Architettura del Quattrocento – Luca e Andrea della Robbia
Famiglia di scultorie ceramisti fiorentini, alla quale risale la tradizione delle terrecotte invetriate e policrome. La produzione, iniziata da Luca della Robbia, fu proseguita da suo nipote Andrea e dai suoi cinque figli Giovanni, Luca, Marco, gerolamo e pierfrancesco, assumendo un carattere via via più convenzionale ed un tipo di produzione che potremmo definire “industriale”.
Dei della Robbia ricordiamo in particolare:
LUCA della ROBBIA (1400-82): appartiene alla prima generazione dei maestri del Rinascimento ed è la figura artistica più rilevante della famiglia. Come scultore, mostra un linguaggio di equilibrata e serena bellezza, il cui classicismo, sulla scia del Ghiberti e di Nanni di Banco, si sviluppa secondo una linea indipendente rispetto al discorso di Donatello. La Cantoria marmorea del Duomo di Firenze è eseguita con grazia semplice e serena, ben diversa dalla sfrenata danza pagana dei Puttini della Cantoria di Donatello
Prende il nome di cantoria la balconata marmorea destinata ad ospitare i coristi addetti ai canti liturgici, generalmente collocata in prossimità dell’organo di una chiesa. Al ruolo puramente funzionale si sovrappone quello decorativo: non a caso l’impresa fu commissionata ad artisti del calibro di Luca della Robbia e Donatello. In vista della consacrazione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, l’Opera del Duomo infatti si affrettava a terminare le decorazioni esterne ed interne della basilica tra cui appunto le due Cantorie da collocare al di sopra delle porte delle sagrestie: a Luca della Robbia fu affidata la cantoria per la porta della Sacrestia delle Messe, che lo tenne impegnato dal 1431 al 1438, mentre a Donatello quella per la Sacrestia dei Canonici, realizzata tra il 1433 e il 1439.
Due opere straordinarie, molto diverse nello stile e nell’approccio ai temi affidati. Luca della Robbia, rifacendosi al salmo 150 ” Laudate Dominum”, rappresenta diversi gruppi di fanciulli che cantano, suonano e danzano con la compostezza e la grazia tipiche del Rinascimento. Noto come “il più grande classicista del Quattrocento” non si limita all’aspetto compositivo, ma scende nel dettaglio analizzando atteggiamenti e stati d’animo. Del tutto diversa la cantoria di Donatello, considerata da molti un’opera sperimentale, dove le figure appaiono quasi abbozzate e lanciate in una corsa che le fa apparire dinamiche e vive. Siamo di fronte a due concezioni di vita, due modi antitetici di concepire il mondo: l’“apollineo” di Luca e il “dionisiaco” di Donatello.
Chissà se i due artisti avevano concordato questa diversità di approccio rispetto ai temi a loro affidati!
Per circa due secoli e mezzo le cantorie rimasero al loro posto finché nel 1688 in occasione delle nozze del Gran Principe Ferdinando, figlio di Cosimo III de’ Medici, con Violante Beatrice di Baviera, furono rimosse perché giudicate superate e non confacenti al nascente gusto barocco. Dopo soste più o meno lunghe alla Galleria degli Uffizi e al Bargello, l’Opera del Duomo provvide a rimontarle nel proprio Museo per la prima apertura nel 1887 dove ancora oggi si possono ammirare.
La fama di Luca della Robbia è legata alle terrecotte invetriate: bassorilievi (numerose le immagini della Madonna col Bambino conservate al Bargello) coperti da uno strato di smalto stannifero lucido, bianco o colorato (in genere le figure sono bianche e i fondi presentano una caratteristica colorazione azzurra); la forma plastica è nitida e luminosa, in perfetta coerenza con il sereno classicismo di famiglia.
ANDREA della ROBBIA (1435-98): nipote di Luca, sfrutta in modo più accentuato gli effetti pittorici delle terrecotte invetriate degenerando, talvolta, in immagini leziose e superficiali. Frale sue opere migliori vanno ricordati i Putti del Portico dell’Ospedale degli Innocenti.
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