Prodotto Agroalimentare Tradizionale del LAZIO
Le piante di ciliegio (Prunus avium L.), coltivate nel comune di Celleno appartengono a varietà di antica tradizione locale, del tipo Maggiolina, Ravenna a gambo corto, Ravenna a gambo lungo e, in maniera minore, Buonora e Cuore (Durona). Presentano alberi mediamente vigorosi, a portamento espanso. I frutti si presentano, in genere, di pezzatura medio-piccola, con polpa poco soda, dal sapore particolarmente gradevole.
Maturano tra la fine di maggio e la seconda decade di giugno. La coltura, per lo più consociata, predilige i terreni sciolti, tendenti al sabbioso, tipici della collina a sud-est di Celleno. A causa dell’orografia collinare, tutte le operazioni (potatura invernale e diserbo) non sono meccanizzate e anche la raccolta è efettuata a mano. Le zone maggiormente vocate sono situate a sud- est di Celleno e
comprendono tutto il territorio di S. Angelo e di Roccalvecce. Qui troviamo terreni di origine vulcanica, di scarsa coerenza e stratificati, ma anche terreni di origine sedimentaria, di natura argillosa o argillo-sabbiosa. Le varietà Maggiolina, Ravenna a gambo corto, Ravenna a gambo lungo, Buonora e Cuore (Durona) sono varietà autoctone a rischio di erosione genetica, tutelate dalla L.R. 1 marzo 2000 n. 15. Nella provincia di Viterbo altre varietà autoctone a rischio di erosione genetica sono la Bella di Pistoia, Morona, Biancona e Crognolo.
CENNI STORICI
La coltivazione del ciliegio nel territorio di Celleno ha radici antiche. La pianta viene introdotta nel Lazio al tempo dei Romani, dal proconsole Lucullo che la nota sulle sponde del Mar Nero, nei pressi del porto di Kerasos, mentre sta per imbarcarsi per far ritorno in patria dopo una lunga campagna militare. Giunto a Roma, in omaggio al luogo dal quale proveniva, le viene imposto il nome di “cerasus”. In seguito se ne difonde la coltura lungo la Valle del Tevere. Nel territorio in esame, le origini si possono far risalire al tardo medioevo, come coltura secondaria negli oliveti e nei vigneti. Se ne trova traccia nei protocolli notarili del XIV secolo.
Nel recente passato la coltura ha svolto un importante ruolo nella preservazione del territorio e del contesto socio-economico, come testimoniato dalla tradizionale Sagra. Fin dagli anni successivi il dopoguerra, Celleno e paesi limitrofi, noti per le ciliegie dolci, danno origine ad un commercio con ampi riflessi sull’economia delle aziende locali, grazie alla buona produzione globale della zona ed alle ottime caratteristiche qualitative del prodotto. Per valorizzare la coltura, nel 1960 viene inaugurata a Celleno la “Sagra delle Ciliegie”. Nonostante il successo, la buona partecipazione di pubblico, la risonanza dell’avvenimento, l’ultima edizione vede la luce nel 1972 a causa della gravissima crisi del settore, che rispecchia fedelmente quanto avviene in contesto nazionale.
Con coraggio, nel 1980 tale iniziativa viene ripresa a S. Angelo di Roccalvecce e, dopo un avvio non privo di difcoltà, è diventato nella prima domenica di giugno, un appuntamento fisso della cerasicoltura viterbese, grazie anche alla passione ed alla perseveranza dei coltivatori. Rimane eco dell’entusiasmo per il ritorno di quest’iniziativa in un articolo del 1982, comparso su un periodico locale a sfondo turistico, in cui si consiglia di fare scorta, prima di ripartire dal paese, di una delle varietà di ciliegie più pregiata, la maggiolina, cultivar ottima per la preparazione di ciliegie sotto spirito, scorta per l’inverno. Risale al 1967 la guida turistica del Volpicelli in cui si consiglia al turista in visita nel Lazio, di non lasciarsi scappare le Ciliege di Celleno. Dal 2003 la città di Celleno è divenuta “città delle ciliegie”. Nell’ambito della festa si è andata afermando in questi ultimi anni la gara di sputo del nocciolo di ciliegia.
Territorio di produzione
Celleno (VT)