Mandorla di Toritto PAT

Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Puglia

Aminue

Il prodotto “Mandorla di Toritto” è costituito dai frutti delle seguenti cultivar autoctone:

  • Filippo Cea (almeno70 %)
  • Antonio De Vito (fino 20 %)
  • Altre cultivar (fino al 10%)

Cultivar: Filippo Cea

Il mallo si presenta di colore verde chiaro, a volte con qualche chiazza rossastra, liscio e peloso. Endocarpo semiduro, di colore paglierino chiaro con superficie liscia e con aspetto tozzo. Costola dorsale arrotondata e spesso incrinata nella metà inferiore, la sutura ventrale s’inserisce con la dorsale con un angolo molto grande formando una larga base. Ostiolo grande e apice appuntito e sottile. Il seme è dolce, simmetrico e di media grandezza, con episperma ruvido di colore ocra oscuro, punta piccolissima e arrotondata. Circa il 70 % è da considerarsi a seme singolo, la resa è di circa il 35%, quasi assenti i semi abortiti. Per le sue particolari  e gradevoli caratteristiche aromatiche, trova un largo utilizzo nella preparazione del latte di mandorla, di dolciumi di varia natura, a cui conferisce un gusto largamente gradito dai consumatori. Per la sua tipicità ha dato origine a numerosi prodotti dolciari locali, su cui vi è una domanda in continua ascesa.

Cultivar: Antonio De Vito

Il mallo è di colore verde pallido uniforme, bivalvolare e si stacca facilmente pur disseccandosi lentamente. Endocarpo duro, di colore paglierino scuro, con pori di grandezza diversa e non molto fitti, apice poco appuntito, leggermente ricurvo e spostato verso il dorso, di notevole spessore ma la sua struttura semispugnosa gli conferisce il carattere di semiduro. Il seme è di sapore dolce, grande e schiacciato con un episperma di colore ocra chiaro e con aspetto ruvido e lineato, di forma rettangolare od ovoidale con punta rivolta verso il basso. 

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: 

La coltivazione del mandorlo viene effettuata in asciutto, con qualche irrigazione di soccorso nei nuovi impianti. La coltura del mandorlo è presente con impianti tradizionali specializzati e consociati con olivo. I vecchi impianti presentano sesti irregolari con una forma di allevamento a vaso,  nei nuovi impianti specializzati il sesto d’impianto è 6 x 6  o  5 x 5 con forma d’allevamento sempre a vaso. La concimazione viene effettuata a dicembre quella fosfatica, durante la fase di riposo vegetativo, e a marzo quella azotata in coincidenza con la ripresa vegetativa. Le lavorazioni effettuate sono molto superficiali e mirate prevalentemente al controllo dello sviluppo delle  infestanti.

Al fine di avere una migliore fruttificazione come quantità e qualità ed avere una  regolare crescita dei rami, viene effettuata una potatura leggera ed annuale tra ottobre e dicembre. La raccolta delle mandorle viene fatta manualmente o con l’ausilio di scuotitori. Il periodo può variare, a seconda delle cultivar, da fine agosto a inizio ottobre. Dopo la smallatura ed eventualmente anche dopo la sgusciatura e la pelatura,  le mandorle vengono esposte al sole ad asciugare su reti o panni, per un periodo che varia con le varietà e le condizioni climatiche del momento della raccolta. Le mandorle vengono stoccate, anche in sacchi di juta, in locali ben asciutti. Si procede successivamente alla sgusciatura ed, eventualmente alla pelatura. Le mandorle sgusciate e pelate si conservano in luoghi freschi ed asciutti in sacchi di juta o contenitori ermetici di materiali naturali (creta, terracotta, pietra, vetro).

TRADIZIONALITÀ

Cultivar locali di mandorle sono presenti nell’area sopra indicata da diversi secoli, così come forme tradizionali di conservazione e lavorazione. Nei secoli numerose cultivar sono state individuate a Toritto (ad esempio le antiche Piscalze e Luisi). Attualmente, culmine di questa antichissima tradizione agronomica, le cultivar principali sono l’Antonio De Vito e  soprattutto la Filippo Cea. L’Antonio De Vito si è originata all’inizio del XIX sec.,  nel territorio di Toritto, in contrada Parchitello, detta anche Benefici in memoria dei latifondi ecclesiastici ivi esistenti.  L’altra varietà, risalente agli inizi del XX secolo, la Filippo Cea, ha origine nel podere del torittese Filippo Cea, nato nel 1858.

Una descrizione delle suddette cultivar si trova già nel fondamentale libro di Fanelli (1939) “Varietà pugliesi di mandorle”, Bari-Roma, Favia, dove vengono descritte come varietà esistenti da tempo sul territorio. In particolare, riguardo la “Filippo Cea” il Fanelli sosteneva  che è “ottima varietà per la produzione di semi da destinarsi a dolciumi, farine ecc” e  già da allora, affermava che “sarebbe un grave errore distruggere l’attuale patrimonio di varietà, affermatesi attraverso una esperienza secolare, per ottenere la desiderata standardizzazione”. Inoltre sosteneva, riferendosi alle varietà autoctone, che “nelle zone di antica coltura la questione delle varietà non può essere trattata con semplicismo: differenze di terreno e di clima impongono di procedere con la massima cautela nella sostituzione delle varietà, né è esclusa la probabilità che talune varietà, oggi confinate in aree ristrette, valgano quanto o più di quelle che hanno raggiunto la celebrità per merito di una maggiore attività commerciale

Nel tempo si è consolidato uno stretto legame tra territorio e qualità del prodotto “mandorla”. Al fine di potenziarne ed evidenziarne i pregi, ma soprattutto dare al prodotto finito quel valore aggiunto che lo rende tipico e insostituibile, è necessario caratterizzarlo e proteggerlo per evidenziarne le differenze rispetto ad altre produzioni di diversa provenienza. L’ottima interazione con le caratteristiche pedo-climatiche dell’ambiente di origine fanno della Filippo Cea e Antonio Devito due cultivar in grado di dare un prodotto con delle caratteristiche organolettiche di grande gradevolezza e di particolare aroma. L’insieme di questi aspetti danno un forte valore aggiunto, in grado di valorizzare il territorio fornendo una valida alternativa all’olivo che insieme al mandorlo, rappresentano le due colture predominanti. Anche l’urbanistica di Toritto è stata adeguata alla lavorazione della mandorla. Una delle principali strade del centro storico, risalente al XVIII secolo, via Ettore D’Urso, ha marciapiedi molto larghi per consentire l’esposizione al sole delle mandorle smallate e sgusciate.  Le masserie di Toritto, alcune risalenti al secolo XVII, hanno appositi locali in pietra per la conservazione e la lavorazione delle mandorle e aie per consentire l’esposizione al sole delle stesse. La tradizionale smallatura a mano e la successiva sgusciatura e pelatura, un tempo eseguiti esclusivamente a mano, dagli anni cinquanta del secolo XX vengono effettuati anche attraverso appositi macchinari.

Territorio

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