Un patrimonio ricchissimo ma non facile da tutelare
Se c’è una cosa che caratterizza l’ambiente italiano, le sue condizioni e le scelte da fare per la transizione ecologica del nostro Paese, questa è la complessità, a tutti i livelli. La complessità rende la conoscenza e le soluzioni più difficili, ma anche più interessanti.
Distesa da Nord a Sud con un’estremità nell’Europa centrale e l’altra alla latitudine della Tunisia, l’Italia ha la più grande varietà ambientale d’Europa, e quindi un’eccezionale biodiversità. Fin dalla protostoria, sulla matrice ambientale originaria si sono innestate moltissime trasformazioni legate soprattutto allo sfruttamento agricolo e pastorale, dai disboscamenti dei primi agricoltori di settemila anni fa alle bonifiche delle paludi nel Novecento, ma anche alla regimazione dei corsi d’acqua e allo sfruttamento delle risorse minerarie.
Anche l’agricoltura, l’attività che più di ogni altro ha segnato il territorio, è caratterizzata proprio da una diversità di colture e di modalità di conduzione che non ha uguali in Europa. Il risultato è un uso e un insediamento capillare nel territorio da parte di una popolazione sempre stata molto numerosa, che non hanno lasciato nessun angolo del Paese nelle condizioni originarie.
Anche i luoghi apparentemente più “naturali” recano ancora forte l’impronta dell’uomo, che se da una parte ha disperso talvolta anche pesantemente il capitale naturale, dall’altra ha saputo creare alcuni dei paesaggi più belli e ammirati del mondo, esempi di convivenza sostenibile tra uomo e ambiente.
Nel corso degli ultimi settant’anni, su questa Italia plasmata nel corso di millenni è passata una modernità che ha migliorato enormemente le condizioni di vita e ha consentito uno straordinario progresso civile per tutti gli italiani, ma a un prezzo talvolta anche molto alto per gli equilibri ambientali che si erano mantenuti o creati, soprattutto nelle pianure, lungo le coste e dove lo sviluppo ha dimenticato la storia e le peculiarità di un territorio fragile e soggetto a frequenti fenomeni di dissesto.
La consapevolezza dei danni ambientali prodotti e della necessità di porvi rimedio ha fatto sì che la “transizione ecologica” italiana sia cominciata ben prima che questa espressione entrasse nell’uso comune, ma moltissimo è ancora da fare. E non è facile.
Le “ricette” da trovare per una più sostenibile convivenza fra gli italiani e il loro territorio sono infatti tantissime, perché tante esigenze umane vanno conciliate con tante situazioni ambientali diverse. Spesso le stesse esigenze di tutela ambientale sono in competizione fra loro, basti pensare ad esempio a quante nuove infrastrutture e quanto spazio saranno richiesti dall’economia circolare, la mobilità sostenibile, lo sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico. Nelle zone di collina e di montagna che si stanno rinaturalizzando, occorre invece conciliare la ricostituzione del capitale naturale con la conservazione di paesaggi agrari preziosi forse come i nostri centri storici.
Tutto questo, però, rende l’Italia un paese molto interessante, quasi un laboratorio per chiunque si occupi di ambiente
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