UNA VISITA AL MUSEO: MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI
Le due imponenti statue, che inizialmente facevano forse parte di un più complesso gruppo statuario, furono rinvenute nel corso degli scavi di Villa Adriana, la grandiosa residenza suburbana che l’imperatore Adriano iniziò a farsi costruire presso Tivoli nel 126 d.C. Si tratta di due fra le molte copie romane che, proprio a partire dal II secolo, vennero realizzate ispirandosi agli originali bronzei attribuiti a Kritíos e Nesiótes i quali, a loro volta, riprendevano il celebre gruppo dei Tirannicidi (che letteralmente significa: «uccisori di tiranni»), realizzato dal maestro ateniese Antenor.
Copie romane (prima metà del II secolo d.C.) degli originali bronzei greci (ca 480-470 a.C.) Marmo, altezza 185 cm (Armodio) e 182 cm (Aristogitone)
I due personaggi, infatti, rappresentano Armòdio (Harmódios) e Aristogìtone (Aristogéiton), che nel 514 a.C. uccisero il tiranno Ippàrco, che insieme al fratello Ìppia signoreggiava su Atene proseguendo nel governo dispotico del padre Pisìstrato. Il violento gesto libertario infiammò moltissimo l’animo degli Ateniesi i quali, una volta riconquistata la libertà con il governo democratico di Clìstene, onorarono con numerose statue la memoria dei monarcòmachi che, dopo il loro gesto, erano stati immediatamente giustiziati. Il grandioso gruppo bronzeo fuso da Antenor intorno al 510 a.C. fu dunque collocato nell’agorà di Atene a simbolico monito contro ogni tirannide passata e futura. Nel corso della seconda invasione persiana del 480-479 a.C., l’opera venne trafugata dal re Serse, ma una volta sconfitti i Persiani un nuovo gruppo dei Tirannicidi fu commissionato a Kritios e Nesiotes, probabilmente i due migliori allievi di Antenor.
Queste due pregevoli copie romane, anche se più volte restaurate e integrate, bloccano con grandiosa potenza l’istante che precede l’azione. Armodio (a destra), il più giovane dei due, è privo di barba e avanza maestosamente di un passo, con il braccio destro levato in alto per brandire la spada che vibrerà il colpo mortale all’odiato tiranno. La gamba destra, ben piantata al suolo, regge tutto il peso di un corpo che, per assecondare l’ampio gesto dell’arto superiore, è ruotato quasi di tre quarti, in contrapposizione con la testa, ruotata dalla parte opposta. Il braccio sinistro, infi ne, per controbilanciare l’impeto del destro, si ritrae lungo il fianco, forse nell’atto di impugnare un’altra arma, ora perduta.
L’amico Aristogitone (a sinistra), più anziano, con folta barba e baffi , è invece bilanciato al contrario, come in uno specchio. Tutto il peso del corpo, infatti, insiste sulla gamba sinistra e il busto possente è ruotato dalla parte opposta di quello di Armodio. Egli protende maestosamente in avanti il braccio sinistro, dal quale pende una corta clamide rigidamente panneggiata, mentre con il braccio destro, arretrato, impugna a sua volta una spada, che immaginiamo pronta a sferrare il colpo di grazia.
Posto che le due sculture, la cui reale collocazione non ci è comunque nota, fossero originariamente disposte come oggi le osserviamo, esse colpiscono per la straordinaria strategia della composizione. La perfetta simmetria dei due eroi, l’equilibrato alternarsi degli arti carichi (cioè che compiono uno sforzo) e di quelli scarichi (cioè in momentaneo riposo), l’armonioso studio dei gesti, l’omogenea trattazione delle superfici marmoree, con modellati anatomicamente potenti ma ancora legati, soprattutto nei volti, a un certo rigore arcaico, fanno di questo gruppo una delle testimonianze più vive ed emozionanti del primo sbocciare della statuaria classica.
Fonte @Wikipedia