- Regione: Piemonte
- Provincia: Alessandria (AL)
- Zona: Italia Nord Occidentale
- Popolazione Residente: 709 (M 343, F 366) 01.01.2023
- Densità per Kmq: 55,0 – Superficie: 13,30 Kmq
- CAP 15022 – Presisso Telefonico 0131
- Codice ISTAT: 006015 Catastale: A793
- Denominazione abitanti: bergamaschi
- Santo Patrono: San Giacomo – Festa Patronale 25 luglio
Storia
La particolare posizione del paese di Bergamasco, lungo l’asse del Belbo, al confine fra pianura alessandrina e colline del Monferrato, quasi a metà strada fra Nizza e Alessandria, ha tutti i requisiti per essere definita “strategica” e dunque non stupisce che già in epoca romana l’area fosse oggetto di interesse per ragioni di presidio militare. Questa ipotesi ha trovato conforto nel 1985, con il ritrovamento di un sarcofago (detto “Sarcofago Calventius”) risalente al II secolo dopo Cristo, in un cortile della cascina S.Cristoforo.
Non ci sono riscontri per sostenere che la presenza romana avesse carattere residenziale, ma è comunque corretto affermare che Bergamasco può contare su una storia millenaria: il nome del paese, infatti, viene citato per la prima volta in un documento del 1014, “Monumenta Germaniae Historica”. Bergamasco vi viene indicato con la definizione di “Castellum”, ovvero di insediamento permanente, circondato da mura a pianta quadrata, con quattro torri agli angoli e quattro porte. La porta carraia, principale accesso al paese, si trovava al termine di via Roma, nella zona denominata “Rambe”. All’inizio del XIII secolo, al pari di altri paesi, completò la sua fortificazione dotandosi di un fossato pieno d’acqua che lo circondava su tre lati, mentre sul quarto, attraverso dei riporti di terra, fu elevata una collinetta su cui venne costruito un castello.
Dal 1453, Bergamasco ottenne il privilegio di reggersi con statuti speciali, diventando di fatto un Comune a sé stante e non più una dipendenza di Incisa. Con la Pace di Lodi, divenne federato col Marchesato del Monferrato. A fine Quattrocento, un avvicinamento del marchese Oddone al ducato di Milano provocò la reazione dei Visconti, che decisero di muovere guerra al paese e occuparlo con il condottiero Gian Giacomo Trivulzio, che nel 1499 lo mise a ferro e fuoco.
Medioevo
Oddone riuscì comunque a mantenere il feudo rinnovando il proprio giuramento di fedeltà al marchese di Incisa, ma pagò a caro prezzo le proprie politiche avventuriste qualche anno dopo, nel 1513, quando decise di diventare vassallo dei Savoia
Il cambio di campo di Oddone diede al marchesato del Monferrato il pretesto per muovereguerra a Bergamasco, ed espugnare quindi la fortezza, facendone anche saltare le mura. Oddone e suo figlio Badone furono giustiziati.
Affidato temporaneamente al marchese Perbono di Oviglio, Bergamasco fu poi ceduto nuovamente al marchese del Monferrato e quindi, essendo questi morto senza figli, fu conteso fra i Savoia, appoggiati da Francesco I e i Gonzaga, sostenuti da Carlo V. Prevalsero questi ultimi, che affidarono il feudo ai loro alleati, i marchesi Moscheni.
In seguito alla morte di Carlo d’Asburgo, Bergamasco, per la sua posizione di confine, si trovò coinvolto nei numerosi conflitti fra Francesi e Spagnoli e passò più volte di mano, subendo anche contestualmente diversi saccheggi, specialmente ad opera dei Francesi, che fecero razzia nel paese per ben quattro volte, nel 1642, 1644, 1655 e 1657.
La situazione di incertezza politico-militare proseguì su questa falsariga fino al 1708, quando finalmente il paese fu ceduto ai Savoia con un trattato che pose fine a due secoli di guerre.
Da allora Bergamasco ha seguito passo passo le vicende della storia d’Italia. Per una più approfondita analisi delle vicende storiche del paese, consigliamo di consultare il volume “La Storia di Bergamasco”, realizzato dal bergamaschese Antonio Veggi
Cinta Muraria
Fra le vestigia storiche di Bergamasco merita un cenno la cinta muraria, ancora oggi parzialmente conservata (restano due lati e parte di un terzo) e in attesa di un recupero che possa consentire ai turisti di apprezzarne meglio il valore storico-culturale.
In origine la cinta contava su 4 torri d’angolo. Due sono andate perdute, ma ancor oggi, osservando dal rio Rosta il muro esterno di alcune case si nota come questo sia uguale al muraglione esistente lungo via XX settembre.
Fra le due torri rimaste, è visibile una torretta, aggiunta a difesa del palazzo marchionale.
Quasi certamente le mura furono fatte saltare nel 1514 al termine della guerra fra il Marchesato del Monferrato e quello di Incisa (di cui Bergamasco era parte).
Palazzo marchionale
Edificato fra il 1663 e il 1685, il Palazzo Marchionale di Bergamasco è, insieme alla chiesa di San Pietro, l’edificio di maggior pregio architettonico del paese.
Costituito da un unico corpo principale, con la sua facciata Nord, costeggia via IV novembre, mentre quella rivolta a sud si affaccia su un grande giardino, chiuso da un muretto impreziosito da una serie di archetti a tutto sesto. Il giardino, disegnato con la forma di un quadrilatero, copre una superficie complessiva di circa 430 metri quadrati, e al suo interno ospita un’ampia gamma di specie vegetali, fra cui non mancano alberi di pregio, fra cui cipressi, magnolie, betulle e addirittura tassi, sofore e cedri del Libano.
Dopo secoli di progressiva decadenza, il palazzo, dopo il passaggio all’attuale proprietario, lo scenografo Carlo Leva, ha conosciuto una serie di migliorie. Avendolo trovato in condizioni di degrado al momento dell’acquisto, Leva ha utilizzato le proprie conoscenze tecniche per restaurarlo e ristrutturarlo, nonostante i problemi causati dal terremoto del 2000 che ha lesionato l’edificio.
Il Palazzo Marchionale ospita oggi una collezzione di oggetti di pertinenza cinematografica, che Carlo Leva ha raccolto in 50 anni di lavoro nel mondo del cinema (come ad esempio i disegni per realizzare le scenografie del film di Sergio Leone “Il buono, il brutto e il cattivo”), che aggiunge ulteriori motivi di interesse per una visita turistica, che ci permettiamo di consigliare.
Oltre ai reperti cinematografici, di cui racconteremo in seguito, al piano terreno è possibile ammirare uno splendido portico colonnato, corredato di affreschi, e stanze voltate, anch’esse affrescate, ed una piccola, ma suggestiva, cappella interna. Un dipinto molto significativo, in cima alla prima rampa di scale, raffigura Nicolao Moscheni fratello del marchese.
Al piano superiore, un’altra ampia gamma di ambienti, con pareti stuccate e decorate, consente al visitatore di comprendere la magnificenza che caratterizzava il palazzo nel Sei e Settecento. Ogni anno nel mese di maggio il Palazzo Marchionale ospita uno dei concerti della rassegna “Echos”. Il Palazzo Marchionale è aperto dalla seconda domenica di giugno fino al 31 ottobre, ogni domenica dalle 15 alle 18,30. Visite fuori apertura possono essere concordate rivolgendosi al Comune.
Il tentato eccidio dei Moscheni
Sul piano storico, il palazzo fu teatro, proprio negli anni che segnarono il suo completamento, di un episodio molto famoso, che vale la pena raccontare. Già dalla metà del 1600 Bergamasco, passato ai Gonzaga, fu dato in feudo al marchese Giovanni Moscheni, nobiluomo di Alessandria, vedovo, con tre figli: Francesco, Vittoria e Gerolamo. Le cronache dell’epoca ne restituiscono un’immagine negativa: durissimo nell’applicazione delle leggi feudali, spesso faceva condannare a pene molto severe chi contravveniva al suo volere. Ad aggiungere ulteriori vessazioni e motivi di malcontento c’erano poi i suoi “bravi”, che si divertivano a terrorizzare i bergamaschesi.
Nel 1685 il marchese Giovanni condanna a pene detentive alcuni sudditi che, nel tentativo di ottenere grazia, si rivolgono al parroco di Carentino, Ortensio Faà di Bruno. Era questi un uomo ambizioso e piuttosto intrigante, che amava farsi apostrofare col titolo di “abate”.
Era amico dei Moscheni e già in passato era riuscito con la propria intercessione a ottenere la commutazione di alcune pene. Giovanni Moscheni però cominciava a guardarlo con sospetto, irritato dal suo crescente prestigio, e anche per questo stavolta preferisce negare la grazia, e anzi fece in modo che la condanna diventasse esecutiva al più presto. Il fallimento della mediazione, insieme alla consapevolezza del malcontento suscitato in paese dai soprusi del marchese, convince l’Abate che i tempi siano maturi per eliminare il signore uccidendo lui e tutta la famiglia.
Coinvolte alcune famiglie di rilievo del paese, si forma una congiura, che passa all’azione nella notte di Pasqua, il 14 aprile1686: legate insieme due scale, i congiurati si introducono nel Palazzo Marchionale sfruttando una finestra priva di persiane. L’agguato però non riesce: nel corso dell’attacco vengono uccisi un figlio del marchese (il piccolo Gerolamo, di soli 7 anni), la governante e due servitori, ma Giovanni Moscheni riesce a fuggire gettandosi in strada da una finestrella, tuttora esistente, cavandosela con una caviglia slogata dopo un volo di 6 metri; I congiurati intanto devastano il palazzo rompendo vetri e suppellettili e asportando denaro e numerosi oggetti preziosi.
Il successivo arrivo della forza pubblica, chiamata dal marchese, porta in soli 12 giorni all’individuazione di 45 congiurati, alcuni dei quali si danno alla macchia rifugiandosi nel vicino Bosco delle Sorti. Tutti gli aderenti alla congiura vengono condannati al bando dal Monferrato e alla confisca dei beni e se per caso fossero caduti nelle mani della giustizia avrebbero dovuto essere denudati, torturati e poi impiccati ed esposti come monito a tutti.
Tutti condannati, nessuno punito: i contumaci infatti per la maggior parte non si faranno più vedere in paese, e alcuni di loro – dietro pagamento di denaro – otterranno la grazia da parte dei Gonzaga. La passa liscia anche l’abate di Carentino, che in virtù della sua posizione di religioso, non viene perseguito. Morirà impunito nel 1709.
Comuni confinanti
- Carentino
- Bruno (AT)
- Castelnuovo Belbo (AT)
- Oviglio
- Incisa Scapaccino (AT)
Chiese e altri edifici religiosi belfortesi
- Chiesetta di San Pietro (XII secolo)
A Bergamasco sorge un castello privato (proprietario è stato lo scenografo Carlo Leva) che ospita un museo del cinema. È inserito nel circuito dei “Castelli Aperti” del Basso Piemonte. Nel 1985 a Bergamasco fu rinvenuto nella tenuta agricola di S. Cristoforo un sarcofago romano risalente al II secolo, utilizzato come abbeveratoio. In base all’iscrizione incisa, risulta appartenere a un liberto di nome Calventius, della tribù Papiria. Il reperto è ora conservato nell’atrio del municipio.