Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Puglia
Fava da orto, Fava da mensa, Feve de quèzzele
In Puglia è molto diffuso il consumo dei semi di fava freschi. In primavera, quando sono disponibili le fave fresche, che sono dolcissime, una cena molto gustosa è rappresentata da un boccone di pane che accompagna un mucchietto di fave tolte dal baccello là per là
VARIETÀ di Fave
FAVA DI CARPINO
L’utilizzo è esclusivamente alimentare, e lo scarto viene utilizzato come alimento zootecnico. La Fava di Carpino di colore verde alla raccolta, diventa color sabbia nel tempo. A differenza di altre fave coltivate nel Gargano, quelle di Carpino si cuociono più facilmente grazie al tipo di terreno in cui vengono coltivate.
Le fonti storiche che parlano della coltivazione di fave in Capitanata risalgono ai primi anni dell’800. Tra questi Baselice, storico foggiano, in una relazione del 1812 descrive sommariamente l’agrotecnica con cui questa fava veniva coltivata. Gli appezzamenti destinati alle fave di Carpino sono in genere molto piccoli, in media 0,5 ha, e la produzione è modesta. Sovente la coltivazione avviene in consociazione con oliveti e frutteti familiari.
FAVA LAMBOLA
La fava “Iambola” tradizionalmente veniva indicata come fava da orto, poiché è caratterizzata da un baccello molto voluminoso e da semi di grosse dimensioni, che la rendono adatta al consumo fresco come fava novella. Ciò non toglie la possibilità di utilizzare questa varietà anche come legume secco, nelle numerosissime ricette tradizionali pugliesi che vedono la fava come ingrediente principale, spesso ridotta in purea ma anche intera con la buccia in abbinamento a svariati ortaggi.
La varietà Iambola è conosciuta nel territorio barese sin dal secolo scorso, come testimoniato da Giovanni Cozzolongo nel libro “La fava” del 1899. L’autore indica questa varietà come la fava da orto, poiché si distingue dalle altre varietà per le notevoli dimensioni di baccelli e semi, rendendola preferibile per il consumo come ortaggio fresco. La fava ha avuto notevole importanza nell’alimentazione contadina pugliese, infatti nella cucina locale sono moltissime le preparazioni a base di fava: viene consumata come fava fresca, sia cotta che cruda, e abbinata spesso a cicorie ed altri ortaggi; e secca soprattutto per preparare il famoso purè. La fava oltre ad avere fondamentale importanza come alimento è anche importante nelle rotazioni colturali. In quanto pianta miglioratrice, spesso è inserita in precessione ai cereali.
FAVA ROMASTELLI
La fava Romastelli è ben adattata all’areale di coltivazione e non richiede irrigazione. Avversità biotiche: funghi e insetti. Sono stato rilevati alcuni caratteri relativi alla qualità della granella secca per le annate agrarie 2015/16 e 2016/17 presso l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse di Bari e il DiSAAT dell’Università degli Studi di Bari. I valori medi registrati sono: contenuto proteico 27,9 g/100 g; tegumento 12,2 g/100 g; ceneri 5,8 g/100 g. Questa fava è richiesta a livello locale perché apprezzata per le caratteristiche organolettiche e la buona attitudine alla sgusciatura. Gli agricoltori intervistati la definiscono più tenera e saporita rispetto alle più diffuse varietà commerciali. Un agricoltore intervistato ricorda che nelle aziende in cui ha lavorato, questa fava era utilizzata, mescolata a castagne e carrube, per l’alimentazione animale prevalentemente cavalli utilizzati per i lavori nei campi e in misura minore per l’alimentazione dei maiali.
La presenza di coltivazioni di diverse varietà di fave in Puglia è documentata da vari testi pubblicati fra il XVIII e XIX secolo. De Cesare (1859) riporta che le fave pugliesi erano di ottima qualità e le suddivide in tre classi a seme grande,mezzano e piccolo. Le fave costituivano un importante fonte di proteine per larghe fasce della popolazione che non potevano permettersi un consumo sistematico di carne.
Circa vent’anni fa la Fava romastelli era segnalata in un lavoro a stampa tra le varietà pugliesi di leguminose sull’orlo della scomparsa (Ricciardi e Filippetti 2000). Alcuni agricoltori intervistati nel corso del progetto SaVeGraINPuglia hanno dichiarato che la Fava romastelli è una vecchia varietà in passato tipica dell’areale murgiano. Il monitoraggio del territorio svolto durante le attività progettuali ha riscontrato la presenza di limitate coltivazioni di Fava romastelli in alcune aziende del Parco Alta Murgia.
FAVA DI SAN FRANCESCO
Le numerose ricette a base di fava dimostrano la buona versatilità di questo legume nella preparazione di una vasta gamma di piatti e la sua diffusione a livello regionale. La Fava di San Francesco mostra caratteristiche peculiari come la colorazione completamente violacea del seme.
Testimonianze storiche dimostrano l’uso di questa varietà locale di fava nella provincia di Bari sin dal 1899. Giovanni Cozzolongo (1899) indica questa varietà come “la fava violetta: Faba purpurea”, perché a completa maturazione (con seme secco) è di colore viola. Inoltre, la ritiene “quella che più resiste alla grave avversità cagionatale dall’orobanche”. Lo stesso Autore indica come origine di questa varietà Malta. La fava è da sempre la base dell’alimentazione contadina pugliese; questo legume nella cucina tradizionale è preparato in svariati modi: viene consumato quando i semi sono ancora verdi e teneri sia crudo che cotto, con la buccia dopo l’essiccazione e completamente sbucciate secche soprattutto come purè.
FAVA VIOLA
La fava viola si caratterizza per i semi molto grandi con tegumento viola di varie tonalità. La bassa produttività rispetto alle moderne varietà commerciali ne ha determinato il progressivo abbandono. È apprezzata per le caratteristiche organolettiche che gli agricoltori intervistati definiscono più tenera e saporita rispetto alle più diffuse varietà commerciali. Sono stati rilevati alcuni caratteri relativi alla qualità della granella secca per le annate agrarie 2015/16 e 2016/17 presso l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse di Bari (CNR-IBBR), e il DiSAAT, Università degli Studi Aldo Moro. Alcuni risultati sono riassunti nella tabella qui di fianco.
La presenza di coltivazioni di fave in valle d’Itria è riportata in scritti del XVIII e XIX secolo. Tali fonti non riportano però informazioni sui tipi coltivati. Bruni (1845) riporta, tra le fave coltivate in Puglia, la “fava turchesca” caratterizzata da seme grande e viola. È altamente probabile che l’areale di coltivazione, localizzato dall’autore nel leccese, si sia nel tempo spostato nelle province in cui questa fava è stata ritrovata. Attualmente è coltivata su piccole estensioni per esclusivo autoconsumo da parte dei produttori. Il seme si è tramandato in ambito aziendale passando di padre in figlio
Territorio
Intera regione Puglia