Castagne del Baldo PAT Veneto

 Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Veneto

Castagne del Baldo.
La castagna del Baldo, Castanea sativa Mill., della famiglia della Fagacee è un frutto amidaceo di forma rotondeggiante con pasta farinosa di color bianco e rivestita da una sottile pellicola bruna e grinzosa. Racchiusa in una buccia marrone, con apice appuntito, è protetta da un riccio ricoperto di aculei nel quale si possono trovare 2 o 3 frutti. Le “castagne del Baldo” devono essere intere, sane, turgide, asciutte, pulite, di forma ed aspetto normale.

La castanicoltura si attua con metodi assolutamente naturali, senza effettuare trattamenti antiparassitari e chimici sulle piante, cosicché i frutti risultano essere assolutamente genuini. A maturazione avvenuta, i ricci che contengono le castagne vengono bacchiati, secondo metodi tradizionali, con lunghe pertiche di canna e, una volta caduti a terra, sono raccolti, accumulati e conservati in “ricciaia”, a terra. La conservazione si attua per un periodo molto limitato, in quanto la castagna è un prodotto da consumare fresco, e pertanto va avviata alla commercializzazione entro pochi giorni.

Le castagne sono prodotti dal sapore intenso, adatto ad un consumo fresco, previa cottura (in forno, lessate) ma che si sposa perfettamente con altri sapori, conferendo a vari piatti un gusto agrodolce.

Tradizionalità

La presenza del castagno nel veronese, in particolare nella zona d’interesse delle “castagne del Baldo” è antica e lo testimoniano sia la documentazione storica sia la presenza di alberi secolari. Nel 1566 Francesco Calzolari, studioso ed erborista, nel suo “Viaggio di Monte Baldo della magnifica città di Verona” scriveva: “…delle antiche et frondute selve di faggi, elce e quercie, alcune di castagne sole, altre di pini ed abeti”. Giuseppe Solitro, a fine dell’Ottocento, riportava nel suo volumetto “Benaco” (Salò 1897): “col noce confuso, e più alto ancora, sulla cima già ardua, cresce gigante il castagno, col nocchiuto pedale e le tortuose radici che lo tengono saldamente confitto a terra.

Nei prati verdeggianti si leva solitario o a gruppi, e protegge dalla pioggia repentina e dal cocente raggio del mezzodì il pastore e la mandria che gli chiedono ricovero e ristoro”. Interessante è anche ciò che afferma Luigi Sormano Moretti (Firenze 1904) nella sua monumentale opera Monografi a della provincia di Verona: “ Se non che tra i boschi a latifoglie devonsi qui specialmente distinguere i castagneti, dei quali, livellandosi ad altitudini che oscillano tra 830 ed 850 metri per discendere giù sino circa ai metri 250, hannovene, in Provincia, non pochi….

Tali boschi, dei quali ve n’ha dunque anche fuori la zona di stretta vigilanza forestale, sono vantaggiosi dando diversi e buoni profitti. Hanno castagni di varietà o selvatica che di propriamente castagne o domestica le quali produce marroni e prosperano entrambe nelle località al riparo dai venti settentrionali.”

L’introduzione di altre specie arboree, il turismo e l’industrializzazione hanno provocato un abbandono della coltura dal dopoguerra agli anni ’70. Dall’inizio degli anni ’80 si è rinnovato un certo interesse verso il castagno. A San Zeno di Montagna, da oltre un trentennio, nella seconda domenica di novembre si tiene la “Sagra delle Castagne”, che richiama dal veronese numerosissimi visitatori.

Territorio interessato alla produzione Intero territorio del comune di San Zeno di Montagna, provincia di Verona.

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