Le più antiche manifestazioni dell’arte rupestre risalgono a circa 30.000 anni prima della nostra èra e consistono in graffiti, impronte di mani, tratti e segni elementari (grotte della regione franco-cantabrica). In seguito compaiono profili di animali (cervi, bisonti, mammouth) dipinti incisi o a rilievo.
Nel periodo Magdaleniano ( dal 14.000 a.C.) si sviluppa la pittura di figure colorate con nero-fumo, ocra e manganese e raffigurate con sicurezza e precisione.
Grotte di Addaura (presso Palermo), Romanelli (presso Lecce), dei Genovesi (Levanzo): graffiti di animali.
La grotta dell’Addaura è un complesso di tre grotte naturali poste sul fianco nord-orientale del monte Pellegrino a Palermo, in Sicilia.
RITROVAMENTO DEI GRAFFITI
Il ritrovamento dei graffiti dell’Addaura è recente ed è stato del tutto casuale. Le tre grotte che costituiscono il complesso dell’Addaura nel massiccio del monte Pellegrino erano già state studiate dai paletnologi dato che in esse era stato ritrovato lo scheletro di un elefante nano.
Fu dopo lo sbarco in Sicilia e l’arrivo a Palermo nel 1943 che gli Alleati, in cerca di un sito idoneo, avevano destinato le grotte a deposito di munizioni ed esplosivi. Lo scoppio accidentale dell’arsenale provocò nella grotta principale lo sgretolamento e il crollo di un diaframma di incrostazione portando alla luce i graffiti fino ad allora coperti dalla patina del tempo. I graffiti vennero studiati accuratamente dalla professoressa Jole Bovio Marconi i cui studi furono pubblicati nel 1953.
Dal 1997 le grotte dell’Addaura non sono più visitabili; sono state chiuse per il pericolo di caduta massi data l’instabilità del ciglione roccioso. Ad oggi non sono state ancora messe in opera le opportune misure di consolidamento e il sito è in stato di degrado e segnato dalle incursioni dei vandali.
In una delle grotte si trova un vasto e ricco complesso d’incisioni, databili fra l’Epigravettiano finale e il Mesolitico, raffiguranti uomini ed animali. In mezzo ad una moltitudine di bovidi, cavalli selvatici e cervi, viene rappresentata una scena dominata dalla presenza di figure umane: un gruppo di personaggi, disposti in circolo, circonda due figure centrali con il capo coperto ed il corpo fortemente inarcato all’indietro.
GLI ACROBATI?
È proprio sull’identità di questi due personaggi e sul significato della loro posizione all’interno del gruppo che sono state avanzate ipotesi contrastanti. Secondo alcuni studiosi si potrebbe trattare di acrobati colti nell’atto d’effettuare giochi che richiedono una particolare abilità. Secondo altri è stata descritta la scena di un rito, che prevedeva il sacrificio di due persone guidato da uno sciamano.
Per suffragare quest’interpretazione è stata messa in evidenza la presenza, intorno al collo e ai fianchi dei due personaggi centrali, di corde che costringono il corpo ad un innaturale e doloroso inarcamento. Si tratta forse di un rito che prevede l”incaprettamento” e l’autostrangolamento, peraltro attestati in altre culture. Se si volesse seguire questa spiegazione, si dovranno leggere le due figure mascherate, che circondano i due personaggi sacrificati, come sciamani che assistono alla cerimonia. Altri riterrebbero il contesto delle due figure maschili come immagine omoerotica.
Le incisioni dell’Addaura rappresentano un ciclo figurativo del massimo interesse per l’inconsueta attenzione dedicata alla rappresentazione scenografica dell’ambiente, un caso limite in tutta l’arte paleolitica. Il trattamento della figura umana, pur nell’ambito di una corrente stilistica presente nel bacino del Mediterraneo, in particolare a Levanzo (Grotta del Genovese), e nella provincia franco-cantabrica e pur impiegando le stesse tecniche, nella grotta dell’Addaura si esprime in forma assolutamente nuova per moduli stilistici e per spirito rispetto agli altri ritrovamenti.
Una cinquantina di figure in una scena “enigmatica” – visto l’ampio dibattito sul significato delle azioni ritratte interpretate come momento ludico o come rito funebre – non lasciano dubbi sull’identità biologica dei soggetti: una ventina di uomini, solo una donna, una ventina di figure zoomorfe tra cui una cavalla con un puledro, cervi, alci e buoi.
Cosa rende davvero unica la grotta nel panorama della preistoria paleolitica? Le figure umane sono tantissime, superano tutte le altre negli altri casi di studio, e sono ritratte con un realismo impressionante. Tantissimi gli interrogativi su questo “cerchio danzante” o, addirittura, sacrificio umano; altrettanti gli interrogativi sulla riapertura di questa meraviglia così carica di fascino e capace di stuzzicare fantasiose suggestioni.
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