I PIÙ BEI BORGHI LIGURI SUL MARE

Borghi d’Italia – Borghi del Mare in LIGURIA

 Case color pastello, passeggiate lungomare, profumi di focaccia e di olive: quando sarà finita l’emergenza, potreste aver voglia di un weekend in Liguria…?Un consiglio di viaggio alla scoperta dei dieci borghi più belli sul mare, procedendo da Ponente a Levante, dall’Imperiese allo Spezzino

TAGGIA E ARMA DI TAGGIA (IM) 

In tempi molto remoti, prima che la conquista romana raggiungesse anche la Liguria, nel territorio di Taggia si stanziarono popoli celti e liguri. Nel 192 a C. Caio V Minucio riusci a conquistare la zona ed inserirla nell’impero Romano. Sorse cosi una “mansio” romana, cioè una stazione di rifornimento chiamata “Costa Balena” o “Bellene” corrispondente all’attuale Capo Don. La mansio fu quindi un centro romano importante per i traffici commerciali e per il rifornimento delle truppe che sostavano nella zona prima di andare alla conquista di nuovi territori.

La cittadina sorse su quel “Tabia fluvius” di cui si trova menzione nell’Itinerarium Provinciarium del II secolo d.C e in altri antichi testi  come la tavola Peutingeriana. La cittadina di “Tabia” o “Tavia” seguì le sorti dell’Impero Romano d’Occidente che nel VII secolo tramontò e nel 641 Tabia venne distrutta dai Longobardi di Rotari. Fu allora che gli abitanti si spostarono verso l’interno dove le possibilità di difesa erano maggiori. A questo piccolo insediamento interno, che fu la nuova “Tabia” si aggiunse, ben presto, un gruppo di monaci benedettini che da Pedona (Cuneo) si era spostato in Liguria. Intanto il centro sul mare, un tempo ricco e commerciale, si svuotò definitivamente e tutti gli abitanti si rifugiarono presso il convento benedettino.

Nacque cosi la “Tabia” medioevale ed intorno ai monaci si organizzarono la vita e la ripresa economica della zona.  Arrivarono ad interrompere l’opera dei monaci i Saraceni e la popolazione venne sterminata. Nel 979 dopo aver cacciato i Saraceni, gli abitanti di Tabia ottennero in concessione dal Vescovo Teodolfo i beni e i terreni che un tempo erano appartenuti ai monaci benedettini. Iniziò una amministrazione di libero Comune.

Nel XII secolo, Taggia cadde sotto il dominio feudale dei Marchesi di Clavesana e divenne parte del Comitato di Albenga. I Clavesana costruirono un imponente castello da cui controllavano la zona. In seguito le terre dei Marchesi passarono a Genovai. Taggia maturava sempre più la propria indipendenza e di pari passo cresceva l’importanza economica e commerciale della cittadina. Nel 1270 il borgo e il castello di Taggia subirono gravi danni in seguito all’intervento di Baliano Doria contro la famiglia ghibellina dei Curlo, rifugiatasi a Taggia dopo essere stata cacciata dal Podestà di Ventimiglia di parte guelfa.

Nel 1273 per rimediare all’ingiusto trattamento riservato ai tabiesi e alla loro cittadina, Genova nominò a Taggia il primo Podestà, il nobile genovese Ivano Baldizzone. Nel XIV secolo, Taggia che insieme ad Arma, Bussana e Riva costituiva un solo Comune, divenne un importante nodo per il traffico commerciale sul mare. L’olivo, il vino, la frutta oltre ai pregiati prodotti dell’artigianato, dalla costa ligure giungevano fino in Inghliterra

Nel XVII secolo presero vita le confraternite “Maddalenanti”, regolarizzate in seguito nel 1716. Nel XVII secolo la storia di Taggia, venne segnata dalla guerra tra i Savoia e Genova. Fu in occasione di questa guerra che Taggia si rivolse a S.Benedetto, perche la loro città non venisse nuovamente colpita vista l’affiliazione con Genova. Ancora oggi si festeggia a Febbraio il Santo Protettore. Nel 1797, Taggia entrò a far parte della Repubblica ligure, passò quindi all’Impero di Napoleone I e infine al Regno di Sardegna. Durante le guerre di indipendenza del 1800, Taggia sacrificò molti giovani alla nobile causa: un eroe del Risorgimento fu Domenico Ferrari. Alla fondazione della “Giovine Italia”, collaborò la famosa famiglia Ruffini, composta da Eleonora Curlo Ruffini e dai suoi tre figli.

Da visitare molti monumenti: il complesso di San Domenico, con il suo chiostro armonioso; le piazze dell’abitato, tra cui piazza Gastaldi, triangolare e porticata; e il grandioso ponte medievale, che scavalca il torrente Argentina con 16 arcate. E poi da gustare altre specialità: i canestrelli, biscotti al finocchio, e la cosiddetta figassa, una focaccia spessa condita con pomodori pelati, filetti d’acciuga, olive e aglio.

CERVO (IM)

Il primo nucleo del paese si sviluppò intorno alla mansio romana, costruita sul promontorio a controllo della via Julia Augusta, oggi via Aurelia, che in antichità passava meno vicina alla costa rispetto all’attuale percorso. La stele, datata I secolo d.C. e testimonianza della continuativa frequentazione del borgo in quel periodo storico, fu rinvenuta nei pressi della chiesa di San Nicola, un tempo dedicata a San Giorgio.

Nei secoli dell’alto Medioevo, segnati dalle invasioni barbariche e dalle frequenti scorrerie dei Saraceni, la felice posizione del borgo, isolato sullo sperone e facilmente difendibile, ne garantì lo sviluppo. Come tutto il territorio circostante, anche Cervo faceva parte del dominio dei marchesi di Clavesana che, nel 1172, ne cedettero il controllo a Diano che al tempo godeva di una relativa autonomia.

Acquistato nel 1198 dai Cavalieri di Gerusalemme, nel 1204 il borgo si ribellò, si proclamò libero Comune e si pose sotto la protezione della Repubblica di Genova che lo governò, attraverso i marchesi di Clavesana, per tutto il Medioevo.

Il Seicento fu segnato dagli infiniti scontri tra Genova e i Savoia, durante i quali furono saccheggiati, depredati e messi a ferro e fuoco un po’ tutti i paesi della Riviera;anche il secolo successivo non fu certo all’insegna della pace, sempre a rischio per via del frequente mutare delle alleanze della Repubblica.

Solo con l’arrivo di Napoleone, e la successiva annessione al Regno Sabaudo, Cervo, come il resto del territorio ligure, sembrò trovare un po’ di tranquillità. Nel 1923 viene accorpato, assieme ad altri 8 comuni della zona, nell’unico Comune di Diano Marina. Ma dopo la Seconda Guerra Mondiale, con un decreto del 1947, Cervo viene ricostituito come comune autonomo con il primitivo territorio.

Dalla fine dell’Ottocento, il paese iniziò ad essere meta dei pionieri del turismo balneare, attratti dalla bellezza del suo litorale, e con il passare del tempo questa attività divenne sempre più fiorente fino a costituire, oggi, la più importante risorsa economica per la popolazione.

LAIGUEGLIA (SV)

Alcuni storici fanno risalire l’origine del nome ad Aquilia, dall’aquila che era l’insegna delle legioni romane che attraversavano la Via Iulia Augusta sovrastante Laigueglia. Le prime testimonianze scritte sulla vita del paese risalgono al XII secolo, quando entrò a far parte della repubblica Genovese. Il borgo marinaro – abitato per lo più da pescatori – giurò nel 1191 assoluta fedeltà alla Repubblica di Genova, entrando a far parte dei territori genovesi ed eleggendo un podestà locale.

Tra il XII ed il XIII secolo subì una forte immigrazione di abitanti catalani, che vennero a pescare il corallo nei pressi di Capo Mele e si stabilirono in paese con le loro famiglie, dando origine ad alcuni dei più vecchi ceppi tuttora esistenti.
Nei secoli XV/XVI Laigueglia fu un centro marinaro e commerciale di grande importanza, nonostante la presenza sulle coste liguri dei Saraceni che, favoriti dall’assenza dei marinai in navigazione, assalivano i paesi bruciando le case, portando via gli abitanti ed i loro beni. Due di questi predoni, il turco Dragut ed il famoso Khayr Al Din, detto il Barbarossa, impegnarono per anni in scontri navali e terrestri le armate spagnole e genovesi. La piccola Laigueglia ebbe a che fare con entrambi. Nel 1543 venne attaccata dal Barbarossa, allora ammiraglio dell’imperatore turco Solimano, che tentò lo sbarco sottoponendo la cittadina ad un furioso cannoneggiamento dal mare.

Gli abitanti fuggirono verso la collina, mentre dal mare le navi della Repubblica risposero all’attacco, cosicché i Turchi abbandonarono l’impresa. Nel 1546 lo sbarco riuscì però al pirata Dragut che fece incetta di ostaggi. Fu grazie al capitano alassino Giulio Berno che Laigueglia ed i suoi abitanti furono salvi. Comunque, in quel periodo gli attacchi dei corsari e dei pirati lungo le coste liguri s’infittirono. La Repubblica invitò allora tutti i Comuni rivieraschi a munirsi di torri, di bastioni, di cinte murarie, fornendo aiuti finanziari e persino all’occorrenza, i progettisti più esperti. Anche Laigueglia pensò alla sua difesa, facendo costruire tre torrioni, di cui possiamo ammirare il superstite: quello di levante.
Nel sec. XVII la marineria mercantile raggiunse il suo massimo sviluppo con il trasporto di olio, granaglie e vino, con un traffico di oltre 100 bastimenti al mese.

Come testimonianza di quel periodo di invasioni e di fulgori rimane oggi l’architettura caratteristica del vecchio centro storico con i suoi tipici carruggi, progettati per esigenze difensive e la maestosa Chiesa di San Matteo realizzata nella sua ultima, attuale struttura tra il 1754 ed il 1783 sull’area del preesistente Oratorio omonimo risalente al IV secolo d.c.

I Maestri d’Ascia

All’inizio del XIX secolo si contavano a Laigueglia ben dieci moli: i suoi cantieri navali erano famosi per la loro efficienza ed utilizzavano il legno che, proveniente dai boschi di Calizzano, di Stellanello e di Andora, fatto essiccare all’aperto, era curvato e plasmato col fuoco dagli abili maestri d’ascia. Venivano varate imbarcazioni perfette, invidiate e richieste da armatori di altri paesi. I grandi velieri ormeggiavano al largo, dopo aver sparato a salve per salutare il Patrono San Matteo, mentre i più piccoli attraccavano ai moli, da dove decine di scaricatori e di facchini provvedevano a caricare o a scaricare le merci, mentre le gondole ciazzine facevano la spola dalle navi alla riva. Il traffico marittimo era dunque rilevante; all’inizio dell’800 a Laigueglia si fermavano 100-120 navi al mese, senza contare le barche da pesca locali, le gondole e quelle in transito; dal 1804 al 1808 si contarono ben 5.520 velieri con una media di 1.100 l’anno. Le merci venivano scaricate nelle piazze prospicienti il mare in attesa di essere risposte nei magazzini o trasportate altrove.

VARIGOTTI frazione di Finale Ligure (SV)

Varigotti è una importante località balneare, meta di numerosi turisti italiani e stranieri, ma anche spiaggia ambita dagli abitanti della zona. Il caratteristico “borgo saraceno”, con i vivaci colori dei suoi intonaci e gli edifici squadrati, e la qualità delle sue spiagge hanno reso Varigotti una famosa località turistica dal forte tratto distintivo marinaresco.

Varigotti – Finale Ligure

Un tempo comune autonomo, Varigotti fu unita a Final Pia nel 1869 e nel 1927 confluì nell’odierno Comune di Finale Ligure, passaggi subiti non senza lamentele degli abitanti dal forte spirito identitario. I resti medievali del XV secolo che sorgono sul promontorio sono testimonianza del suo passato storico.

Verso Noli, la spiagga della Baia dei Saraceni è una delle più ampie e suggestive spiagge libere della Liguria, circondata dalle alte parete di roccia e dalla naura selvaggia.

NOLI (SV)

Noli è uno dei centri medievali di maggior interesse storico ed artistico della Liguria e ciò non solo perché ha mantenuto pressoché intatta l’antica struttura dell’impianto urbano all’interno delle mura di cinta, ma anche per l’importanza storica ed economica che ha ricoperto durante tutto il Medioevo nel Ponente Ligure.

Il nome “Noli” testimoniato nella forma “Naboli” nei documenti più antichi del 1004 e 1005 deriva certamente da una forma “neapolis” cioè “città nuova” di chiara derivazione greco-bizantina. Anche i dati storici ed archeologici fino ad ora studiati confermerebbero quest’ipotesi. Noli avrebbe quindi avuto, insieme al centro vicino e coevo di Varigotti, il ruolo di importante base di appoggio nella difesa della Liguria costiera.

In mancanza di documenti scritti dei secoli più antichi, sono stati gli scavi archeologici che ancor oggi si effettuano nell’area della chiesa protoromanica di San Paragorio, a fornire la prova di una continuità di vita anche in periodo longobardo e poi franco. Si sa che per tutto il periodo altomedievale Noli ha fatto parte, con Varigotti, di un “comitatus” autonomo e che, in seguito allo smembramento dell’Impero carolingio, viene inserita nella Marca Aleramica sotto il dominio dei Marchesi di Savona – Del Carretto.

L’abilità dei suoi mercanti e dei suoi naviganti, che le permette di organizzare molto presto una propria flotta autonoma e molto efficiente, la pone al livello delle marinerie più antiche come Genova, Savona, Albenga. Il progressivo sviluppo e la sua sempre maggiore potenza economica consentono a Noli di partecipare, a pieno titolo, alla Prima Crociata (1099) traendone notevoli ricchezze e privilegi come dimostrano i trattati (conservati negli archivi storici di Genova) stipulati con Tancredi e Boemondo. principi di Antiochia, e con Baldovino re di Gerusalemme.

Grazie a questa prosperità economica Noli riesce, nel corso del secolo XII, ad affrancarsi dai Marchesi del Carretto, acquistandone, gradatamente, gli antichi diritti marchionali fino a quando, con atto rogato nella chiesa di S. Paragorio, Enrico II del Carretto li cede definitivamente al Comune. La tradizione vuole che questo evento così importante sia avvenuto il 7 agosto 1193; recenti studi hanno, invece, potuto retrodatarlo al 1192.

La piena emancipazione della città viene confermata da Enrico VI di Svevia che, con diploma del 1196, convalida i diritti ed i privilegi acquistati dai Nolesi. Ciò porta Noli a divenire, subito dopo Genova e Savona, Comune libero ed indipendente retto da propri consoli eletti tra tutti i “capi di famiglia”.

Nata la Repubblica marinara di Noli, era necessario dare una forma organica agli ordinamenti del libero Comune formulando degli Statuti: questi sono ancora oggi tra gli ordinamenti comunali più antichi della Liguria. Stretta, però, tra il più potente Comune di Savona ed il Marchesato di Finale – ghibellini e da sempre suoi nemici – Noli, guelfa, avrebbe avuto molte difficoltà ad espandere i propri traffici marittimi. Il libero Comune sceglie, con intelligenza, di allearsi con la più importante Repubblica di Genova. Le antiche pergamene conservate nell’Archivio storico del Comune di Noli comprovano, insieme alle altre vicende storiche della Repubblica, anche i trattati di alleanza stipulati con Genova dai quali emerge chiaramente che Noli, già dal 1202, fu sempre “alleata paritaria”e mai “succube” della Repubblica genovese.

Nel 1239 Papa Gregorio IX come riconoscimento per l’aiuto prestato nella guerra contro Federico II a fianco della Lega, elevò Noli a sede vescovile indipendente staccandola da Savona; tale resterà fino al 1820.

Nell’epoca del suo massimo splendore la Repubblica di Noli era notevolmente più vasta; il suo territorio comprendeva, infatti, parti nei vicini territori di Orco, Mallare, Segno e Vado. La potenza e la grandezza di Noli dureranno sino alla fine del secolo XIV. La sua posizione geografica di naturale rifugio navale che ne aveva favorito la floridezza all’epoca delle Crociate ma che non era più adeguato ai traffici di maggior cabotaggio, la condannò ad un isolamento senza possibilità di espansione. Anche a causa della mancanza di spazio terrestre i Nolesi si trasformarono da audaci marinai e corsari in pacifici pescatori.

Le continue guerre contro le città nemiche di Finale e Savona, le invasioni di spagnoli, milanesi e piemontesi, le scorrerie barbaresche, le precarie situazioni sociali interne, collegate anche alle carestie ed alle pestilenze, contribuirono alla decadenza di Noli.

Il suo declino proseguì sino a che, insieme alla Repubblica di Genova, della quale aveva sempre seguito le sorti come alleata e protetta, passerà, nel 1797, sotto la dominazione francese perdendo la propria indipendenza dopo settecento anni di sostanziale libertà.

La nuova Costituzione della Repubblica Ligure venne approvata dopo “tre giorni di pubbliche preghiere per implorare il divino aiuto” (Archivio Storico Nolese, filza 210) e con canti e balli che si svolgevano intorno all’Albero della Libertà innalzato sulla Piazza Civica (Gandoglia, In Repubblica, p.585).

Entriamo, ora, nel Medioevo attraversando la Porta di Piazza si tratta dell’ingresso principale e centrale della seconda cinta muraria della città (secc. XII-XIII); data l’importanza di questo ingresso, la porta era protetta da un baluardo difensivo, chiamato “rivellino”; esso venne costruito nella seconda metà del sec. XVI e demolito alla fine del sec. XIX. Ci troviamo nel CENTRO DELLA VITA POLITICA, SOCIALE ED ECONOMICA DELLA REPUBBLICA.

Nella piazza sorge il Palazzo Comunale. Non si conosce con esattezza in quale luogo i consoli della Repubblica appena costituita si riunissero per emanare le leggi e le norme necessarie per governare la città. L’attuale edificio ha subito molte e radicali trasformazioni lungo i vari secoli, specie dal 1797 fino al 1820. Interessanti sono, sulla facciata a mare, quattro belle polifore ogivali e la meridiana recentemente restaurata.

Fino al 1834 al Palazzo si accedeva da una scala in pietra, che si sviluppava davanti all’attuale porta d’ingresso della Torre del Comune che si erge accanto al Municipio. La torre è conservata ancora integralmente e risale al sec. XIII; ha un basamento in pietra verde locale, la parte superiore in mattoni e termina con una merlatura a coda di rondine.

Sottostante il Palazzo Comunale si trova la Loggia della Repubblica (secc. XIV-XV) con due grandi archi in laterizi che poggiano su una colonna ottagonale con capitello a bugnato tipico della fine del ‘300 – inizi ‘400. Interessanti sono le lapidi infisse nel muro della Loggia stessa, proprio davanti alla porta della prigione bassa o Paraxetto e all’anello di ferro usato per la tortura detta dei tratti di corda. Esse ricordano alcuni uomini illustri che a Noli nacquero o soggiornarono.

Da Noli, infatti, passò Dante: “Vassi in San Leo e discendesi in Noli” (Purgatorio IV, 25).

Dalla rada di Noli partì Cristoforo Colombo il 31 maggio 1476 per iniziare, dal Portogallo, il lungo cammino che lo avrebbe portato alla scoperta del Nuovo Mondo.

A Noli visse per alcuni mesi, nel 1576, Giordano Bruno insegnando a’ putti la gramatica et legendo la sfera a certi gentilhuomini, prima di morire bruciato come eretico, nel 1600, in Piazza delle Erbe a Roma.

Qui nacque Anton da Noli che scoprì, nel 1460, le isole di Capo Verde.

La Loggia conserva, però, un’altra lapide molto interessante; è la prima a destra verso la Porta di Piazza. Non parla di personaggi ma è l’unico ricordo marmoreo delle ferree leggi che vigevano nella Repubblica.

Poiché nel 1666 gli Antichi Decreti di buon governo, specialmente quelli stabiliti nel 1620 che imponevano, per i forestieri, la sicurezza in cambio del pagamento di 300 scudi, venivano disattesi, il Mag.co Consiglio grande de’ quaranta in legitimo e sufficiente numero congregato deliberava: “Che si facci registrare la sostanza di detto decreto in una pietra marmorea da ponersi ad una delle colonne del pubblico Palazzo, affinché in l’avvenire si tenghi in viridi osservanza, e ogn’uno sappia quello che converrà fare e si guardi bene a non contravenire.”

Questo editto si trova ora infisso sotto la Loggia a perenne ricordo! (Gandoglia, op. cit., pp. 279-280). Dalla Loggia si accede alla Passeggiata coperta che correva da Porta Viale a levante sino al Portello a ponente. Di questi portici resta percorribile solo la parte a levante, mentre di quella a ponente, inglobata in vari edifici, restano visibili alcuni archi, come quello vicino al Bar Torino ed il Porticato di piazza Mariconi

BOCCADASSE (GE)

Boccadasse è un antico borgo marinaro del comune di Genova, che fa parte del quartiere di Albaro. Convenzionalmente il piccolo quartiere di Boccadasse è delimitato dalla via Felice Cavallotti (che delimita il borgo ad ovest verso Albaro), via Caprera che lo separa da Sturla alta e via del Capo di Santa Chiara, ad est del quale si estende Vernazzola, altro piccolo borgo marinaro che fa parte del quartiere di Sturla. A sud naturalmente il confine è la linea costiera.

Il borgo di Boccadasse è compreso tra l’estremità orientale di corso Italia e il Capo di Santa Chiara, zona molto esclusiva e punto panoramico che divide l’area di Albaro da quella di Sturla. Il borgo di Boccadasse, con le sue case dalle tinte pastello, addossate le une alle altre e strette attorno ad una piccola baia, anche se ormai circondato dal contesto cittadino, si è conservato pressoché immutato nel tempo, come lo si sarebbe potuto vedere uno o due secoli fa, circostanza che ne ha fatto una delle più note attrattive turistiche genovesi. La grande suggestione di questo luogo è dovuta anche al fatto che non si tratta di una semplice conservazione del passato ad uso turistico, ma di un borgo vivo e vitale, dove ancora alcuni pescatori continuano la loro antica attività. Oggi, accanto a loro, ci sono gelaterie, ristoranti e piccole gallerie d’arte.

Boccadasse è il tradizionale punto di arrivo delle passeggiate dei genovesi in corso Italia, il frequentato lungomare che dalla Foce attraversa tutto il quartiere di Albaro e termina in corrispondenza della chiesa dedicata a Sant’Antonio di Padova, dove sono conservati numerosi ex voto legati a drammi della gente di mare. Sul retro della chiesa si trova una piazzetta panoramica intitolata al poeta Edoardo Firpo dalla quale si può godere il panorama del sottostante borgo marinaro.

Dal belvedere in cima al Capo di Santa Chiara, sovrastato dal castello Türcke, costruzione medioevaleggiante in stile Liberty, costruito nel 1903 su progetto di Gino Coppedè, si può godere un ampio panorama sul levante genovese e del Golfo Paradiso fino al promontorio di Portofino.

Diverse sono le ipotesi circa l’origine del nome di Boccadasse, ma non ci sono fonti certe in proposito. Secondo quella più frequentemente citata, il nome del borgo deriverebbe dalla forma della piccola baia: Boccadasse significherebbe “bocca d’asino” (bocca d’âze nel dialetto genovese).

Altre possibili origini del nome fanno riferimento al torrente “asse” che un tempo scorreva dove attualmente si trova via Boccadasse e, dopo aver alimentato i lavatoi (treuggi in genovese) e la fontana, sfociava in mare al centro del borgo, o ancora, dal nome di un antico proprietario, Guglielmo Boccadassino.

Storia

Secondo una leggenda il borgo sarebbe stato fondato intorno all’anno 1000 da alcuni pescatori spagnoli che, colti da una tempesta, trovarono rifugio in questa insenatura. Dal nome del loro capitano (De Odero o Donderos), sarebbe derivato il cognome Dodero, ancora oggi diffuso nella zona.

Il borgo di Boccadasse è sempre stato parte integrante del territorio di San Francesco d’Albaro, da cui dipendeva amministrativamente, sia come comune che come parrocchia. San Francesco d’Albaro fino all’Ottocento era un comune rurale, composto di case sparse, orti e ville signorili sulle colline prospicienti il mare: Boccadasse ne costituiva una piccola appendice periferica, uno dei pochi nuclei compatti di questo territorio e l’unico in riva al mare.

Con il Regio Decreto n. 1638 del 26 ottobre 1873 sei comuni della bassa val Bisagno, e tra questi San Francesco d’Albaro, furono accorpati al comune di Genova.

L’espansione edilizia del Novecento ha cambiato profondamente l’aspetto di questa zona, trasformandola in uno dei più eleganti quartieri residenziali di Genova, ma cancellando al tempo stesso il tessuto storico preesistente. In questo contesto il borgo di Boccadasse, per la posizione periferica, ma soprattutto per volontà dei suoi abitanti, è riuscito a conservare l’originale struttura urbanistica.

CAMOGLI (GE)

D’origine antica il nome “Camogli” presenta un’etimologia incerta e dibattuta. Secondo alcuni studiosi deriva dal nome del dio etrusco Camulio o Camulo (identificabile nel dio Marte) o da quello della divinità gallo-celtica Camolio, per altri sembra provenire dalla denominazione della popolazione di Casmonati che abitavano la regione prima della conquista romana.

A parere di alcuni il nome ha origine greco-ligure derivando da “cam”= in basso e “gi”= terra, quindi “terra in basso”, ossia nucleo abitato situato in basso, lungo la costa rispetto al valico della “rua” (=Ruta). Vi sono poi due interpretazioni del nome fantasiose e nate dalle tradizioni tipiche del paese che attribuiscono la derivazione del nome a forme dialettali quali casa= “ca” e mogli= “mugge”, cioè casa delle mogli, riferendosi al fatto che il paese fosse abitato prevalentemente dalle donne essendo i camogliesi naviganti e pescatori sempre fuori casa, oppure casa= “ca” e mucchi= “moggi”, cioè case a mucchi, addossate, ammucchiate le une alle altre come risulta apparire Camogli sia dal mare, sia dall‟alto della via Aurelia.

Il nome di Camogli compare per la prima volta in un inno liturgico del basso medioevo (1018–1045) in onore di S. Giovanni Bono. Da allora, e con maggiore frequenza dal XII secolo, il nome di Camogli comparirà nelle cronache genovesi e negli atti notarili a conferma della graduale definizione della configurazione della città.

Lo stemma

Nel decreto del 3 giugno 1877, con il quale il re Vittorio Emanuele II conferisce il titolo di Città a Camogli, viene sancito il diritto di usare lo stemma ricavato dalla Consulta Araldica insieme agli ornamenti attribuiti dalla legge alla città. Lo stemma viene così descritto: “… è d’azzurro, alla nave antica, a tre vele latine, vogante sopra il mare di verde fluttuoso d’argento, verso una torre d’oro fondata sopra uno scoglio al naturale, questo uscente dal mare di fianco destro dello scudo, con una stella d’oro, raggiante d’argento, nel punto del capo; esso scudo cimato della corona murale formata da un cerchio di muro aperto, di tre porte e due finestre semicircolari contenenti cinque torri merlate, il tutto d’oro, le torri unite da muriccioli d’argento, ciascuna con una guardiola o torricella d’oro, equidistante dalle torri laterali e sporgenti a piombatolo dalla metà del muricciolo, accostato da due rami uno d’olivo e l’atro di quercia fruttati al naturale, decussati sotto la punta e legati di rosso.”

Nello stemma si trovano sintetizzati gli elementi caratteristici di Camogli: il mare e il cielo, il castello – come quello della Dragonara – baluardo a difesa dagli attacchi provenienti dal mare, l‟imbarcazione a vela che tanto ha rappresentato nella storia e nella vita economica-sociale della città ad iniziare dall‟epoca napoleonica, la stella, guida dei marinai e simbolo della devozione mariana che trova espressione nella venerazione della Madonna del Boschetto, patrona della città e nella festa del primo agosto della “Stella Maris” con la processione di imbarcazioni da Camogli a Punta Chiappa.

SESTRI LEVANTE (GE)

Procedendo verso oriente, Sestri segna l’inizio di un tratto di costa della Liguria dove si susseguono baie, anfratti e rocce a picco sul mare. Sestri Levante di baie ne ha addirittura due: prolungandosi sul mare con un istmo verso il promontorio detto l’Isola, crea a Ponente la Baia delle Favole (così battezzata da uno che di favole se ne intendeva, Hans Christian Andersen); mentre a Levante, opposta e separata da una lingua di terra, l’ancor più sugestiva Baia del Silenzio, su cui si specchiano facciate color pastello. Un contesto paesaggistico incantevole, dove rilassarsi camminando sulla passeggiata e proseguendo per il bellissimo sentiero verso il promontorio di Punta Manara.

IDEE DI VIAGGIO ITINERARI E WEEKEND – TCI Touring Club Italia – Sestri Levante e dintorni.

TELLARO (SP)

Questo piccolo borgo di pescatori è la frazione più orientale del comune di Lerici (che è altrettanto bello) e si trova arroccato su una scogliera che si affaccia sul Golfo della Spezia. Tra scalette e sottopassi ci si aggira per il nucleo antico di Tellaro: bella la passeggiata che si insinua tra le case girando attorno alla chiesetta, innalzata su uno scoglio a picco sul mare.

PORTOVENERE (SP)

Visitare Portovenere in un giorno di sole e cielo blu è un’esperienza che lascia il segno. Il borgo, che deve il suo nome al tempio di Venere che si trovava nel luogo in cui sorge la chiesa di San Pietro, ha molti punti degni di nota: la bellissima palazzata policroma, l’impianto urbano ben conservato, il castello che guarda dall’alto, la chiesa di San Lorenzo e soprattutto la chiesa di S. Pietro, che svetta sul promontorio in posizione eccezionale. Costruita nel XIII secolo, è tutta a fasce bianche e nere, come tipico delle chiese della zona. Ed è un punto perfetto per ammirare il panora sulla costa e sull’isola Palmaria, l’unica abitata della Liguria, riserva naturale attraversata da sentieri nella macchia.

IDEE DI VIAGGIO ITINERARI E WEEKEND – TCI Touring Club Italia -Portovenere e dintorni

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