Prodotto Agroalimentare Tradizionale dell’Emilia Romagna
crucânt, cruclânt, scruclânt
Dolce a base di mandorle, zucchero, miele. Si mettono per pochi minuti le mandorle in acqua bollente, si spellano, si asciugano nel forno caldo senza far colorire. In una casseruola si fonde a fuoco dolce lo zucchero e, quando il caramello è color biondo chiaro, sempre rimestando con un cucchiaio di legno si aggiungono le mandorle, si amalgamano velocemente allo zucchero.
Si versa questa delizia marroncina su un piano di marmo (o di metallo) unto e, con una spatola o un coltello a lama larga, anch’essi unti, si “contiene” il caramello perché non si separi dalle mandorle. Col matterello, sempre unto, si spiana leggermente e’ crucânt assottigliandolo, poi si fa intiepidire, infine si taglia a rombi o a quadretti. Per renderlo più morbido, chi poteva sostituiva parte dello zucchero col miele, unendolo insieme alle mandorle allo zucchero già caramellato.
Tradizionalità
Nelle case dei romagnoli di ieri non mancava mai una nonna, una vecchia zia, che preparava il croccante per l’assoluta gioia dei più piccini della casa. Nella cultura del riuso, si conservavano i noccioli delle albicocche e delle pesche che, schiacciati accuratamente a fine estate per recuperare le mandorle, contribuivano alla preparazione del croccante. A queste ultime si sarebbero uniti pinoli guadagnati in occasione di qualche raro viaggio in pineta.
Aneddoti e proverbi
I bambini si mangiavano con gli occhi quella profumata distesa marroncina, mentre era lasciata raffreddare; e, quando si avvicinavano troppo, erano allontanati dalla mamma, che si faceva largo s’e’ garnatel, urlando (a San Piero) la rima di un gioco scherzoso: “La sposina la gira, la va: chi la tocca i la sintirà!”
Referenze bibliografiche
- Vittorio Tonelli, A Tavola con il contadino romagnolo, 1986 Grafiche Galeati;
- Giovanni Manzoni, Così si mangiava in Romagna, Walberti Edizioni 1977;
- Giovanna Savoldi, Le ricette della mia cucina emiliana e romagnola, Firenze 1980;
- Pellegrino Artusi, La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene, introduzione e note di Piero Camporesi, Torino, Einaudi, 1995
- Prima edizione «Nuova Universale Einaudi 1970;
- Liliana Babbi Cappelletti, Civiltà della tavola contadina in Romagna, 1993 Idealibri s.r.l. Milano;
Territorio di produzione
Provincie di Piacenza, Reggio Emilia, Forlì-Cesena
Fagiolo Gianetto PAT
SÖLA (TUMA, SOLA DELLE ALPI MARITTIME) PAT
Formaggio a pasta molle e forma parallelepipeda di varie dimensioni a base irregolare, con scalzo diritto o convesso irregolare, alto circa 3 cm. Il peso varia sensibilmente da forma a forma. Maturazione , stagionatura di almeno 3 mesi. Anche oggi la lavorazione è manuale, come da tradizione