Lupino bianco del Tavoliere PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Puglia

Lupino biang

Il lupino è una leguminosa da granella nota e diffusa fin dalla più remota antichità nel Bacino del Mediterraneo e nel Medio Oriente per la sua notevole adattabilità agli ambienti più ingrati, acidi e magri dove ogni altra leguminosa fallisce, per il suo potere di migliorare la fertilità del terreno e per la sua capacità di produrre una granella ricchissima di proteine (fin oltre il 35%). Il fiore del ‘lupino bianco’ (Lupinus Albus L.) è bianco, calibro elevato, coltivato nel Tavoliere. Una delle principali caratteristiche è la sua consistenza, che ne evita lo sfaldamento durante il processo di cottura

In Italia la sola specie interessante, perché la più adatta al clima e ai terreni prevalenti, è il lupino bianco, mentre le altre specie sono più favorite dai terreni acidi e dal clima a estate umida e fresca. Il lupino bianco è caratterizzato dai seguenti tratti. Pianta annuale, eretta, alta fino a 1,5 m, poco ramificata, pubescente. Radice robusta, fittonante, che ospita numerosi tubercoli globosi prodotti dal Rhizobium.
Le foglie sono alterne, palmato-composte, cioè composte da un lungo picciolo alla sommità del quale sono inserite 5-9 foglioline intere ovate-lanceolate, glabre sulla pagina superiore, spesso vellutate su quella inferiore.

I fiori sono bianchi, grandi, vistosi, riuniti in racemi sulla parte terminale del fusto e delle ramificazioni. Dopo la fecondazione, che è prevalentemente autogamia, si formano i legumi che sono lunghi, eretti, addossati all’asse del racemo, pubescenti, schiacciati, contenenti numerosi (3-6) semi. I semi sono grandi, bianchi, lenticolari, di diametro fino a 15 mm, di peso variabile da 0,3 a 0,6 g per seme.

Esigenze ambientali

Come si è accennato, la peculiarità del lupino è quella di prosperare sui terreni acidi. È solo in questi che esso merita considerazione, infatti nei terreni calcarei il lupino non cresce e, d’altra parte, altre leguminose da granella di miglior qualità vi si possono coltivare. La esigenza di acidità o, in altre parole, la tolleranza al calcare varia con la specie: il L. albus è il più tollerante (fino a pH 7,2), il L. luteus è il meno tollerante (pH ottimale tra 4,8 e 6).

Tutti i lupini, nessuno escluso, temono grandemente i ristagni e l’asfissia radicale, per cui solo i terreni sciolti e ben drenati si confanno loro. I terreni subacidi di origine vulcanica presenti dal Lazio alla Campania sono i più vocati per il lupino. Per quanto riguarda le esigenze climatiche, l’elemento più importante è la resistenza ai geli: solo il lupino bianco resiste al freddo tanto da poter essere seminato in autunno in Italia e d’altra parte tollera i calori e la siccità che quivi incontra nella fase di maturazione.

Raccolta e utilizzazione

La maturazione si raggiunge in giugno-luglio. Tradizionalmente il lupino era raccolto prima della piena maturazione, tagliando o estirpando le piante, lasciandole in campo a completare l’essiccazione e trebbiandole successivamente a parte.
La raccolta con mietitrebbiatrice è ostacolata dalla scolarità con cui i baccelli maturano, dalla facile deiscenza dei baccelli stessi e dalla possibilità che i semi siano rotti dagli organi lavoranti della mietitrebbiatrice.
Le produzioni medie che risultano dalle statistiche sono piuttosto basse, ma con un’idonea tecnica di coltivazione produzioni di 2,5-3,5 t/ha di granella dovrebbero essere realizzabili.

Territorio

San Paolo Civitate, Torremaggiore, Apricena, San Severo, Lesina, Troia, Lucera, Foggia

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