È PROPRIO SUL TEMA DELLE INFRASTRUTTURE CHE L’ITALIA È INDIETRO NELLA GESTIONE SOSTENIBILE DELL’ACQUA CON UN UTILIZZO MEDIO TRA IL 30% E IL 35% DELLE SUE RISORSE IDRICHE RINNOVABILI E LONTANA DALL’ OBIETTIVO EUROPEO DI EFFICIENZA.
Una frase erroneamente attribuita a Charles Darwin cita “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”. In realtà, questa affermazione mal si adatta ad essere riferita ai sistemi biologici, poiché presuppone una volontarietà nell’adattamento. Tuttavia, se essa venisse applicata ad un sistema economico e sociale, e se il cambiamento di cui parliamo fosse quello climatico, che minaccia ecosistemi e società, tale affermazione potrebbe avere un senso.
I cambiamenti climatici si stanno mostrando in tutta la loro forza ed evidenza, mettendo in discussione la disponibilità di risorse naturali anche nei paesi sviluppati, minacciando gli asset economici e il conseguente livello di benessere economico e sociale che deriva da tale disponibilità.Uno degli aspetti più tangibili e percepiti del cambiamento climatico è la carenza idrica che deriva, in parte, dalla minore disponibilità di acqua indotta dalla siccitàe, in parte, dalla capacità di far fronte ai (maggiori) fabbisogni derivanti dall’aumento delle temperature con adeguate infrastrutture.
Acqua
Ed è proprio sul tema delle infrastrutture che l’Italia è indietro nella gestione sostenibile dell’acqua con un utilizzo medio tra il 30% e il 35% delle sue risorse idriche rinnovabili e lontana dall’obiettivo europeo di efficienza che prevede di non estrarre più del 20% delle risorse idriche rinnovabili disponibili. Parimenti, l’incremento delle temperature, aumentando l’evaporazione dagli specchi d’acqua e l’evapotraspirazione pianta/suolo, incide allo stesso tempo sulla disponibilità e sul fabbisogno idrico ed irriguo.
Il rapporto dell’IWMI2 stima che nel 2050 la domanda di acqua globale supererà del 40% l’offerta. Questo metterebbe a rischio il 45% del PIL globale prodotto dall’agricoltura, il 52% della popolazione e il 40% della produzione di grano mondiale. I sistemi agricoli mediterranei si sono sviluppati contando sull’apporto irriguo in aggiunta a quello pluviale. In Italia, per effetto del cambiamento climatico, anche i sistemi agricoli del Nord Italia stanno subendo gravi danni dovuti ad una siccità senza precedenti. La siccità dell’estate del 2022, in aggiunta alla guerra in atto tra Russia e Ucraina, ha generato in Italia un calo dell’1,8% su base annuale del valore aggiunto dell’agricoltura, in controtendenza rispetto all’andamento generale del 2022, per effetto dell’aumento dei costi energetici e dell’impatto dei cambiamenti climatici, tra maltempo e siccità.
La mancanza d’acqua diventa particolarmente evidente quando arriva ad intaccare la disponibilità di acqua per i fabbisogni domestici, incidendo direttamente sulla vita quotidiana delle persone. Dal momento, poi, che l’uso potabile è prioritario, quando manca l’acqua da bere occorre necessariamente ridurre tutti gli altri usi confliggenti e non prioritari. Nella primavera del 2022, cinque Regioni italiane (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Piemonte) hanno dichiarato lo stato di emergenza per l’uso potabile, attivando le procedure di Protezione Civile a supporto della popolazione.
Contestualmente, come concertato in sede degli Osservatori permanenti per gli usi idrici, è stato imposto agli enti irrigui di ridurre i quantitativi di acqua emunti, anche di molto al di sotto di quelli che erano stati autorizzati a prelevare (limite ai prelievi irrigui rispetto a quelli concessi), ove questo fosse necessario a garantire maggiore disponibilità per gli usi civili e per il mantenimento degli ecosistemi fluviali.
Diventa dunque imprescindibile, per il settore agricolo, integrare le politiche e le strategie di uso efficiente e sostenibile dell’acqua (a cui da tempo tale settore è chiamato a rispondere e sta rispondendo anche in attuazione della Direttiva Quadro Acque (DQA 2000/60/CE) in una più ampia e complessiva strategiadi adattamento al cambiamento climatico. Nel 2007, quando l’Europa si è trovata ad affrontare già la seconda crisi idrica del nuovo millennio, la Comunicazione COM/2007/4144 ha affrontato il problema della siccità e della scarsità idrica in Europa definendo sette principali obiettivi strategici e le correlate azioni implementabili a livello nazionale ed europeo.
In questo documento, l’efficienza d’uso viene indicata come priorità da perseguire in tutti i settori di impiego dell’acqua, integrando le problematiche idriche nelle relative politiche settoriali per promuovere una cultura del risparmio idrico. Per quanto riguarda l’infrastrutturazione idrica, l’orientamento è di prediligere l’efficientamento delle infrastrutture esistenti rispetto alla realizzazione di nuove infrastrutture irrigue, cheviene indicata come estrema ratio per ridurre l’impatto di siccità gravi, laddove la domanda resti superiore alla disponibilità di acqua nonostante tutte le misure di prevenzione siano state attuate (risparmio idrico, politiche di tariffazione dell’acqua, fonti alternative, ecc.).
Anche l’Italia si è dotata, nel 2015, di una Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (SNACC) da attuare mediante il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), redatto nel 2018 e aggiornato a dicembre 2022. Oltre a definire le misure di adattamento, il PNACC ne stabilisce anche la Governance istituendo, in linea con quanto previsto dalla SNACC, l’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Questo Osservatorio si configura come tavolo di coordinamento e confronto per l’aggiornamento nel tempo delle priorità di intervento e per la pianificazione e attuazione delle azioni di adattamento; esso si avvale anche di un organo consultivo-divulgativo (Forum permanente) per la promozione dell’informazione, dela formazione, e della capacità decisionale dei cittadini e dei portatori di interesse. Le strategie di adattamento prevedono l’attuazione di un quadro organico e coordinato di azioni di diversa natura (conoscitive, normative, gestionali e infrastrutturali) applicabili a diverse scale territoriali e ai diversi livelli di uso dell’acqua, riferibili all’intero ciclo dell’acqua o declinabili settorialmente.
Alcune delle azioni implementabili, applicabili anche al settore agricolo e irriguo, possono agire per:
- ampliare la conoscenza degli usi, anche al fine di pianificarli per ridurre l’incertezza dell’approvvigionamento;
- rivedere le tariffe e i canoni di concessione come incentivo all’uso efficiente e leva per il recupero dei costi dei servizi idrici;
- incrementare e differenziare le fonti di approvvigionamento (mediante accumulo o ricorso a fonti non convenzionali);
- investire sulle reti di distribuzione per ridurre le perdite;
- promuovere l’uso efficiente all’utente finale, anche mediante servizi di consiglio irriguo a livello aziendale;
- promuovere pratiche agronomiche in grado di aumentare la capacità di ritenzione idrica dei suoli;
- promuovere misure di gestione del rischio;
- promuovere approcci collettivi e partecipativi per la gestione delle risorse includendo anche i Contratti di Fiume;
- attuare piani per la siccità per il razionamento degliusi prima e durante gli eventi siccitosi.
I PIANI E LE STRATEGIE PER LA TUTELA QUALI-QUANTITATIVA DELL’ACQUA (E DEGLI ECOSISTEMI CONNESSI) E QUELLI PER L’ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI SI BASANO SULLE STESSE TIPOLOGIE DI AZIONI.
Queste azioni competono, a seconda della scala di applicazione, a diversi attori e coinvolgono competenze e conoscenze tali da richiedere un forte coordinamento ed integrazione tra le politiche ambientali ed agricole per l’acqua. Ecco perché la loro efficace attuazione richiede una governance coordinata tra le istituzioni competenti nei diversi settori di impiego, anche mediante lo scambio di informazioni tramite banche dati condivise.
Un ruolo fondamentale per promuovere un uso sostenibile delle risorse idriche è riconosciuto alla PAC, che identifica gli attori e le azioni utili a consentire la transizione giusta a salvaguardia delle risorse scarse e a favorire il raggiungimento della neutralità climatica. In conclusione, i piani e le strategie per la tutela quali-quantitativa dell’acqua (e degli ecosistemi connessi) e quelli per l’adattamento ai cambiamenti climatici si basano sulle stesse tipologie di azioni. La duratura conservazione e il benessere degli ecosistemi legati all’acqua garantiscono il conseguente mantenimento dei servizi ecosistemici da essi forniti e da cui i diversi settori di impiego, compresa l’agricoltura, dipendono.
Dunque, adattarsi al cambiamento climatico significa attuare, in primis, una serie di azioni che provvedano al mantenimento degli ecosistemi che ci sostengono.
Osservatori Permanenti per gli usi idrici
In attuazione della SNACC, il Ministero dell’Ambiente ha promosso l’istituzione degli Osservatori Permanenti per gli usi idrici, mediante Protocolli di intesa tra i diversi enti e istituzioni competenti alla gestione della risorsa idrica e gli utilizzatori finali, per gestire gli eventi di ridotta disponibilità di risorse idriche e siccità. Questi strumenti hanno lo scopo di individuare misure e protocolli standard per la gestione proattiva della siccità, contribuendo a condividere fabbisogni e informazioni d’uso dei vari settori di impiego dell’acqua, altrimenti non reperibili in tempi brevi, su cui basare le decisioni assunte dalle amministrazioni pubbliche preposte al governo dell’acqua; costituiscono anche la sede in cui concertare tali decisioni tra le diverse Regioni, in ottica di sussidiarietà e di condivisione della risorsa idrica per conseguire il miglior equilibrio possibile tra la disponibilità di risorse reperibili ed i fabbisogni.
L’Osservatorio resta uno strumento di condivisione, non potendosi sostituire ai poteri impositivi propri delle Regioni e degli enti locali. Il CREA è tra i sottoscrittori degli Osservatori e partecipa anche al Comitato tecnico di coordinamento nazionale degli Osservatori (CTC), finalizzato, tra l’altro, alla condivisione di strumenti e metodi comuni a tutti i Distretti per la caratterizzazione degli usi idrici (tra cui quello irriguo) e all’individuazione di indicatori di scarsità idrica, quantificabili sulla base di dati disponibili a livello nazionale
Fonte @pianetapsr.it
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