Pittura Gotica – Giotto
Giotto di Bondone, nato a Colle di Vespignano, nella campagna vicino a Firenze, compie probabilmente il suo apprendistato presso Cimabue. Affermatosi ben presto come il maggior pittore del suo tempo, lavora a Firenze, Assisi, Roma, Rimini, Padova e Napoli. Muore a FIrenze nel 1337.
I primi anni del pittore sono stati oggetto di credenze quasi leggendarie fin da quando egli era in vita. Giorgio Vasari racconta come Giotto fosse capace di disegnare una perfetta circonferenza senza bisogno del compasso, la famosa “O” di Giotto.
Si narra inoltre che Cimabue avesse scoperto la bravura di Giotto mentre disegnava delle pecore con del carbone su un sasso, aneddoto riportato da Lorenzo Ghiberti e da Giorgio Vasari. Altrettanto leggendario è l’episodio di uno scherzo fatto da Giotto a Cimabue dipingendo su una tavola una mosca: essa sarebbe stata così realistica che Cimabue tornando a lavorare sulla tavola avrebbe cercato di scacciarla. Le novelle raccontano verosimilmente soprattutto la grande capacità tecnica e la naturalezza dell’arte di Giotto.
La straordinaria influenza di Giotto nei suoi contemporanei determinerà in modo decisivo i successivi sviluppi di tutta la cultura figurativa italiana, per cui si è giustamento riconosciuto in lui il maggiore innovatore del linguaggio figurativo del suo tempo, alla pari di Dante in campo poetico.
Il naturalismo di Giotto, con la sua plastica descrizione del reale, rappresenta la possibilità di interpretare la natura, la storia e la vita, oltre ad essere un valido strumento per tradurre le emozioni e i sentimenti in immagini.
PRINCIPALI OPERE DI GIOTTO
Affreschi della Chiesa di San Francesco ad Assisi
La Basilica Superiore d’Assisi ospita gli affreschi di Giotto sulla vita di San Francesco. La costruzione della basilica inizia nel 1228, il giorno dopo la canonizzazione di Francesco, il figlio di un ricco mercante umbro che si spoglia dei suoi privilegi e incarna il ritorno a un modello evangelico di carità e umiltà cristiana. Per la decorazione della basilica vengono chiamati i migliori artisti. Il pittore Cimabue giunge ad Assisi con uno stuolo di allievi tra i quali il giovane Giotto che collabora agli affreschi delle Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento, in particolare alle Storie di Isacco. Quasi vent’anni dopo l’allievo diventa maestro. Il generale dell’Ordine Francescano affida a Giotto il ciclo di affreschi sulla vita di San Francesco.
Per Giotto è un’occasione unica: non esiste alcuna tradizione iconografica codificata sulle storie del Santo a legargli le mani; ha a disposizione un grande spazio bianco da riempire come vuole. Il pittore sceglie di raccontare l’umanità dei personaggi, ne cura la fisicità e dà rilievo agli elementi naturali del paesaggio, interpretando così al meglio il messaggio francescano d’amore per tutte le cose del Creato. Nell’episodio della Rinuncia ai beni terreni Francesco è rappresentato nella sua nudità con grande realismo anatomico. La mano di Dio indica Francesco come unico depositario del messaggio cristiano. Molte le scene corali; la folla è compatta, disegnata come un unico volume. Giotto però non rinuncia alle individualità, cura le fisionomie dei personaggi e li veste con realismo. Lo spettatore trecentesco ha l’impressione di trovarsi di fronte a una scena di vita vera nella quale può immedesimarsi con facilità.
La capacità di Giotto di dipingere con moderna sensibilità prospettica è evidente nel Presepe di Greccio, dove il crocifisso inclinato verso il fondo della scena accentua la profondità dello spazio. Da un affresco all’altro il paesaggio si arricchisce di molteplici variazioni: i piccoli alberi sulle rocce del Miracolo della fonte creano un ambiente ostile e accentuano l’eccezionalità dell’evento soprannaturale, mentre quelli folti e rigogliosi de La predica agli uccelli sottolineano la benevolenza della natura.
Affreschi della Cappella Scrovegni
Affreschi della Cappella Peruzzi e Bardi nella Chiesa di Santa Croce a Firenze
Fu commissionata da un esponente della famiglia Peruzzi, tra i più ricchi banchieri e mercanti della città, a Giotto, che la dipinse in una fase matura della sua carriera, verso il 1318, una dozzina d’anni dopo il suo capolavoro alla Cappella degli Scrovegni di Padova. Entro il 1322 circa i lavori dovevano essere compiuti. Nella stessa chiesa, circa dieci anni dopo Giotto affrescò anche la cappella Bardi. In totale le cappelle affrescate da Giotto erano quattro, ma solo queste due ci sono pervenute: le cappelle Giugni e Tosinghi infatti non hanno più alcuna traccia delle pitture menzionate dalle fonti antiche.
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