotto Agroalimentare Tradizionale del PIEMONTE
Il castagnaccio è un dolce povero, relativamente semplice da preparare, e talmente antico che non è possibile risalire a una ricetta originale. Originariamente, alle castagne lesse e passate al setaccio, si aggiungeva un poco di zucchero, olio, pezzi di frutta secca, come prugne, uvetta o pinoli, e si infornava senz’altro. Essendo un dolce popolare, col tempo è stato arricchito a piacere con miele, farina di grano o granoturco, scorze d’arancio, latte, rhum, amaretti e cacao. Quasi sempre, però, è presente qualche foglia di rosmarino che, nella credenza popolare, aveva il potere di fare innamorare chi mangiava il castagnaccio. Le foglioline di rosmarino avrebbero una valenza amorosa e sarebbero foriere di future nozze.
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Naturalmente questo dolce a base di castagne è più diffuso dove la cura dei boschi ha permesso di raccogliere in abbondanza questo straordinario frutto, da sempre considerato in Piemonte come la riserva d’emergenza per i periodi di crisi. È tradizionale quindi delle zone collinari e montane, e particolarmente diffuso nelle province di Torino, Cuneo e Biella. Le castagne, fresche d’autunno o secche d’inverno, sono sempre state un alimento importante; la loro versatilità culinaria è veramente notevole, e il castagnaccio è una delle tante varianti con cui presentarle. La preparazione casalinga è molto diffusa, ma si trova in vendita in alcune panetterie e pasticcerie.
Caratteristiche
- Consistenza: disomogenea, senza alveolatura, compatto e pesante; a volte con frutta secca all’interno o sulla superficie.
- Odore: predominante di castagne e frutta secca.
- Colore: marrone più o meno chiaro, superficie più scura.
- Sapore: complesso, poco dolce, allappante tipico delle castagne.
- Dimensioni: torte molto piatte rotonde o rettangolari di varia pezzatura, da 300 g a 1 kg. Scalzo 1-3 cm.
Metodiche di lavorazione
Come già detto, una ricetta che rappresenti il prodotto tradizionale non esiste, diamo qui di seguito le indicazioni per una delle preparazioni più elaborate, della zona di Villar Focchiardo (TO), ricordando che il castagnaccio è un prodotto versatile e che si presta a interpretazioni personali e modifiche. Per preparare il castagnaccio occorrono quindi 400 gr di “Marroni” lessati e passati al passaverdura oppure 300 g di farina di castagne, 60 g di pinoli, 100 g di uvetta, 100 g di scorza d’arancia candita, una manciata di gherigli di noci, 3 cucchiai di zucchero, 1 bicchiere di latte, 1 bicchiere di acqua, 2 cucchiai di olio d’oliva, un pizzico di sale, un rametto di rosmarino.
In attesa della preparazione, occorre lavare l’uvetta e farla rinvenire in acqua tiepida lasciandola ammorbidire per circa 20 minuti. In una ciotola, si mescola il purè di marroni (o la farina) con lo zucchero, un pizzico di sale, l’olio, il latte e l’acqua, fino ad ottenere un impasto liscio e fluido. Si aggiungono metà dei pinoli e dell’uvetta ben scolata. Si versa, infine, il composto così ottenuto in una tortiera precedentemente imburrata, lo si stende sul fondo in uno strato omogeneo. Si disperdono sulla superficie i rimanenti pinoli, l’uvetta ed un po’ di rosmarino triturato grossolanamente.
Scaldato il forno a 180 °C, si inserisce la teglia e si lascia cuocere il dolce per circa 40 minuti. Per evitare che si formi una crosta troppo dura, e che la frutta secca di decorazione bruci, si può coprire il castagnaccio con un foglio di alluminio durante i primi 30 minuti di cottura. Si lascia raffreddare in forno e si serve il dolce tiepido o freddo.
ZONA DI PRODUZIONE
Il castagnaccio è un dolce tradizionale delle vallate del Piemonte. Prevalentemente preparato in casa, è anche prodotto da alcune gastronomie, panetterie e pasticcerie.
TRADIZIONALITÀ
Questa torta si preparava principalmente ne, ma anche al termine della stagione, quando era evidente che le scorte di farina erano sufficienti per arrivare al nuovo raccolto. Ad oggi questa stagionalità è mantenuta. La sua presenza nei ricettari di cucina piemontese è molto diffusa, ma la storia dell’origine del dolce non è documentata. Anche in toscana si consuma un dolce simile.
Supponiamo che l’origine del castagnaccio sia antica almeno quanto la coltivazione delle castagne; in Valle Susa, uno dei centri di eccellenza del marrone piemontese, la coltivazione di castagne fu introdotta nel XIII secolo ad opera dei monaci certosini presenti a Montebenedetto (Villar Focchiardo). La coltivazione si attestò nel corso dei secoli, tanto che Villar Focchiardo esportava, nella metà del ‘700, 1.696 sacchi di castagne, coltivando 574 giornate (più di 200 ettari) di castagneti di buona qualità.
Bibliografia
- Anonimo, Il Re Dei Cuochi, Salani Ed. 1905
- Giuseppe Prato, La vita economica in Piemonte a mezzo secolo XVIII, Torino 1908
- L. Carnino, Il marrone è servito, Ed Melli, Borgone di Susa, 1986
- Tavo Burat, Giorgio Lozia, L’an-ca da fé (la casa del fuoco), Giancarlo De Alessi editore, Biella, 1989
- Elma Schena, Adriano Ravera, La Cucina Di Madonna Lesina, L’Arciere, Cuneo, 1994
- Mario Busso, Carlo Vischi, Dolce & Piemonte, Associazione Vignaioli Piemontesi, 2000
- Giancarlo Ricatto, I Dolci e le Confetture Piemontesi, Editrice Artistica Piemontese, 2003
- Mario Marsero, Dolci e delizie subalpine: piccola storia dell’arte dolciaria a Torino e in Piemonte, Edizioni Anteprima, 2004
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