Foglie miste PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Puglia

Fògghj ammìske – fògghe ‘mbiscate (foglie miste), verdure di campagna, foglie mischie, fogghie mischiate, fogghie de fore, foji ti campagna

Con il termine “Fògghj ammìske” (foglie miste) viene indicato l’insieme di piante spontanee mangerecce raccolte negli incolti: rucola selvatica, marasciuoli, borragine, grespino, bietola di campagna, cicoria selvatica, finocchietto selvatico, cimamarelle, aspraggine, ecc. (per una descrizione con foto delle specie che compongono le “foglie miste”.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura

La raccolta delle piante spontanee viene eseguita a mano con un coltello. Vengono selezionate le piante commestibili note che poi vengono mondate e lavate ripetutamente per eliminare i residui terrosi.

TRADIZIONALITÀ

Fin dalla prima metà del 1800 il professore di Agricoltura nella Regia Università degli Studi, Achille Bruni, ha riportato notizie sul consumo di una misticanza di erbe spontanee: “I campagnuoli e la gente povera raccolgone quest’erba (Beta cicla), la Sinapis hispida, la Sinapis pubescens, la Brassica fruticulosa, la Diplotaxis tenuifolia, il Sonchus tenerrimus, il Sonchus oleraceus, il Cichorium intybus, qualche altra pianta, e ne fanno il loro prediletto camangiare denominato volgarmente fogghie mischiate” (Achille Bruni, 1857. Descrizione botanica delle campagne di Barletta. Stamperie e Cartiere del Fibreno, Strada Trinità Maggiore n. 26, Napoli.).

Il consumo di fogghie mischiate rientra nella consuetudine alimentare della provincia di Foggia e di tutta la Puglia.

Carlo De Cesare (1859) nel libro “Delle condizioni economiche e morali delle classi agricole nelle tre provincie di Puglia”, nel quarto capitolo “Delle produzioni spontanee“, scrive questo: «Ricco di svariate produzioni spontanee è il suolo Pugliese; ma io terrò discorso di quelle sole che per la loro utilità e per gli usi  costanti e proficui assai più giovano alle classi agricole; e ciò per la esatta esposizione degli elementi economici che io voglio descrivere, e se fia possibile anche migliorare ed aggrandire nell’interesse delle Provincie pugliesi.   Dolci e tenerissime sono le cicorie che i terreni sostanziosi e freschi producono in grandissima quantità. Da questo prodotto la femminetta ricava non solamente il cibo cotidiano per la sua famiglia; ma eziandio la sua giornata, massime in primavera quando le cicorie talliscono e formano il prediletto cibo delle classi agiate. D’uso universale per le plebi sono pure: il sevone selvaggio (souchus oleraceus): i bulbi del Mascari camosum detti volgarmente lambascioni: le tenere cime della fergola (ferula communis): le cimamarelle (sinapis geniculata): la ruca (diplotaxis tenuifolia): i carduncelli (carduus marianus): la ieta (beta maritima): le spine di sepe (licium europaeum): il pungilopo (ruscus aculeatus: l’ardicola (urtica dioica): i lupuli (humulus lupulus).»

Angelo D’Ambrosio nel libro “Tra anima e corpo – Cibo tra alimentazione in Puglia nei secoli XVIII e XIX” (Conte Editore, Lecce, 1995), cita il consumo delle “Foglie mischie” nel Monastero di S. Agnese a Trani (dal 3 maggio 1750 al 2 maggio 1751) per un totale di 15 volte tra luglio e dicembre, riportando anche la frequenza mensile di questo alimento.

Nel libro “Puglia dalla terra alla tavola” (AA.VV., Editore Mario Adda, Bari) Domenico Pinto, nel saggio “I prodotti tipici della terra pugliese. Dalla produzione alla distribuzione”, a pagina, 36 riporta questo: “[In Puglia alla semplicità della] tradizionale cucina a base di erbe spontanee (ruca, senape, cicoria, ecc.) [, si è aggiunto il culto per la buona cucina].

Luigi Sada (1991) nel libro “La cucina della terra di Bari” (Franco Muzzio Editore, Padova), a pagina 66, riporta questo: «In tutta la Puglia, lungo le vie di campagna e i luoghi incolti, si trovano le piccole piante del Chicorium intybus silvestre, varietà apulum. Sono di un bel verde cupo, dal sapore amarognolo, gradevole, stuzzicante, gustosissimo. Si accompagnano ad altri erbaggi spontanei, quali. Sevone, benefogghje, rapone, apudde ecc., chiamati col termine unico di fogghje mesckate (= foglie mischiate); o si cucinano in brodo o con salsa di pomodoro o si adoperano in insalata oppure in pinzimonio; ma sono soprattutto utilizzate col macco, la vivanda degli dei. »

Il mensile locale Realtà Nuove di Mola di Bari ha pubblicato nel 1995 una guida al riconoscimento e ricette delle piante spontanee della flora molese: “I fogghie de fore” (la “e” in dialetto molese è muta). Infatti, a Mola è diffuso il consumo di fogghie de fore, le foglie di campagna, con cui si indica tutto ciò che è allo stato selvatico ed è commestibile: dalla tenera erbetta mangiata cruda in insalata, alle rosette di foglie più consistenti e fibrose che invece sono consumate cotte in diverse preparazioni gastronomiche.

A Foggia è comune il pancotto, che viene cucinato in moltissimi ristoranti. Una delle più popolari varianti del pancotto è quella con i ‘ Foggj ammìskë (foglie miste). Si mettono patate e alloro nell’acqua; poi si fa bollire e si aggiunge un misto di verdure ovvero: rucola selvatica, marasciuoli, borragine, crespino spinoso, bietola di campagna, cicoria selvatica, finocchietto selvatico, cimamarelle, aspraggine e grespino.

BIBLIOGRAFIA

  • Bianco VV, Pimpini F (1990). Orticoltura. 991 p. Patron Editore, Bologna.
  • Sada L (1990). “Vademecum” della cucina tipica pugliese. In: Puglia dalla terra alla tavola. Editore Mario Adda, Bari, 311-387.
  • Roberto A (1995). Foji ti campagna. 31 p. “G. L. Marangi”, 3° Cicrolo Didattico di Manduria (TA).
  • Vincenti A (2000). Altamura antichi sapori, 1° ed. 175 p. Edizioni Donne in…, Altamura (BA).
  • Bianco VV, Mariani R, Santamaria P (2009). Piante spontanee nella cucina tradizionale molese. Levante editore, Bari.
  • Mariani R, Bianco VV (2009). Piante spontanee erbacee eduli pugliesi. In: Santamaria P, Serio F (a cura di), Orticoltura, pp. 229-240, Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “basile Caramia”, Locorotondo (BA).
  • Accogli R, Medagli P (2014). Erbe spontanee salentine. 196 p. Ezio Grifo editore, Lecce.

Territorio

Intera regione Puglia

Cazzateddhra di Nardò PAT

Semplici panetti insaporiti con olio di frantoio e nobilitati dal pepe nero (spezia che, può sembrare strano, un tempo non molto lontano costituiva un lusso che davvero di rado i ceti popolari si potevano permettere).

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