Registro nazionale dei paesaggi rurali storici del MIPAAF
Regione: Emilia Romagna
Nell’alta valle del Reno, al confine con la Toscana, si circoscrive un territorio in cui insediamento umano e cultura del castagno si sono andati sviluppando e consolidando da più di un millennio giungendo sino a noi con segni tangibili e spesso immutati. Il territorio, ultima propaggine dell’Appennino bolognese, delimita una superficie di circa 2500 ettari collocata interamente all’interno del Comune di Alto Reno Terme, in cui emergono gli insediamenti di Castelluccio, Capugnano, Borgo Capanne, Lustrola, Granaglione e Boschi di Granaglione, antichi borghi che conservano ancora l’impianto urbanistico, le tipologie insediative e le emergenze religiose, retaggio del passato
Motivazione iscrizione
L’area di interesse è situata nell’alta valle del Reno, al confine con la Toscana, e ricade interamente nel Comune di Alto Reno Terme. Gli approfondimenti effettuati mediante analisi storiche mirate, valutazioni circa la persistenza delle tipologie insediative, aggiornamenti relativi alle dinamiche degli usi del suolo e la realizzazione di repertori delle emergenze culturali ed ambientali, hanno permesso di delimitare all’interno dell’area comunale un territorio di circa 2.540 ettari emergente per le sue peculiarità di paesaggio rurale storico, rappresentato in particolare dai borghi e nuclei rurali storici e dai castagneti da frutto ad essi connessi.
Tali ambiti trovano il loro naturale raccordo vuoi attraverso l’antica rete viaria segnata in continuità da manufatti devozionali, vuoi per la numerosa presenza di edifici rurali di interesse storico-culturale. Si disegna così sul territorio una fascia a guisa di semicerchio compresa altimetricamente tra i 400 ed i 1000 m slm all’interno della quale domina il
castagno, che in molti casi mostra ancora inalterato l’antico sesto d’impianto.
Al di sopra del limite altitudinale di questa fascia prende il sopravvento la faggeta, tale da rappresentare il confine tra i
paesaggi storici rurali e quelli storici naturali. Nell’area di interesse, insediamento umano e cultura del castagno si sono andati sviluppando e consolidando da più di un millennio giungendo sino ad oggi con segni tangibili e spesso immutati. Benché la presenza del castagno da frutto nel centro-nord dell’Italia sia testimoniata da epoche molto antiche, fu certamente Matilde di Canossa (1046-1115), marchesa della Tuscia e contessa di Reggio Emilia, Modena e Mantova, a dare un forte impulso alla castanicoltura anche in questa parte dell’Appennino bolognese che si è dimostrata particolarmente vocata a tale coltivazione.
Si è così andato sviluppando nel tempo un sistema produttivo e insediativo incentrato sulla coltivazione del castagno da frutto integrato alle altre attività agro-silvo-pastorali. I boschi di castagno da frutto e da legno, le faggete, il sistema delle borgate, la viabilità minore e i manufatti funzionali all’essicamento delle castagne e alla produzione di farina costituiscono gli elementi predominanti di rilevanza storica e paesaggistica di questo territorio.
A distanza di 900 anni tale impronta rimane fortemente radicata nella “comunità” delle donne e degli uomini che vivono in questi luoghi con l’orgoglio di avere preservato un patrimonio colturale che oltre ad essere conservato, va soprattutto valorizzato in termini produttivi, culturali e turistici. Da queste considerazioni emerge come il territorio proposto rientri a tutti gli effetti nella definizione di “paesaggio rurale di interesse storico” in quanto rispondente ai requisisti richiesti ed in particolare per aver conservato nel tempo evidenti testimonianze della sua origine e della sua storia, mantenendo un ruolo socio-culturale ed economico e mostrando caratteristiche di tradizione e di storicità degli ordinamenti colturali, con particolare riferimento alla castanicoltura. Per questi motivi l’area interessata risulta iscrivibile al registro nazionale dei Paesaggi Rurali storici e delle pratiche agricole tradizionali.
Integrità
L’applicazione dell’’analisi VASA evidenzia che dei 2540 ettari della area candidata, più del 80% sono rappresentati da usi del suolo che si sono mantenuti invariati dal 1954 ad oggi e tali da essere considerati di interesse storico, anche per la presenza di numerosi elementi puntuali e lineari emergenti per tipologia culturale od ambientale censiti sull’intero territorio dell’area candidata.
Il censimento ha portato alla realizzazione di sei repertori da cui sono state tratte le informazioni attestanti la persistenza dei borghi e dei nuclei storici associati alla castanicoltura, dell’edilizia rurale sparsa di interesse storico-culturale, degli edifici religiosi e dei manufatti devozionali, delle fonti e delle sorgenti, degli alberi monumentali e dei siti arborei di pregio.
L’analisi VASA attestata l’appartenenza dell’area candidata alla VI classe, con un livello di integrità del paesaggio storico molto elevata caratterizzato prioritariamente dai borghi e nuclei storici e dai castagneti da frutto ad essi connessi, ma anche dalle faggete e dai boschi cedui di castagno la cui importanza storica sta nel contributo energetico e di legname fornito alle popolazioni nei secoli passati.
Gestione
Gestione ed controllo dell’area in esame rientrano nel quadro normativo urbanistico ambientale (L.R. n. 15/2013) del Comune di Alto Reno Terme con l’adozione dei criteri adottati dal Piano Strutturale Comunale (PSC) da cui discendono il Piano Operativo Comunale (POC) e la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). L’area della “Corona di Matilde” è protetta da Vincoli di natura storico-culturale (concernenti ad esempio la protezione delle acque superficiali e sotterranee), Vincoli ambientali (concernenti ad esempio la viabilità panoramica e storica), Vincoli paesaggistici (concernenti ad esempio il sistema delle aree forestali ai sensi del D.Lgs n. 42/2004).
Il territorio della “Corona di Matilde” risulta tutelato e conservato anche grazie all’impegno delle Pro Loco e delle associazioni che agiscono per il miglioramento naturalistico e paesaggistico dei luoghi. A tale valorizzazione contribuiscono le iniziative del Museo della civiltà contadina “Laborantes” di Castelluccio, del Centro didattico sperimentale del castagno di Borgo Capanne, della Xiloteca di Granaglione, dell’Associazione Castanicoltori Alto Reno che, partendo dalla conservazione delle tradizioni, sviluppano filiere produttive sostenibili connesse alla castanicoltura.
Raccomandazioni
Nei luoghi della Corona di Matilde coltura e cultura del castagno sono giunte sino ai nostri giorni non solo come conservazione di un patrimonio dell’uomo e della natura, ma come vivace attività che prendendo spunto dalle tradizioni di un recente passato, rappresentano tutt’ora una potenziale opportunità economica con produzioni agro-alimentari indiscutibilmente biologiche e sostenibili.
La coltivazione del castagno che fin dal medioevo ha rappresentato un essenziale pilastro dell’economia delle colline e delle montagne appenniniche, può rinnovarsi oggi sia sul piano produttivo che su quello ambientale. Il castagno da frutto è infatti in grado di dare avvio a tradizionali filiere produttive: dal frutto come consumo fresco o per la produzione di farine e di birre secondo pratiche artigianali, dai fiori per una apicoltura specializzata nella produzione di miele pregiato.
Dal castagneto ceduo, per la produzione di paleria, e da quello da opera, per ottenere nel lungo tempo legno pregiato. Ricerca e nuove tecnologiche dedicate alla castanicoltura fanno intravvedere lo sviluppo di filiere innovative nel pieno rispetto dell’ambiente; ad esempio la corretta gestione delle lettiere del sottobosco oltre migliorare la qualità del suolo, può divenire fonte di reddito per l’acquisizione di crediti di carbonio; così come dal trattamento dei vari organi del castagno, quali foglie, cupole spinose e pericarpi, si possono ottenere integratori alimentari particolarmente apprezzati in campo zootecnico anche per le proprietà antisettiche del tannino, ed estrarre principi attivi in grado da funzionare come neuro protettivi per l’uomo.
A fronte di tale prospettive è oltremodo necessario evitare che i castagneti da frutto subiscano fenomeni di “rinaturalizzazione” a causa delle difficoltà prevalentemente economiche che i proprietari incontrano nella loro gestione; tale salvaguardia va estesa ai castagneti centenari, che oltre alla loro maestosità, sono testimonianza dello storico e tradizionale sesto d’impianto matildico, oltre al patrimonio genetico che conservano in se. In tal senso la “comunità” della “Corona di Matilde” si sta prodigando presso i proprietari affinché intervengano nell’opera di salvaguardia e di recupero, sollecitando nel contempo enti pubblici, istituzioni di ricerca, fondazioni bancarie, aziende private perché intervengano con normative mirate e contributi a sostegno. Insegnamento dal passato, conservazione delle tradizioni, sviluppo delle filiere produttive. valorizzazione dell’accoglienza, ricerca ed innovazione: questo vuole essere “La Corona di Matilde – Alto Reno Terra di Castagni”, in omaggio anche ad una grande figura femminile che ha saputo con il suo intuito diffondere una coltivazione che è storia e vita dell’Appennino.
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