Gli apoidei hanno una notevole variabilità ecologica. Questa si riflette sulla loro possibilità di colonizzare nuovi habitat, anche artificiali o al contrario di subire la progressiva rarefazione degli habitat di competenza. La sensibilità ecologica può riguardare lo stretto legame con determinate specie vegetali o la disponibilità di siti e materiali per la costruzione del nido.
La fauna apidica risulta fortemente dipendente dai processi di frammentazione ambientale, mentre la composizione specifica e la densità delle specie sono correlate alla struttura e allo stato di conservazione degli ecosistemi. Per mantenere la diversità a livello territoriale omogeneo (in termini ambientali), le strategie di conservazione dovrebbero essere differenziate spazialmente, in rapporto alla diversità ed estensione degli habitat presenti, ed adattate alla ecologia delle diverse specie e gruppi funzionali.
Di seguito si rappresentano i tre aspetti ecologici più significativi per la caratterizzazione delle specie selvatiche di impollinatori, quali le abitudini di nidificazione, il tipo di alimentazione e gli stili di vita
1 Siti di nidificazione
Mentre alcune specie solitamente generaliste mostrano una notevole capacità di adattamento anche in ambienti antropici, per altre la presenza di un numero appropriato di siti naturali o subnaturali per la nidificazione è un requisito essenziale per la sopravvivenza della comunità. Gli Apoidei mostrano diversi adattamenti rispetto l’habitat in cui nidificano, il tipo di substrato che utilizzano ed i materiali di cui hanno bisogno per la costruzione del nido. Di conseguenza le tipologie di nido sono molteplici (vedi tabella sotto).
TIPOLOGIA DI NIDO | TAXA |
Scavato nel terreno | Colletes, Halictus, Lasioglossum, Andrena, Dasypoda, Eucera, Anthophora, Habropoda, Amegilla |
Cavità esistenti, steli vuoti, legname accatastato, fori nel legno, fessure dei muri, concavità delle tegole dei tetti | Hylaeus, Osmia (rivestono le celle con fango), Megachile (rivestono le celle con petali o foglie), Chelostoma (addizione di pietrisco e seta larvale), Hoplitis (nidi molto variabili), Anthidium, Xylocopa, Ceratina, Anthidium (rivestono le celle con peluria vegetale) |
Gusci di chiocciola | Obbligate: Hoplitis fertoni, Osmia melanura, Osmia andrenoides, Osmia aurulenta, Osmia croatica, Osmia spinulosa, Osmia bicolor, Osmia versicolor Facoltative: Hoplitis pallicornis, Osmia rufohirta, Osmia melanogaster, Osmia notata, Osmia subaenea, Osmia bicornis, Osmia cornuta, Osmia tricornis, Osmia ferruginea, Osmia ferruginea igneopurpurea, Osmia viridana, Protosmia glutinosa |
Costruzione attiva dei nidi usando fango impastato con saliva | Megachile parietina, Megachile sicula |
Nidi abbandonati di roditori o uccelIi, nei quali costruiscono attivamente le celle (non esagonali e disposte disordinatamente) utilizzando la cera da loro secreta | Bombus |
Il nido è quasi sempre costruito dalla femmina feconda o, nelle specie sociali, dalle operaie. La realizzazione del nido e l’ovideposizione sono processi determinanti nell’assicurare il successo evolutivo della specie e costituiscono elementi importanti per la comprensione di fenomeni evolutivi quali gli adattamenti e la filogenesi. Per costruire i loro nidi le api selvatiche impiegano varie tipologie di materiali quali foglie, pietre o resina. I diversi elementi che caratterizzano l’habitat elettivo. quali il sito, i materiali di
nidificazione e le piante alimentari, possono essere tra loro distanti centinaia di metri ma, necessariamente, devono essere presenti nell’areale ecologico della colonia.
In funzione delle loro abitudini di nidificazione gli apoidei possono essere suddivisi in tre gruppi, quali gli individui con nidificazione a terra, fuori terra e il gruppo delle api cleptoparassitiche “apicuculo”, le quali non costruiscono nidi ma depongono le uova nei nidi di altre api (nido ospitante).
Gli apoidei nidificanti a terra rappresentano circa il 50% di tutte le specie selvatiche e dominano in molti habitat aperti, preferendo i versanti esposti a sud e le aree scarsamente vegetate. Tutte le specie delle famiglie Andrenidae e Melittidae nidificano a terra, così come la maggior parte delle specie di Halictidae e Colletidae.
Per le specie che scavano il proprio nido nel terreno la possibilità di colonizzazione è associata alla profondità e alla tessitura del suolo nonché alla periodicità di eventuali lavorazioni svolte, rispetto al ciclo di attività della singola specie. Solitamente i nidi costruiti nel terreno sono formati da un asse principale ,dal quale hanno origine diversi cunicoli laterali, ognuno dei quali terminante con una singola cella pedotrofica. Questa modalità di costruzione sembrerebbe essere correlata al tipo ancestrale, in quanto similare al nido utilizzato dagli Sfecidi, una famiglia di imenotteri aculeati chiamati comunemente “vespe scavatrici”. Le altre modalità di costruzione del nido sarebbero invece derivate.
Le api nidificanti fuori terra nidificano in diversi tipi di substrato come il legno, fusti di piante cavi, fusti di piante midollose, muri di mattoni, tane di insetti abbandonate, nidi di uccelli e gusci di lumaca . Il gruppo con nidificazione fuori terra è dominato dalle famiglie Megachildae e Apidae, che depositano le uova in buche preesistenti o scavano le proprie cavità in un substrato solido come i fusti di piante o il legno tenero.
Alcune specie nidificano in cavità scavate direttamente nei fusti delle piante, utilizzando gallerie scavate da altri insetti e piccoli fori nelle pareti o nei gusci vuoti di lumaca (numerose specie di Osmia). Altre specie, chiamate nidificatori gregari, come l’Osmia bicornis o l’Andrena vaga, si riproducono individualmente come api solitarie, ma nidificano vicino agli individui della stessa specie, talvolta con una alta densità di nidificazione in un’area di limitata estensione.
I gusci vuoti di lumaca sono un ambiente particolarmente attrattivo per il genere Osmia, con alcune specie (Osmia bicornis, Osmia cornuta) che lo utilizzano in modo facoltativo ed altre (Osmia melanura, Osmia andrenoides, Osmia aurulenta, Osmia croatica, Osmia spinulosa, Osmia bicolor, Osmia versicolor) che considerano tale ambiente come l’unico sito di nidificazione. Tra le specie di altri generi presenti nel nostro paese, che nidificano nei gusci di lumaca, ricordiamo Hoplitis fertoni.
L’uso di prodotti lumachicidi, gli sfalci ripetuti delle piante erbacee e le lavorazioni intensive hanno un impatto fortemente negativo sulle popolazioni delle lumache terricole e, indirettamente, causano la rarefazione degli apoidei che nidificano nei loro gusci. Le specie come il genere Bombus sono caratterizzate dalla costruzione di celle di cera in cavità più grandi, ad esempio le tane di piccoli mammiferi, le cavità degli alberi e le depressioni del terreno.
Altre specie come Megachile sicula costruiscono nidi attaccati ai rami, utilizzando come materie prime fango o terra cementati dalle secrezioni delle ghiandole labiali, e depongono le uova nelle celle interne al
nido, accumulandovi polline e miele per le larve che ne fuoriusciranno.
In funzione delle specifiche o prevalenti modalità di nidificazione la diversità di specie è condizionata dalle pratiche agricole adottate, in particolare dalle modalità e intensità delle lavorazioni del terreno; può essere limitata anche dalla distribuzione di prodotti chimici, quali alcuni erbicidi distribuiti nel terreno che, anche in sinergia con altri prodotti chimici, interferiscono con il metabolismo degli apoidei e limitano la disponibilità trofica. Da quanto detto emerge che la diversità numerica e la variabilità specifica delle comunità di apoidei che nidificano nel terreno sono direttamente associate alla modalità di gestione agricola e possono essere considerate un indicatore di sostenibilità delle pratiche agronomiche e del loro impatto sul mantenimento delle popolazioni di impollinatori selvatici presenti in un dato agroecosistema. Ad esempio, la presenza di comunità potenzialmente stabili di popolazioni nidificanti in cavità è una condizione spesso associata alla gestione positiva di fiori selvatici lungo i perimetri colturali.
2 Alimentazione
Gli apoidei adulti usano generalmente fiori di diverse specie vegetali come fonti di nettare e le femmine adulte nutrono le larve con un insieme di polline e nettare. Nei contesti europei soltanto le larve del genere Macropis sono note per usare oli floreali come sostituto del nettare. Dal punto di vista anatomico ed ecologico, in rapporto alle strutture per la raccolta del polline e in relazione alle nicchie trofiche disponibili, si distinguono le “api a ligula corta” (definite “api primitive”), comprendenti le famiglie Colletidae, Andrenidae, Halictidae e Melittidae e le “api a ligula lunga”, tra cui le famiglie Megachilidae e Apidae.
Le api selvatiche a ligula corta (foto 9) bottinano sui fiori a corolla corta, ad esempio Asteraceae e Brassicaceae, e sono spesso caratterizzate da relazioni alimentari con specie diverse di piante e da una buona adattabilità alle condizioni ambientali. Gli apoidei a ligula lunga bottinano sui fiori con tubo corollino profondo, ad esempio le famiglie Fabaceae e Lamiaceae e sono maggiormente dipendenti da un certo tipo di flora e più esigenti in termini di habitat. Una loro rarefazione può, quindi, fornire importanti informazioni sulla presenza di eventuali pressioni nel contesto ambientale in cui vivono. Un’altra suddivisione importante dal punto di vista ecologico è la distinzione fra specie polilettiche, oligolettiche e
monolettiche.
Le specie polilettiche sono in grado di utilizzare polline proveniente da diverse famiglie di piante, le oligolettiche sono legate a un ristretto numero di specie e le monolettiche addirittura a una sola specie.
Circa il 35 % delle api selvatiche in Europa centrale appartengono al gruppo delle oligolettiche altamente specializzate e sono in grado di raccogliere il polline da un numero ristretto di piante. Questi gruppi possono essere fortemente danneggiati dalle pratiche gestionali che diminuiscono la diversità floristica e al contrario, se presenti in abbondanza, indicare zone agricole ad alto valore naturalistico. Le specie appartenenti al genere Macropis (Melittidae), ad esempio, si nutrono del polline e degli oli florali di specie appartenenti al genere Lysimachia. Tuttavia, con l’eccezione di Lysimachia arvensis (syn. Anagallis arvensis) diffusa in ambiti ruderali e agricoli, le altre specie presenti in Italia sono associate ad ambienti palustri e quattro dei dieci taxa caratteristici del nostro paese (Lysimachia europaea, Lysimachia monelli, Lysimachia tyrrhenia, Lysimachia tenella) sono minacciati dalle pressioni esercitate dalle attività di bonifica e pulizia delle sponde di fiumi e canali. Di conseguenza la presenza del genere Macropis può estinguersi a livello locale a causa della rarefazione della specie vegetale cui risulta legato e la densità delle sue popolazioni può fornire indicazioni (positive o negative) sul permanere di pratiche ripariali sostenibili.
Anche la diffusione di Melitta nigricans e Colletes cunicularius, la prima associata alle specie vegetali del genere Lythrum e la seconda soprattutto al Salix, è legata a una discreta naturalità degli ambienti umidi e la sopravvivenza delle loro popolazioni è strettamente dipendente dal rispetto naturalistico delle fasce riparie.
Molti apoidei, sia oligolectici che polilectici, ottengono il polline dai fiori scuotendoli e facendoli vibrare (“sonicating”). L’apertura delle antere avviene solo a certe frequenze vibratorie ed è solitamente diretta verso l’individuo, con il polline che si libera dal fiore e si aggancia in modi diversi per essere trasportato. La vibrazione è causata dai muscoli delle ali e il fenomeno è noto come “buzz-impollination”.
3 Ciclo di vita e socialità
Tra le api selvatiche esistono numerosi stili di vita, che vanno da una esistenza solitaria a modalità propriamente sociali, con diversi livelli intermedi di rapporti sociali. Dal punto di vista dell’organizzazione, uno dei criteri di classificazione fà riferimento alla tendenza degli apoidei nel raggrupparsi in colonie e nel
condividere la gestione dei nidi e delle cure parentali, con la suddivisione in specie solitarie, gregarie, comunitarie, subsociali, quasi-sociali, semi-sociali, eusociali primitive ed eusociali evolute. Oltre l’80% delle specie di api selvatiche europee sono solitarie, non condividono un sito con funzione di nido, non manifestano cure parentali e sono le singole femmine adulte ad occuparsi della costruzione dei nidi e dell’alimentazione della prole. Dopo l’incontro e l’accoppiamento, solitamente in primavera ed estate, la femmina fecondata crea un nido in cui depone le uova, mentre il maschio conduce una vita solitaria e indipendente l’organizzazione sociale. Per lo sviluppo delle larve la femmina posiziona l’uovo in corrispondenza del nutrimento (pabulum), costituito da un miscuglio di nettare e di polline, e non fornisce altre cure. Queste api sono caratterizzate da un ciclo di vita di breve durata, dalle quattro alle sei settimane. Sebbene la conservazione delle specie solitarie non sia condizionata dalla crescente trasmissione di malattie associata alla vita sociale, tali individui sono molto esposti al parassitismo e alla predazione. L’intensità dei tassi di parassitismo e predazione sono quindi considerati fattori ecologici predisponenti. Le specie gregarie (esempio Osmia bicornis) occupano un livello di socialità superiore perché caratterizzate dalla tendenza a costruire nidi affiancati, ma senza cooperare nella cura della prole, mentre le specie comunitarie e sub sociali condividono lo stesso nido, senza cooperazione tra i diversi individui. Gli adulti delle specie sub sociali, tuttavia, forniscono un certo tipo di cure parentali alla propria prole.
Nelle specie quasi-sociali o semi-sociali, oltre a nidificare in siti adiacenti, le femmine fanno la guardia ai nidi delle vicine nel momento in cui queste sono fuori a bottinare e gli individui della stessa generazione condividono un nido composto e cooperano nelle cure parentali. In genere il ciclo vita è annuale. Nelle specie eusociali le cure parentali cooperative sono fornite all’interno dello stesso nido, con la presenza di una casta operaia, i cui individui sono più o meno sterili ma con una durata della vita che consente loro di assistere in parte i genitori. Gli individui delle specie primitivamente eusociali sono tipicamente monomorfici (per esempio Halictus rubicundus e Halictus scabiosae) ma sono caratterizzati da una una divisione del lavoro basata sull’età e sulla conformazione corporea.
Le api eusociali vivono in colonie che possono durare anni. In Europa sono primariamente eusociali la maggior parte dei bombi e l’Apis mellifera, che costituisce l’unico esempio di taxa di api eusociali complesse e la cui colonia può essere considerata perenne, in quanto la regina vive fino a 5 anni ed è successivamente sostituita da una figlia. Anche le regine di Lasioglossum marginatum possono vivere fino a 5 anni.
Le specie eusociali primitive comprendono i Bombus che, oltre ad accudire le uova e le larve in nidi comuni, presentano una suddivisione dei compiti: la regina è l’unica a deporre le uova, mentre le operaie sterili sono diverse nelle dimensioni del corpo e svolgono compiti differenziati. Le colonie sono formate da un centinaio di individui e durano un solo anno, l’unica a superare l’inverno è la regina fecondata, alla quale spetta il compito di rifondare la colonia.
Come considerazioni generali, le specie eusociali selvatiche necessitano di una certa variabilità ambientale, per il reperimento dei materiali destinati alla costruzione del nido, e di risorse alimentari adeguate al mantenimento in buono stato della colonia. La presenza e il numero di specie e di individui è quindi un utile indicatore della qualità ambientale delle aree rurali, in rapporto alle modalità colturali e alle pratiche agricole adottate.
Numerose specie di api hanno adottato uno stile di vita cleptoparassita, cioè la tendenza a sottrarre le risorse trofiche ad altre api che hanno provveduto a procurarselo autonomamente. In generale le api cleptoparassite non costruiscono né possiedono nidi e non raccolgono polline, ma le femmine entrano nei nidi di api raccoglitrici di polline e depongono le loro uova nelle celle di covata chiuse o ancora aperte, costruite e fornite dalla femmina ospitante. La larva dell’ape cleptoparassita solitamente uccide la larva ospite e si nutre delle provviste raccolte. Nel caso di parassiti di ospiti sociali, le femmine prendono il controllo delle colonie e dei lavoratori ospitanti uccidendo la regina ospite e, successivamente, sono le operaie sociali della regina ospite originale a nutrire le uova, le larve e la progenie del parassita. Il cleptoparassitismo si è evoluto in modo indipendente tra le varie famiglie, ma in modo similare in sette diverse famiglie di api. Circa il 25% delle specie di api europee utilizza, per la propria riproduzione, i nidi e le deposizioni di una specie di ape ospite. Tali cleptoparassiti (“api cuculo”) sono generalmente associati a specie ospiti ben definite.
Le api cleptoparassitiche attaccano sempre altre specie di api e spesso appartengono alla stessa famiglia delle loro ospiti, un fenomeno noto come regola di Emery, secondo la quale i parassiti e i loro ospiti condividono un’ascendenza comune e sono legati filogeneticamente gli uni agli altri. Sebbene la regola di Emery sia stata formulata per il parassitismo negli imenotteri sociali, vale anche per altri taxa di api cleptoparassite. La principale eccezione sono le api della sottofamiglia Nomadinae, che attaccano taxa di api non imparentati.
Le Nomada rappresentano il più vasto genere di api cleptoparassite e vivono a spese di specie del genere Andrena, Melitta, Lasioglossum, Panurgus ed Eucera e le femmine non hanno strutture per la raccolta del polline e depongono le loro uova nella parete delle celle della specie ospite. Le specie del genere Sphecodes sono cleptoparassite dei generi Halictus e Lasioglossum, il genere Coelioxys è cleptoparassita delle api del genere Megachile.
Il sottogenere Psithyrus ha adottato un parassitismo sociale nei confronti del genere Bombus, in quanto la femmina entra nel nido dell’ospite sociale e sostituisce la regina legittima, in modo da condizionare le operaie a lavorare a beneficio della progenie del parassita, a danno della propria specie.
Esiste poi un parassitismo incrociato, soprattutto nei confronti del genere Nomada, da parte di molte specie parassitate (ad esempio Dufourea paradoxa, Halictus rubicundus, generi Andrena Lasioglossum, Melitta, Panurgus, Osmia). Il numero di specie e di individui presenti in una data area testimonia, in generale, l’esistenza di condizioni ambientali adeguate al mantenimento delle specie parassitate, per cui una alta diversità di popolazioni e di specie corrisponde a una buona situazione ecologica.
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