Formaggio salato PAT Friuli Venezia Giulia

Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Friuli Venezia Giulia

Il formaggio salato è un formaggio a pasta dura, ma più morbida del cosiddetto “latteria”, con occhiatura di dimensioni variabili, di colore variabile dal bianco al giallo molto chiaro, privo di fessurazioni. La crosta si presenta liscia o leggermente rugosa, elastica, di colore più scuro rispetto alla pasta. Le forme sono cilindriche, di peso unitario variabile tra 5,5 e 6,5 kg, diametro tra i 35/50 cm e scalzo tra 8/12 cm. Ha un aroma caratteristico ed intenso; il gusto, tipico della lavorazione, è marcatamente “salato”.

Credit photo gazzetta del gusto.it

Per la preparazione del formaggio salato viene utilizzato latte bovino che osserva i seguenti requisiti:

  • ottenuto da un max di due munte nelle 24 ore o da quattro munte nelle 48 ore.
  • trattato in stalla senza l’aggiunta di conservanti, a temperature non inferiori ai 4°C.
  • con valori compresi tra 3 e 4 pH.
  • contenuto proteico non inferiore a 3,2.
  • carica batterica totale conforme alle vigenti norme igienico-sanitarie.

La lavorazione del latte avviene entro 24 ore dalla consegna al caseificio. Il riscaldamento del latte è effettuato in caldaia fino al raggiungimento dell’acidità opportuna. E’ consentita l’aggiunta di lattoinnesto di adeguata selezione microbica.

Procedutosi all’aggiunta del caglio, si ottiene la coagulazione del latte, la cui durata è variabile in relazione all’acidità, tra i 10/15’ e 40/45’. A coaugulazione effettuata, si procede alla rottura della cagliata, l’operazione è completa in un tempo variabile tra 10 e 20’; si procede alla cottura, mantenendo in movimento il coaugulo, la cottura dura di norma tra i 20 e 40’ e non supera mai i 43°C. Durante la cottura non viene effettuata la spinatura fuori fuoco; al termine della cottura, amalgamatasi la massa caseosa al fondo della caldaia, viene estratta la cagliata, con ogni singola estrazione si ottiene il corrispondente di ogni singola forma. La massa caseosa derivata dalla pescata di cagliata viene conformata mediante l’uso di fasciare e non viene pressata.

La salamoia – in gergo “salina” – viene conservata, in mastelli di larice, in appositi locali all’interno dei caseifici, a temperature non superiori ai 14°C al momento dell’immersione delle forme e per i 40 giorni successivi all’inizio del procedimento. Nei medesimi locali l’umidità, per l’intero processo di lavorazione, si mantiene nell’intervallo variabile tra l’80 e l’85%.

La salamoia è derivata da un composto – detto “madre” – costituito da una miscela di acqua, sale, panna d’affioramento e latte, in percentuali variabili in relazione all’originale momento della sua formazione. Il composto tal quale presenta le seguenti caratteristiche:

  • forma liquida, densa ed omogenea
  • umidità nell’intervallo tra 75 e 80%
  •  proteine non inferiori al 4%
  • grassi nell’intervallo tra il 5 e l’8%
  • cloruri tra il 25 ed il 20%
  • pH compreso tra 5,10 e 5,20

La salamoia deve essere integrata con l’aggiunta delle medesime sostanze che la costituiscono con frequenza mensile. A seguito delle integrazioni, l’amalgama deve essere energicamente rimescolato. La massa liquida della salamoia viene almeno ogni due giorni agitata con un mestolo-bastone, per assicurare l’ossigenazione e mantenere l’omogeneità anche superficiale del composto. Le forme vengono mantenute in salamoia per un periodo non inferiore ai 60 giorni, computati dall’inizio della lavorazione del latte, e non superiore ai 120 giorni.

Tradizionalità

Il formaggio salato appartiene ad una antichissima tradizione produttiva sviluppatasi in epoca remota su entrambe le falde dei crinali che dividono la Val Tagliamento e l’Alta Val d’Arzino. Per una popolazione di montagna, impegnata nel conflitto della sopravvivenza in un ambiente non ostile ma aspro e poco ricettivo, la possibilità di conservare il cibo “formaggio” a lungo nel tempo è stata una autentica ragione di vita. Se nella pedemontana pordenonese la tracce produttive del “salato” si sono perse da lungo tempo. Il radicamento vitale del sistema lattiero caseario in Carnia ha consentito che quantomeno la tradizione orale non conoscesse soluzione di continuità e con essa, si verificasse una seppure limitata continuità produttiva. Un esempio di tanto è rappresentato dal Caseificio Val Tagliamento di Enemonzo (Udine) dove senza soluzione di continuità vengono ancora utilizzate le salamoie la cui composizione è stata gelosamente custodita e tramandata da Romano Rugo, padre dell’attuale responsabile dell’azienda. La salina dei Rugo è oggi virtualmente rappresentativa delle centinaia di saline che esistevano in Carnia alla fine dell’ ‘800.

Si aggiunga, inoltre, che la storia “non ufficiale” dei traffici commerciali annette con certezza documentata all’area le attenzioni secolari dei commercianti veneti, sicuri estimatori del prodotto.

Territorio di produzione: Area della Carnia.

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